"Amore e morte, due esperienze capaci di sconvolgere un’esistenza. L’autrice le vive in maniera totale e ha il coraggio e la forza di scrivere dialoghi forti con i suoi grandi amori. Il suo pastore tedesco, creatura indifesa ed offesa dalla vita ed il suo papà. Entrambi si trovano in Paradiso. Comandoio racconta episodi di vita con i due protagonisti che hanno insegnato all’autrice, vegetariana convinta, l’amore, verso il mondo animale, e la ricchezza di essere stata figlia di un grande papà. Quello stesso papà, imprenditore di successo, odiato ed amato in una piccola cittadina del sud Italia, che si è rimboccato le maniche e ha cresciuto due bambini esigenti, affetti da una malattia comune ma di difficile gestione. Comandoio è una dichiarazione d’amore ed un ringraziamento a chi ha vissuto in pieno per amore dei figli. E’ un resoconto di un rapporto d’amore padre/figlia unico, straordinario e forse patologico per l’esclusività con la quale si impone dinanzi ad altri rapporti d’amore che sono esistiti nella vita dell’autrice. E’ un racconto scandito da lacrime per due morti importanti, è un inno alla bellezza del sentimento, è una incapacità di affrontare la vita senza “quel bastone”. Quella vita, all’autrice, sconosciuta. Non vi è mai stato bisogno di scoprire le difficoltà, vi era il papà pronto ad assecondare qualsiasi necessità. Vi era il papà immortale, così credeva.
Elvira Ciacci è autrice ed editore di questo libro. E' nata a Catanzaro e dopo numerose esperienze professionali, ha deciso di continuare, per passione e per amore, l'attività di editore di papà Nando. E' laureata in Scienze Politiche e Giurisprudenza. E' titolare della Fernando Ciacci Editore e vive a Roma. Questo è il suo secondo libro.
Francesca Saitta: Il tuo libro si intitola Comandoio, come mai questa scelta insolita? Ha un significato particolare o porta in sé un messaggio da trasmettere al lettore?
Elvira Ciacci: Il mio libro racconta la mia storia d’amore e di esclusivo possesso con il caposaldo della mia famiglia, mio padre, deceduto appena un anno fa. Mio padre è stato un uomo amatissimo ed odiatissimo nella sua cittadina, dove io sono nata e cresciuta. Tutti, all’esterno, lo conoscevano per il suo modo schietto e genuino con il quale interagiva con le altre persone e per la sua alta professionalità. Solo sua moglie e noi figli sapevamo chi fosse a casa e come si comportasse con la sua famiglia. Comando io, diceva e nessuno poteva opporsi. Da qui il titolo del mio libro dedicato parzialmente a lui, in cui la mancanza di spazio tra le due parole indica la nostra impossibilità di contraddirlo. Comandoio è anche il soprannome del mio pastore tedesco, volato in cielo pochi mesi prima di mio padre. Un gigante buono che avrebbe potuto esercitare la sua funzione di comandante ma che l’ha delegata completamente all’altro nostro cane, al contrario piccolo e dominante.
Francesca Saitta: Nel tuo libro parli di due mancanze, per te importanti, quella di tuo padre e quella del tuo cane, e della tua incapacità di camminare da sola. Come elabori questo straziante dolore e come ti misuri rispetto a chi non ritiene che gli animali abbiano un ruolo così importante come quello che attribuisci tu al tuo pastore tedesco?
Elvira Ciacci: Sono sempre cresciuta con animali domestici, papà ne portava a casa tanti. Tra i vari insegnamenti che ho ricevuto da questo splendido uomo vi è il rispetto per l’essere vivente, chiunque esso sia. Il mio libro parla di morte ma parla soprattutto di amore. Amore unico e straordinario verso un grande papà e amore unico ed esclusivo verso un compagno di vita, un cane. L’uno esclude l’altro? Non credo…
Francesca Saitta: Credi che esista un paradiso riservato agli animali?
Elvira Ciacci: Vi è una vecchia leggenda denominata “il ponte dell’arcobaleno”. Gli animali che lasciano i propri padroni sulla terra vanno in un posto bellissimo dove non manca cibo né acqua, corrono felici per tutto il tempo in attesa del momento in cui verranno raggiunti dal loro padrone umano. Non credo vi sia un posto riservato solo agli animali, voglio pensare che mio padre sia con Rexino e che da lassù mi guardino e mi guidino in tutte le mie azioni quotidiane, così come facevano in vita.
Francesca Saitta: Hai avuto una intensa attività professionale, hai due lauree e sei anche un avvocato. Come e perché hai iniziato a scrivere. Il fatto che il tuo papà fosse un editore ti ha influenzato in questa scelta?
Elvira Ciacci: Io sono autrice di tre libri, il primo scritto in giovane età e sottoposto alla valutazione di un editore che non mi ha mai riservato alcun riconoscimento. La mia fierezza sono gli ultimi due libri, Vite bruciate e Comandoio. Sono libri autobiografici, raccontano frammenti di vita ed emozioni vere, provate per vari motivi. Vite bruciate aveva lo scopo di salvare gli animali spagnoli, altrimenti uccisi nelle camere a gas, Comandoio è stato il mio sfogo ad un dolore più grande di me. Entrambi registrano il nome di mio padre, il quale voleva che facessi l’avvocato e sicuramente non l’autrice né tantomeno l’editore. Forse è la prima volta che l’ho contraddetto…ma sono sicuro che sia fiero della sua seconda femmina, la più piccolina e la più fragile. E’ lui che mi ha guidato nella stesura di Comandoio…
Francesca Saitta: Elvira, raccontati in breve
Elvira Ciacci: Sono una normalissima donna che ha vissuto serenamente fino a quando la vita non l’ha presa a schiaffi, levandole la parte più bella. Ero serena perché mio padre ha assorbito in sé tutti i miei dispiaceri, le mie disillusioni, le mie amarezze. Mi ha protetto e mi ha esentato da qualsiasi preoccupazione. Oggi lui non c’è più e mi manca il polmone per respirare, mi manca la spalla su cui piangere, mi manca il mio bastone. Voglio che il mio libro sia conosciuto a tutti perché questo libro è lui, grande uomo, grande nonno, grande zio, grande fratello, grande papà. Questa sono io ed io sono così grazie a lui e alla mia splendida mamma. Insieme ci hanno trasmesso grandi valori, primo tra tutti quello dell’onore di appartenere ad una famiglia onesta, solidale, generosa con tutti. Grazie papà, grazie mamma, quella che sono è un vostro prodotto.
Il libro è diviso in due parti:1) Estratto:
Quando un angelo vola in cielo
Quando un angelo terreno vola in cielo è chiamato a raccontare cosa ha fatto sulla terra, chi ha conosciuto, chi ha amato, con chi si è scontrato, chi ha difeso e chi ha combattuto. E’ sempre un angelo, per cui le sue parole saranno parole di bontà, di dolcezza, di comprensione e di speranza anche verso la cattiveria che ha incontrato in questa terra. Il mio amato angelo è volato in cielo e me lo immagino che stia ancora raccontando di quante cose ha fatto con la sua mamma, di come la sua mamma lo abbia amato, assistito e curato, riempito di attenzioni e di amore. Starà raccontando di come gli piaceva il divano rosso da dividere con i suoi fratelli, delle patatine serali che mangiava, dei viaggi con il borsone che faceva in tutti i treni d’Italia, di come si svegliava la mattina e veniva riempito di grattini sulla pancia, di come si infilava nella Rexcar tra valigie e borsoni, di come litigava con il suo fratello ribelle, di come era bello saltare addosso a papà il venerdì e dividere il piattone di pasta ed il letto con lui....ma soprattutto sta raccontando di come era chiamato a proteggere la sua sorellina indifesa: Italia. Ora quell’angelo non c’è più ed Italia deve contare solo su suo fratellino piccolo e sui suoi genitori. Ma quell’angelo vi dice una cosa.... Chi ha creature a casa deve godersele in tutti i momenti della giornata, perché gli angeli non avvertono quando sono chiamati in cielo. E noi umani non ci abitueremo mai all’idea che, essendo angeli, una volta svolta la loro missione terrena vengono richiamati, forse per svolgerne un’altra. Lasciano un vuoto incredibile nelle nostre giornate, ci vediamo trasformati in viso dalle lacrime di dolore, noi non lo accettiamo. Quello che voglio dire è che nessuno deve morire in una gabbia al buio, senza una carezza e senza amore. Nessuno deve aspettare la morte certa, le morti devono solo essere naturali (e non si accettano nemmeno quelle). Il mio angelo ha accolto Italia con amore, perché solo amore sapeva dare, e mi ha dato un grande insegnamento di vita. Gli angeli se ne vanno quando meno te l’aspetti ma quello che hanno trasmesso rimarrà per sempre. Lui mi ha insegnato l’amore verso tutte le creature e per me è inaccettabile che vi siano angeli che muoiano per mano umana. Se siamo uomini ce ne dobbiamo vergognare ed ancor di più se non recepiamo il grande senso di responsabilità che abbiamo verso di loro: esseri indifesi, innamorati di noi e solo grati per due carezze e due crocchette. E’ difficile accogliere un angelo a casa? Perché sporca, perché si lavora, perché......i perché sono sempre mille. Non esiste un perché. Ringrazio Dio per avermi mandato questo angelo che ha portato un pezzo del mio cuore con lui in paradiso e mi ha spinto ancora di più a combattere per far si che tutti siano amati e coccolati come è stato lui. Un angelo che prima di chiudere gli occhi ha fatto scendere una lacrima dal suo viso.....Forse non voleva andare via o, come ha sempre fatto, piangeva perché io ero disperata perché lui andava via. Non lo saprò mai...so solo che io sono stata una persona fortunata per aver condiviso i giorni più belli della mia vita con lui. Regalatevi un dono, rendete la vostra vita speciale, accompagnatevi ad un angelo.....Ciao angelo mio.2) Estratto:Voglio raccontare la vita di un uomo, con le sue passioni, i suoi dolori, le sue gioie, le sue soddisfazioni, le sue umiliazioni. Voglio raccontare la storia di un uomo vincente, amato ed odiato, chiacchierato e chiacchierone. Voglio raccontare la storia di un padre, sopr-a ogni cosa, perennemente contrastato dalle sue creature. Un uomo dal carattere forte, autoritario, complicato, estroverso e tenace, che ha commesso tanti errori ma che con immensa dignità ha riparato uscendone sempre vittorioso. Un uomo che è morto in un giorno scelto da lui stesso, addormentandosi su un cuscino. Un uomo che ha fatto la morte dei giusti e che non ha ne ha conosciuto l’orrore e lo spavento. Non voglio farlo con oggettività estranea ma con la voce, con i pensieri di chi in questa terra ti ha amato infinitamente fino ad annullare se stessa: io, la tua seconda femmina, E’, la più lagnosa e la più malaticcia dei tuoi figli. Ti dico subito una cosa: ero lagnosa e malaticcia e lo sono stata fino al giorno del tuo decesso perché sapevo che tu avresti accontentato tutti i miei capricci e avresti aggiustato pure una mia unghia rotta. Da quel maledetto giorno, sono diventata una donna grande, che non sa vivere, non sa orientarsi, che non sa respirare perché il polmone, il cuore sono lì con te, ovunque tu sia. Non so se sarò capace di descrivere una personalità come la tua, ma il cuore mi guiderà e chi leggerà queste righe lo farà con lo stesso trasporto con il quale io sto scrivendo di te. Lo faranno i miei fratelli, tua moglie, le tue sorelle, i tuoi nipoti, tutte le persone che per venire a darti l’ultimo saluto hanno prenotato un aereo intero e si sono presentati a te, avvolto dal velo, dentro una bara ed hanno pianto insieme a noi, perché un grande uomo, una colla familiare, un grande zio, un grande nonno, un grande fratello, un grande amico….un grande PADRE è andato dal grande Padre.
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