Raccontare di una terra martoriata, come lo è l’Africa, non è facile, ma i percorsi di scrittura e di letteratura del passato hanno dimostrato, di quanto allo stesso tempo sia facile e stimolante, riuscire a diffondere tra le attuali civiltà occidentali, i sapori e le emozioni di un continente lontano dalla nostra morale, ma non dalle nostre origini.
Diventa allora visibile un affascinante e irreversibile processo interculturale; il difficile dissolversi delle frontiere, lo scambio e il contatto con l’altro da intendersi come aspirazione e prassi quotidiana, insomma si dimostra che non esistono più confini netti, proprio come accade in Non dirmi che hai paura di Giuseppe Catozzella.
Uscito lo scorso 8 Gennaio, edito da Feltrinelli, il nuovo romanzo di questo giovane scrittore sta riscuotendo un buon successo mediatico e di critica. I protagonisti, si muovono sia in spazi geograficamente diversi, sia in ambienti culturali compositi, che si sovrappongono, si mescolano e si ridefiniscono nell’incontro/scontro tra elementi eterogenei.
Una nuova e inedita scommessa letteraria multiculturale, per il mercato narrativo italiano, che riesce a mettere in atto l’idea di un agire sociale, nella quale ogni azione mette in moto delle altre. Non dirmi che hai paura, è un lavoro narrativo, di certo ricco di svariate sfumature, molte di queste riportano alla vita, alla sua grande bellezza, altre alle atrocità e al sacrificio, di chi come la protagonista, vuole assaggiare un pizzico di libertà.
G.G.: Non dirmi che hai paura è il titolo del suo ultimo romanzo, edito da Feltrinelli e uscito qualche settimana fa. Cos’è per lei la paura?
Giuseppe Catozzella: La paura è il contrario dell’amore. È quello che ci blocca e ci impedisce di evolverci come esseri umani. È quello che ci impedisce di realizzare i nostri sogni, cioè di realizzarci come persone. La paura chiude, l’amore apre. Amore è coraggio e speranza. Libertà. La paura, in questo senso, è anche il contrario della libertà.
G.G.: è meglio vivere con la paura oppure senza?
Giuseppe Catozzella: È certamente meglio vivere senza paura. La paura impedisce di agire liberamente, ispirati soltanto da ciò che ci fa bene e ci consente di diventare quello che siamo.
G.G.: Samia è una ragazzina del Mogadishu e divide i suoi sogni con Ali, amico del cuore e confidente. Crede nell’amicizia tra uomo e donna?
Giuseppe Catozzella: Se io credo nell’amicizia tra uomo e donna? Certo che ci credo. Anche se a volte poi l’amicizia, quando è molto intensa e vera, a volte può sfociare in un rapporto anche fisico. Non importa: sempre di amicizia si tratta. L’amicizia è un altro modo dell’amore, di quello inteso come rapporto di coppia, cioè. E anche il rapporto di coppia, altro non è a ben vedere se non un’amicizia molto profonda.
G.G.: Possiamo considerala solida, forte, indelebile?
Giuseppe Catozzella: In alcuni casi certamente sì.
G.G.: Chi è Samia?
Giuseppe Catozzella: Samia è una guerriera. È un’atleta. È una persona che fa di tutto per realizzare il suo sogno. La storia di Samia è il simbolo di cosa un essere umano è in grado di fare per realizzare i suoi sogni. Samia non ha paura mai, è per questo che è completamene libera.
G.G.: A cosa s’ispira questo personaggio?
Giuseppe Catozzella: Non s’ispira a niente. La protagonista del mio romanzo è una persona in carne e ossa, realmente esistita. E il mio romanzo è la storia vera e incredibile di Samia Yusuf Omar.
G.G.: alla libertà?
Giuseppe Catozzella: La libertà è ciò che muove Samia fin da quando è piccola e a dieci anni vince la sua prima competizione, scalza, tra le strade di Mogadiscio. La stessa libertà che la porterà alle Olimpiadi di Pechino del 2008 senza neppure avere un allenatore.
G.G.: Il suo racconto rappresenta un esempio letterario, di quello che da anni viene battezzata nella società letteraria mondiale come letteratura migrante. Un genere narrativo, che spesso si associa alla sociologia, in particolare quella comunicativa e interculturale. Definirebbe il suo Non dirmi che hai paura, un lavoro non soltanto letterario ma anche sociologico?
Giuseppe Catozzella: In tutta sincerità no. È un’opera letteraria. Il fatto che sia una storia realmente accaduta certo spalanca riflessioni e scenari sulle migrazioni e su tutto l’enorme flusso di ragazzi e ragazze che abbandonano le loro case per cercare di realizzare una vita tranquilla in Europa, per vedere concretizzarsi il loro sogno appunto, ma se non fosse un’opera letteraria non muoverebbe i cuori e le coscienze.
Written by Giuseppe Giulio