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Intervista di Irene Gianeselli a Luca Benvenga, editore di Memoria Generazionale

Creato il 26 dicembre 2014 da Alessiamocci

«Il limite principale di ogni classificazione sta nella sua staticità. Una tipologia è una fotografia del mondo in un particolare punto del tempo – è difficile che colga le mutazioni dei vecchi raggruppamenti o la nascita di tipi nuovi. Il suo destino è essere superata dalla Storia.» Gøsta Esping-Andersen, I fondamenti sociali delle economie postindustriali

Luca Benvenga (1984) è Dottore in Sociologia e Ricerca del Sociale (Università del Studi del Salento). Dopo diverse pubblicazioni (“Appunti sulla decrescita”, Midgar 2010; “Il movimento provo. Controcultura in bicicletta”, Editrice Novalogos; “Radio Red.

La stagione dell’occupazione”, Bebert Edizioni; “The Cultural Workers. Fenomeni Politico culturali e contestazione giovanile negli Anni ’60″, Bepress Edizioni) fonda la casa editrice Memoria Generazionale.

Luca Benvenga si presenta ai lettori di Oubliette Magazine.

I.G.: Parliamo di Memoria Generazionale: in un momento come quello che stiamo vivendo, così pieno di parole che tendono a perdere senso, la prima domanda non può che riguardare un chiarimento di carattere semiologico: cosa intende esattamente per Memoria Generazionale, per “resistenze culturali interstiziali”, qual è il senso dell’aggettivo che nomina il sostantivo?

Luca Benvenga: La denominazione “Memoria Generazionale” è il prodotto di una scelta cognitiva e temporale, fondata sull’idea della Memoria come ingranaggio collettivo, la cui molecolarizzazione deve necessariamente garantire il superamento delle contraddizioni esistenti tra carattere privato delle produzioni intellettuali e carattere sociale del Sapere. Le resistenze interstiziali sono delle forme autopoietiche che si generano in un sistema in cui il “refuso umano” è fisiologico, una risposta ai continui vaniloqui pubblici.

I.G.: La Collana Black tenta un binomio tra il sociale e il politico. In che modo ciò che è sociale diventa politico?

Luca Benvenga: Il sociale diviene politico quando il processo di soggettivazione passa dall’«Universo privato» al collettivo, al pubblico. Quando si trasferiscono i colori del proprio immaginario nella vita quotidiana ed assumono  una dimensione ideologica senza essere ridotti perciò ad una questione privatistica.

I.G.: Sempre nella presentazione della Collana Black si fa riferimento ad uno “scontro ideologico”. Il termine “ideologico” potrebbe dare oggi adito ad equivoci e banalizzazioni, potrebbe chiarirlo?

Luca Benvenga: Lo scontro è correlato ad un processo di legittimazione situazionale, il cui risultato è dato dall’incontro di più fattori: contingenze sociali, linea teoretica e modello d’azione. Il prodotto è ciò che possiamo definire “ideologico”.

I.G.: Che relazione instaura concretamente tra i saperi, l’immaginario e i luoghi fisici e l’ideologia?

Luca Benvenga: Lo sviluppo delle forme di opposizione cognitiva e frontale nelle diverse latitudini storiche e spaziali conferiscono una correlazione analitica come somma della convergenza di più fattori complementari. L’edificazione di un Sapere collettivo  produce delle amnesie negli spazi urbani, tanto negli slums quanto nelle inner-cities occidentali.

I.G.: Potrebbe chiarirci la specificità di termini quali: culture giovanili, storia sociale ed idee politiche? Ed ancora, qual è il nesso fra loro, se c’è?

Luca Benvenga: Culture giovanili: forme creative che si sviluppano contro e parallelamente alla cultura mainstream, con manifestazioni di antagonismo di tipo politico o spettacolarizzazione della soggettività declinata nella sovversione degli aspetti esteriori del comportamento. Storia Sociale: Letteratura che privilegia la trasposizione storica in chiave narrativa e saggistica degli accadimenti, in cui la realtà si confonde con l’immaginazione. Idee politiche: osservazione su scale locale e globale dei movimenti marginali che sovvertono o conservano gli edifici valoriali. Credo che il nesso sia consequenziale e non necessiti di ulteriore esplicazione se si assume come corollario la ricerca di una contaminazione culturale.

I.G.: “Decisi allora di essere un «osservatore impegnato». Volevo essere l’osservatore della storia mentre si realizzava, preoccupandomi di essere, rispetto a questa storia che si realizzava, quanto più possibile oggettivo e insieme non del tutto distaccato, ma impegnato. Volevo unire insieme l’atteggiamento dell’attore con quello dell’osservatore” da Le spectateur engagé di Raymond Aron:qual è la sua posizione rispetto alla sociologia di Aron nella Francia della seconda metà del secolo scorso?

Luca Benvenga: Il pensiero di Aron, l’intellettuale sobrio e disciplinato, rappresenta un punto fermo della sociologia del XX secolo. Distante dai toni dogmatici ha decodificato criticamente il contenuto della storia  e degli interessi individuali e politico-economici del secolo passato. Un testimone attento agli eventi del Novecento cui va riconosciuto il grande merito di essere stato, per l’appunto, un «osservatore impegnato» a conoscere scientificamente la realtà sociale. D’altra parte, come affermava Hegel «non basta essere stato contemporaneo di eventi che si raccontano o esserne ben informato… Per conoscere i fatti e collocarli al loro giusto posto, bisogna porsi dall’alto – non guardarli dal basso, dal buco della serratura della moralità o di qualche altra saggezza».

I.G.: Può darci un suo giudizio sul rapporto tra intellettuali e potere oggi?

Luca Benvenga: Il rapporto intellettuali e potere è di tipo dinamico: è influenzato dall’esperienza di vita, orientamento e  militanza partitica.

Written by Irene Gianeselli


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