Magazine Cultura

Intervista di Irene Gianeselli alla fotografa Laila Pozzo: “Breakaleg”, dal 21 ottobre al Teatro Elfo Puccini di Milano

Creato il 23 ottobre 2015 da Alessiamocci

 «The interim’s mine./And a man’s life’s no more than to say “one.”»

W.Shakespeare, Hamlet, Act V, Scene II

“Breakaleg – Ritratti di Scena” dal 21 ottobre al 4 novembre 2015 è in mostra al Teatro Elfo Puccini di Milano. L’autrice degli scatti è Laila Pozzo, nata nel 1967 a Milano dove vive e lavora.

Laureata in Architettura presso il Politecnico di Milano, inizia il suo percorso di fotografa seguendo i corsi “Donna Fotografa” tenuti da Giuliana Traverso.

Numerose sin dal 1986 le sue mostre personali e collettive, nel 1990 è selezionata per la Biennale Europea dei Giovani tenutasi a Marsiglia. Nel 1997 il suo portfolio vince il concorso “Le Logge” tenutosi in occasione del Toscana Foto Festival. Ha studiato e lavorato come assistente insieme a Ralph Gibson, Douglas Kirkland, John Reuter, Joyce Tenneson e Sarah Moon.

Laila Pozzo racconta ai lettori di Oubliette Magazine il suo percorso di fotografa.

I.G.: Ti ringrazio per la disponibilità. La tua intensa carriera di fotografa inizia nel 1986. Come hai cominciato e qual è stata la prima foto che hai scattato?

Laila Pozzo: La mia prima foto in assoluto risale ad una gita scolastica in terza elementare. I miei hanno sempre viaggiato molto e vissuto all’estero, in India, in Africa e la macchina fotografica è diventata una naturale compagna di viaggio. Sono cresciuta seguendo il National Geographic e la curiosità verso il mezzo è esistita fin da quando ero ragazzina. Sono un architetto e questo ha certamente contribuito al mio percorso di fotografa. Per un compleanno mi feci regalare un corso per corrispondenza di “Radio Elettra”, non ho certo imparato a fotografare, ma un minimo di base tecnica l’ho appresa così. Al liceo ho iniziato a seguire corsi con Giuliana Traverso, fotografa genovese fondatrice della scuola “Donna Fotografa” a cui poi mi sono iscritta. Inizialmente ero molto perplessa, ma vidi una mostra di fine anno e rimasi colpita dal livello qualitativo dei corsisti. Con il tempo sono diventata l’assistente per Milano di Giuliana Traverso e ho poi cominciato a lavorare per la “Galleria Diaframma” diretta da Lanfranco Colombo che è mancato pochi mesi fa. Questi i miei primi passi verso la fotografia professionale. Più avanti, il caso aiuta sempre, ho lavorato da interprete in workshop estivi con fotografi americani come Douglas Kirkland con il quale ho poi avviato una collaborazione che va avanti da anni.

I.G.: Da “The Black&White” fino a “Carnival” e “Lomography” emerge una costante, ovvero una grande attenzione al dettaglio: una parte del tutto può forse svelare il tutto stesso?

Laila Pozzo: Queste fotografie risalgono all’inizio del mio percorso, un momento in cui ero molto attenta alle forme. Adesso ho un occhio molto allenato e posso permettermi di dedicarmi ad altri aspetti, oramai intervengono anche degli automatismi nella composizione. Sono molto legata a queste foto anche se le considero esercizi formali. Attraverso l’astrazione volevo trasformare le cose in altro: le mani potevano diventare animali, ingranaggi… c’era questo desiderio di vedere le cose trasformandole.

I.G.: Dadaismo e surrealismo sono fortemente presenti nelle collezioni “Home sweet home” e “Frozen Food”. Ancora una volta il particolare del quotidiano riesce a raccontare la vita. Puoi parlarcene?

Laila Pozzo: “Frozen Food” è un ulteriore passaggio in questo percorso iniziale. Mi ero incuriosita perché avevo letto da qualche parte che i bambini americani credono che il pollo sia nato nel frigorifero, e questo mi ha fatto riflettere su quanto spesso perdiamo il senso di alcune cose, io stessa un pollo lo avrò visto tre volte e oggi più che mai si fatica a capire quello che si sta mangiando. “Home sweet home” nasce perché volevo fare un fotoromanzo – e prima o poi lo farò – con protagonisti gli oggetti che sarebbero dovuti diventare dei veri e propri personaggi di una storia. Dovevano essere dei ritratti di oggetti non soltanto still-life.

I.G.: Altro aspetto molto interessante è il tuo rapporto con l’immagine commerciale. Come si costruisce una pubblicità cercando di mantenere la propria personalità e libertà d’espressione?

Laila Pozzo: Non sono una fotografa “commerciale”, il mercato della fotografia è cambiato tantissimo. Le mie principali committenti sono state le testate, parliamo di fotografie editoriali, una palestra importantissima che oggi manca. La fotografia editoriale è interessante perché occorre capire chi è il committente, ma si è poi liberi di sperimentare. La fotografia pubblicitaria non è affatto libera, oggi si creano layout molto precisi, si impiegano banche immagini, si interviene con Photoshop, spesso ti ritrovi a dover fare una fotografia con molti vincoli. Vieni scelto da una compagnia se risulti in linea con il loro mood, però la libertà di fatto non c’è. È un lavoro di tante teste ed è giusto che sia così, la libertà puoi averla nel momento in cui lavori da solo.

I.G.: In questi giorni “Breakaleg” è in mostra al Teatro Elfo Puccini di Milano. Come è nato questo progetto?

Laila Pozzo: Il progetto prende nome dall’augurio “Break a leg (Rompiti una gamba!)” dei teatranti dei Paesi anglosassoni. L’augurio sarebbe «Spero tu faccia talmente tanti inchini al pubblico che la gamba si rompa» d’altra parte “leg” in gergo tecnico era anche una parte del sipario che a furia di entrare ed uscire per prendere gli applausi spesso veniva strappato. Vado a fotografare gli attori poco prima che entrino in scena, quindi non ritraggo gli attori, ma gli attori con già i costumi addosso, gli attori che già stanno per interpretare il loro personaggio. Generalmente vado a vedere lo spettacolo con una persona che poi scriverà una recensione. Il giorno dopo torno, mi metto d’accordo con la compagnia e fotografo.

I.G.: Quale elemento hanno in comune il Teatro e la Fotografia?

Laila Pozzo: La fotografia crea subito un rapporto con ciò che ritrae. Quello che mi piace di questo progetto è che se devi scrivere una recensione torni a casa dopo lo spettacolo e scrivi, mentre io per fare una foto ritorno a teatro il giorno dopo e costruisco qualcosa con gli attori.

I.G.: Una sorta di spettacolo nello spettacolo… prima dello spettacolo?

Laila Pozzo: Questo contenitore – che è sul web – ha l’obiettivo di creare collaborazioni e legami. Poi per me è interessante perché fotografare l’attore in costume è più divertente e più “naturale” per certi aspetti che fotografare l’attore in sé. Perché il costume è un filtro, una protezione. È più facile esporre il personaggio che esporre se stessi. Se fotografi Amleto, Amleto si comporta in un certo modo e l’attore sa cosa deve fare per essere Amleto. Se devi fotografare un attore, un attore deve capire quale parte di sé conviene che mostri all’obiettivo. Del resto anche la macchina fotografica è un filtro, una protezione. Siamo entrambi protetti. 

I.G.: Domanda d’obbligo: c’è una artista o un artista o uno spettacolo presenti in “Breakaleg” che ti hanno affascinato di più?

Laila Pozzo: Questo è difficile da dire, ce ne sono talmente tanti! Ci sono alcuni artisti che mi sono piaciuti molto sulla scena e meno fotograficamente e viceversa. Ce ne sono alcuni con cui c’è grande complicità e penso ad Elena Russo Arma dell’Elfo Puccini di Milano con cui ho lavorato e lavoro molto ed entrambe sappiamo quale deve essere il risultato, il nostro diventa davvero un bel gioco. È un privilegio vedere artisti all’opera. Non sono una grande amante delle foto di scena, “Breakaleg” nasce per pensare un altro modo, in immagini, per comunicare il teatro. Se la scena è bella è facile che la foto sia bella, ma se la scena è minimale -  i budget delle produzioni sono molto limitati ultimamente, lo sappiamo – l’attore su sfondo nero non rende giustizia, secondo me, a quello che succede sul palco. Seguo spesso tutte le fasi di prove, quindi io stessa mi occupo delle foto di scena se mi vengono richieste, e per me vedere De Capitani e tutti gli altri che creano uno spettacolo è un assoluto privilegio.  Apprezzo molto Paravidino, è uno degli autori che mi incuriosisce di più.

I.G.: Spazio e tempo nella fotografia. Credi che siano dimensioni sempre in movimento nonostante la fotografia ritragga l’istante?

Laila Pozzo: Nello specifico di questo lavoro è ancora una cosa diversa, come dicevi prima tu è come se io fotografa e l’attore che si rende disponibile ricreassimo un tempo ed uno spazio fuori dal reale, una bolla di sapone che dura pochissimi istanti. A volte abbiamo fatto delle foto quando il sipario era già tirato ed il pubblico era in sala, con la macchina digitale puoi vedere quanto dura uno scatto: in un minuto e trenta secondo ti rendi conto che sei capace di creare un tempo ed uno spazio. Questo approccio è completamente diverso da quello, ad esempio, del reportage in cui cerchi di rubare quello che hai davanti, qui a creare l’attimo sei tu.

Written by Irene Gianeselli

Info

Sito Breakaleg

Sito Laila Pozzo


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :