“Omicidio… Finora quel vocabolo lui lo aveva sentito solo nei film e nelle serie televisive. O sui romanzi di Deaver e Connelly. Ora, invece, era reale. Così reale al punto tale che, una volta fatto ritorno a casa, Rondi avrebbe rivissuto quell’omicidio con i suoi stessi occhi.”
“Chi era mio padre?” (Silele Edizioni, 2014), seconda pubblicazione di Nicola Rocca, è un avvincente thriller che lascia letteralmente il fiato sospeso dall’inizio alla fine.
Un giallo ben strutturato con misteri, sangue, passioni, ricerche e tradimenti e finale a sorpresa. Romanzo scorrevole permette altresì di ritrovarsi, o di scoprire per chi non le avesse mai vissute, le strade e i luoghi di Bergamo e provincia.
L’autore, Nicola Rocca, ci ha dedicato un po’ di tempo ed ha gentilmente risposto ad alcune nostre domande.
R.M.: Benvenuto Nicola. Quali libri ami leggere solitamente e quali sono i tuoi autori preferiti?
Nicola Rocca: Grazie Rebecca. Se ti dicessi che fino all’età di ventiquattro anni odiavo leggere ci crederesti? Poi in me è scattato qualcosa. Forse una semplice scintilla o forse qualcosa di talmente grande da rendersi inspiegabile. Ho iniziato a scoprire questa cosa fantastica che è la lettura e non me ne sono più staccato. Fin da giovanissimo, ancora quando non ero un lettore, ho sempre avuto una fervida passione per i film thriller. Passione che, con la scoperta della lettura, appunto, ho inevitabilmente trasferito nei libri. Infatti, su dieci libri che leggo, nove e mezzo sono thriller/noir. Veniamo ai miei autori prediletti, che sono anche i maestri ai quali mi ispiro quando scrivo le mie storie. Jeffery Deaver è il mio scrittore preferito a livello internazionale e sono quasi convinto che sia l’autore di thriller migliore in assoluto. Per quanto riguarda i miei connazionali, invece, ho sempre avuto una profonda stima e ammirazione, a tal punto da divenire un’idolatria, nei confronti del compianto Giorgio Faletti. Un altro italiano del quale ho letto tutti i libri, e che ammiro moltissimo, è Donato Carrisi. Gli autori che ho citato sopra sono quelli che ho nel cuore, ma la mia libreria cartacea e digitale è fatta anche di Michael Connelly, Patricia Cornwell, Stephen King, Niccolò Ammaniti e tanti, tanti altri. Attualmente, per esempio, sto leggendo “La psichiatra” di Wulf Dorn. Quindi, come si può intuire da queste mie parole, se fino a dieci anni fa odiavo leggere, ora non faccio nemmeno un passo se non ho appresso un libro o il mio e-book-reader.
R.M.: “Chi era mio padre?” non è la tua prima pubblicazione. Quando e come hai iniziato a scrivere?
Nicola Rocca: No, infatti. Il primo libro è “Frammenti di follia”, edito nel dicembre 2013 a cura della Editrice GDS. Ogni tanto mi sforzo di ricordare la prima volta che ho deciso di mettere su carta il primo racconto, ma fatico a focalizzare il momento preciso. A dire il vero ho sempre avuto il vezzo o la buona abitudine di appuntarmi le idee. Fin da adolescente, infatti, scrivevo aforismi personali o semplici frasi su fogli di cartastraccia che, puntualmente, finivano nel cestino. Forse perché erano pensieri privi di fondamento, o forse semplicemente perché i tempi non erano ancora maturi. Circa otto anni fa, durante il primo anno di un corso serale, la professoressa di lettere ci invitò a scrivere un tema, per capire e valutare il livello medio della classe. Dopo circa un paio d’ore, quando la profe si accorse che ero l’unico ad aver riempito tre facciate di protocollo – mentre il resto della classe aveva scritto sì e no mezza pagina – mi chiese se leggessi o scrivessi molto. Io risposi che non facevo né l’una né l’altra cosa. Lei corrugò la fronte e mi disse: “Male. La lettura è una cosa importantissima”. Poi sorrise: “Però bene! Perché se senza nessuna esperienza il risultato è questo…” disse indicando il foglio protocollo, “probabilmente con un po’ di allenamento e dedizione ne verrebbe fuori qualcosa di buono”. Quella fu la prima volta nella mia vita che decisi di ascoltare il consiglio di una professoressa. Ed ora, a distanza di anni, mi sento di riconoscerle qualcosa. Credo che un ringraziamento nei suoi confronti sia doveroso, ma non sufficiente a saldare il debito che ho nei suoi confronti per avermi aperto gli occhi su questa meravigliosa strada.
R.M.: Com’è nata l’idea di scrivere questa storia? Ti sei forse ispirato a qualche fatto di cronaca?
Nicola Rocca: Assolutamente no. L’ispirazione che ha dato vita a questa storia non è un fatto di cronaca, bensì una persona in carne ed ossa, alla quale ho voluto omaggiare l’intero libro, regalandogli una dedica personalizzata. La fonte di ispirazione si chiama Ulisse, un ex collega ma attuale e carissimo amico. Perché un rapporto di lavoro può finire, ma l’amicizia, quella vera, dura in eterno. Un giorno questo mio carissimo amico mi raccontò una storia e io ne rimasi affascinato. Al termine della narrazione, dopo aver sicuramente scorto interesse nei miei occhi, ed essendo a conoscenza della mia fervida passione per la scrittura, mi disse: “Ne scriverai un racconto”. Io risposi che l’avrei fatto volentieri, ma in quella fase della mia vita, a causa di un lungo periodo di studi che mi teneva occupato praticamente ogni secondo del mio tempo libero, sapevo che non ce l’avrei fatta. Dovetti attendere le vacanze di Natale per iniziare a scrivere quel racconto. Ma fin da subito mi resi conto che qualcosa non andava. Sentivo dentro di me che l’idea che avevo in testa era nettamente diversa rispetto a quelle che avevo avuto in precedenza. Era qualcosa di… mastodontico e dannatamente nuovo. Realizzai che avrei altresì potuto inserire il tutto in un semplice racconto, ma ciò significava sacrificare una grande idea. Capii quindi che Ulisse, oltre ad avermi fornito una grande idea, mi aveva offerto lo spunto giusto per poter provare a scrivere un romanzo. Sì, perché fino a quel momento avevo scritto solamente racconti e, sinceramente, non pensavo nemmeno di essere in grado di dar vita ad un romanzo. Ma in quel momento avevo tutte le carte per poterlo sperimentare. E spero che “Chi era mio padre?” sia la prova tangibile di un esperimento andato a buon fine.
R.M.: Ti infastidisce il fatto che in tanti abbiano notato delle somiglianze tra la storia di Yara Gambirasio e i recenti sviluppi sul caso e il tuo romanzo?
Nicola Rocca: Niente affatto. È vero che alcune delle persone che hanno letto il mio romanzo in anteprima mi hanno fatto notare l’evidente somiglianza tra alcuni punti della vicenda e gli ultimi sviluppi circa gli intricati gradi di parentela del presunto assassino di Yara Gambirasio. Ma la somiglianza è una pura coincidenza. Per questo, al termine del romanzo, ho voluto inserire una nota che chiarisse il tutto, spiegando che il romanzo è stato depositato in SIAE nel luglio 2013, mente gli sviluppi sui complicati gradi di parentela del presunto assassino sono venuti a galla solamente nel giugno 2014. Questo è uno dei casi in cui la fantasia ha battuto sul tempo la realtà.
R.M.: Chi vorresti leggesse il tuo “Chi era mio padre?” ?
Nicola Rocca: Circa un anno fa, ricordo, andai al palazzetto di Treviglio ad assistere ad una serata letteraria, alla quale presenziava, come ospite d’onore, il grande Giorgio Faletti. Al termine della lunga intervista di Giorgio, mi misi in coda per farmi immortalare insieme a lui in una foto e riuscire strappargli un autografo. Quando mi concesse sia l’una che l’atra cosa, gli diedi le prime trenta pagine di “Chi era mio padre?”, che allora non era ancora stato pubblicato. Lui non lo volle accettare. Mi disse che non avrebbe voluto leggere nulla di inedito, per ovvi motivi di tutela che mi spiegò brevemente. Mi invitò a seguire il normale iter che percorrono tutti gli scrittori e, una volta che il libro fosse stato pubblicato, avrei potuto inviarlo alla sua agenzia letteraria e lui lo avrebbe letto. Promisi – più a me stesso che a lui – che non appena edito glielo avrei inviato. Nel frattempo spedii alla sua agenzia “Frammenti di follia”, ma la malattia si portò via Giorgio prima che riuscisse a leggerlo. Avrei voluto tanto che un artista e scrittore di successo come lui leggesse “Chi era mio padre?”, più che altro per conoscere le sue opinioni in merito, con il rischio di ricevere delle critiche. Ma, fatte da lui, sarebbero state pur sempre delle critiche costruttive. Detto ciò, per dare una risposta alla tua domanda, desidererei che “Chi era mio padre?” fosse letto da tutti gli amanti dei generi thriller e noir e da chiunque avesse il piacere di leggere quello che – a detta di Nicola Rocca lettore – è un buon libro. Perché, come la maggior parte degli scrittori, anch’io – pur non definendomi tale – scrivo storie che mi piacerebbe leggere.
R.M.: Il tuo libro può essere letto sia in formato cartaceo che in digitale. Qual è il tuo parere sugli e-books? Ne leggi mai?
Nicola Rocca: Sì, ben detto. “Chi era mio padre?” è disponibile in entrambe le versioni. Abbiamo voluto fare le cose in grande. Scherzi e battute a parte, visti i tempi e l’evoluzione tecnologica ho preferito aggiungere alla versione cartacea anche quella digitale. Sono convinto che prima o poi tutti leggeranno libri su dispositivi digitali. Ognuno però ha bisogno del proprio tempo per staccarsi dalle vecchie e tradizionali abitudini per passare all’innovazione e alle nuove tecnologie. Il mio tempo, per esempio, è stato di circa sei mesi. Il Natale scorso, infatti, ho ricevuto come regalo un e-book reader. Ma per sei mesi ho continuato a leggere i libri sulla carta. Trovavo assurdo utilizzare un piccolo monitor per leggere. Poi, però, ho deciso di provare, e da circa cinque mesi leggo solo e-books. Credo che sia una delle migliori invenzioni di tutti i tempi. Dopo quella della lettura, ovviamente.
R.M.: Il tuo prossimo libro? Stai forse scrivendo qualcosa di nuovo?
Nicola Rocca: Credo che smetterò di scrivere solamente quando sarò talmente vecchio da non ricordarmi più il significato della parola “scrivere”. Perché, ricordo un aforisma che mi inviò tramite e-mail uno dei miei lettori di fiducia. Faceva più o meno così: “Uno scrittore affermato non è nient’altro che un aspirante scrittore che non ha mai smesso di scrivere”. E io voglio continuare a scrivere per verificare se tale aforisma corrisponde a verità. Al momento ho ultimato una nuova raccolta di racconti e un nuovo romanzo thriller/noir. Circa la nuova raccolta posso dire che è quantitativamente inferiore a “Frammenti di follia”, nel senso che contiene un numero di racconti inferiore; ma qualitativamente superiore, nel senso che, a differenza del mio libro d’esordio, in questa nuova antologia sono contenute storie partorite dopo aver avuto diversi anni di esperienza su polpastrelli, per così dire. Per quanto riguarda il nuovo romanzo, invece, posso dire che la cerchia di persone fidate che lo ha letto in anteprima sostiene che è molto più coinvolgente di “Chi era mio padre?”. Io me lo auguro. Inoltre, ora sto lavorando ad un nuovo romanzo che credo sia avvincente almeno quanto i due che ho scritto finora messi insieme. E’ un thriller che rispecchia le linee classiche di genere, ovvero: un serial killer a piede libero che terrorizza la città di Milano e un ispettore italo-inglese che gli dà la caccia. E se tutto va secondo i miei piani, questo romanzo avrà anche un sequel. Diciamo che la mia idea sarebbe quella di pubblicare un libro l’anno. Speriamo di riuscire a mantenere questa promessa che ho fatto a me stesso. Nel caso dovessi riuscirci, l’appuntamento sarà per la prossima estate. E se vorrai, Rebecca, avrei il piacere di farti leggere il prossimo, per ottenere ancora una delle tue professionali, e soprattutto razionali, recensioni. Vorrei chiudere con una frase per tutti quelli che mi hanno letto o che lo vorranno fare: “Sappiate che ho ancora molto da scrivere. E voi, se lo vorrete, avrete molto da leggere!”
R.M.: Grazie Nicola e al prossimo libro.
Nicola Rocca: Ciao Rebecca. Grazie a te per il tempo che mi hai dedicato e grazie a tutti quelli che hanno deciso di leggere questa intervista e le mie opere.
Written by Rebecca Mais