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Intervista doppia: Fabio Calvetti / Maurizio Vanni in attesa di una doppia mostra personale

Creato il 10 febbraio 2014 da Roberto Milani
Nei prossimi mesi e più precisamente fra aprile e giugno, Fabio Calvetti sarà protagonista di due importanti mostre personali... Sull'argomento c'è ancora una sorta di velato mistero. Insomma, ancora si conosce poco a proposito di questo importante evento,se non i luoghi, le date -Certaldo, Palazzo Pretorio, 26 aprile - 22 giugno
Pontassieve, Sala delle Colonne, 17 maggio - 22 giugno-, ed il curatore: 
il grande Maurizio Vanni.
E' noto anche l'editore del prezioso volume che accompagnerà i due eventi: Nidiaci di San Gimignano ma nulla di più.
Essendo ambedue cari amici, ho posto loro alcune domande a proposito di questo ambizioso progetto e non solo.Una sorta di intervista doppia fra il serio ed il faceto....


Intervista doppia: Fabio Calvetti / Maurizio Vanni in attesa di una doppia mostra personale
INTERVISTA DOPPIA

FABIO CALVETTI / MAURIZIO VANNI

Nuova mostra, una nuova avventura. Articolata in due sedi, un progetto moto ambizioso. Di che cosa si tratta esattamente?
FC:
Dopo un lungo periodo in cui ho avuto la fortuna di presentare le mie opere in giro per il mondo, finalmente mi ritroverò di nuovo ad esporre nella mia Toscana. Questo piano espositivo prevede due mostre pubbliche contemporanee e complementari ma unite dallo stesso progetto artistico e documentate in uno stesso catalogo.
Inutile dire che per me questi appuntamenti della prossima primavera sono un po’ diversi da tanti altri; sia per il fatto che tornare nella “tua” terra ti costringe ad una maggiore responsabilità ma anche per l’importanza e la dimensione delle sedi coinvolte: Sala delle Colonne a Pontassieve e Palazzo Pretorio a Certaldo non sono proprio uno scherzo!!
MV:
Ogni mostra è sempre differente dalla precedente: un nuovo rapporto tra curatore e artista, un inedito racconto da esprimere con l’allestimento, con il saggio in catalogo e con una presentazione verbale che, almeno per quanto mi riguarda, corrisponde al desiderio di offrire in modo agile e profondo alcune chiavi di lettura che permetteranno, sia alla stampa che a ogni visitatore di non perdersi nei meandri della mente-labirinto dell’artista. Fabio ha preparato una narrazione visiva che si presta perfettamente alla doppia sede: alcuni temi presiederanno gruppi di opere, perciò sarà naturale muoversi da una location all’altra per capire come la storia… andrà a finire. Non importa da dove si parte, ma è fondamentale avere un punto d’arrivo che faccia riflettere e faccia desiderare di ricominciare. Il mio supporto dovrà servire proprio come una sorta di filo di Arianna aperto e interattivo
Quando e come è nato questo nuovo progetto?
FC:
Nasce dalla semplice proposta di Sindaco di Certaldo di tornare ad esporre in Palazzo Pretorio dopo 17 anni. Dopo un periodo di riflessione ho accettato la richiesta e da quel momento ho sentito forte la sfida di impegnarmi in una ricerca che poi mi ha portato alla realizzazione di nuove opere nelle quali ho potuto sperimentare in piena libertà e senza rinnegare la mia matrice pittorica l’inserimento di nuovi materiali e schemi compositivi. Nel tempo questo iter progettuale ha preso vita trovando un importante supporto scientifico in Maurizio Vanni e successivamente la possibilità di estendere l’esposizione a Pontassieve grazie all’Assessore Alessandro Sarti
MV:
Certi progetti nascono in modo naturale e, per certi versi, casuale: prima della mia partenza per un lungo viaggio, Fabio mi invita a vedere un ciclo di opere inedite. Gli prometto che al mio ritorno sarei passato dal suo studio. Dal mio stupore per una proposta visiva evoluta e per certi versi rivoluzionaria rispetto alla predente, al desiderio reciproco di lavorare insieme il passo è strato brevissimo. Certaldo è la sua casa e Pontassieve la città di un caro amico comune che ama la cultura.
Non è la prima volta che lavorate insieme. Cosa è cambiato, se è cambiato qualcosa in questi anni?
FC:
Con Maurizio condivido una amicizia che viene da lontano, basata su stima reciproca e grande rispetto. Per certi versi abbiamo fatto un percorso simile nel mondo dell’arte proprio partendo dagli stessi valori della provincia. Chi parte da un luogo semplice e conosce i principi dell’impegno costante e della conquista attraverso il merito può viaggiare lontano.
Adesso, grazie a questo progetto, ci siamo ritrovati di nuovo a collaborare ed è stato immediatamente facile e bello perché abbiamo ancora la stessa amicizia ma anche tante esperienze individuali maturate nel tempo. Insomma, lavorare con la massima professionalità ma anche in amicizia e trasparenza rende tutto più semplice.
MV:
In effetti è il secondo progetto espositivo che facciamo: il primo risale al 2001 quando, a Pietrasanta, ero Direttore artistico della Galleria Tornabuoni. Sono passati tanti anni, ma lo spirito libero e incontaminato di entrambi è rimasto lo stesso. Ero felice allora di condividere un progetto con Fabio come lo sono adesso, probabilmente spinto da una curiosità differente, più matura e consapevole.
L’arte italiana è davvero così malata?
 

FC:
Questa è una domanda complessa e resa più complicata da implicazioni economiche, finanziarie e politiche che spesso sfuggono alla mia comprensione. Di fatto il disagio è grande e talvolta incomprensibile perché l’Italia possiede potenzialmente tutte le cose più belle che dagli altri Paesi ci invidiano: arte, territorio, moda, cucina; in sintesi la “bellezza”
Per quanto mi riguarda penso che questa malattia si possa combattere solo con un impegno rinnovato e la volontà di affermare la qualità delle idee e dei manufatti (io cerco di farlo con la pittura).
MV:
L’arte italiana non è mai stata malata e non lo sarà mai. Piuttosto è il sistema delle arti ad essere retrogrado e imbalsamato. Gli artisti ci sono e ci saranno sempre: si nutrono di un dna culturale unico al mondo e di una creatività che non teme alcun confronto. La maggior parte dei musei, invece, non è riuscita a stare al passo con le esigenze di un pubblico sempre più attento e preparato, e con le caratteristiche peculiari di strutture analoghe internazionali. Molti galleristi, anche in relazione alla non facile situazione economica, si occupano più della vendita che del lancio di giovani promesse e le pubbliche amministrazioni non partecipano in alcun modo alla crescita internazionale di giovani creativi. In questa situazione, purtroppo, non posso biasimare coloro che decidono di trasferirsi in altri paesi. I migliori artisti e professionisti di settore esploderanno certamente: peccato se non sarà in Italia.
Chi è Fabio Calvetti?
FC: 

Qui la risposta è semplice. Sono un pittore formato nel secolo scorso che opera e si confronta in un millennio nuovo dove regole e riferimenti sono spesso mutevoli e confusionari. Quello in cui credo e che cerco ancora oggi è l’impegno etico che deve portare l’artista ad una continua ricerca e messa in discussione anche di ciò che è già acquisito.
MV:

Fabio Calvetti è un artista serio, impegnato, professionale e affidabile. Se essere contemporanei significa esprimere in tempo reale pensieri, stati d’animo, concetti, emozioni ed energie propulsive, Fabio è testimone del proprio tempo in quanto trasforma le considerazioni in visioni, gli stati d’animo in forme e colori utilizzando una modalità espressiva personale e legata al filo doppio alla sua filosofia di vita. Per Fabio essere è fare
Dopo questa mostra quali programmi avete?
FC: 

In realtà adesso cono completamente impegnato in questi eventi di primavera dai quali stanno prendendo già vita contatti nuovi che di sicuro porteranno nuove mostre soprattutto all’estero nel periodo di fine anno e inizio 2015
MV:
Non ci eravamo mai del tutto persi, ma a causa dei viaggi di entrambi la frequentazione era diminuita molto. Dopo questa “doppia mostra” ci siamo proposti di capire se potremmo lavorare fianco a fianco anche in altre avventure internazionali magari crescendo insieme. Un sogno possibile che proveremo a trasformare in realtà. Per quanto mi riguarda, invece, sto preparando per la metà di marzo un progetto espositivo che solleticava la mia mente da alcuni anni: capire se c’è relazione tra le arti visive più sperimentali del secondo Novecento e le espressioni artistiche contemporanee. Una specie di incontro-scontro che dovrebbe tracciare una griglia stilistica evolutiva differente da quelle precedenti. Per l’estate, invece, sto ordinando la mostra del più grande foto-reporter di guerra del secolo scorso: Robert Capa. Anche quest’anno passerò molto tempo in altri paesi: già pronti progetti espositivi, show-conference, lecture, workshop e kermesse di video-arte in Libia, Argentina, Brasile, Cile, Uruguay, Paraguay, Corea del Sud, Stati Uniti e Russia.
Infine un gioco: datemi una ricetta
 

FC: 
Il mondo della cucina è una cosa seria che ho imparato a conoscere meglio grazie a mio figlio Andrea che è un ottimo chef prestato oggi alla pasticceria di alto livello. Mi diletto da sempre ai fornelli e qualche volta mi piace pensare che Andrea ha scelto questa professione proprio vedendomi preparare i miei piatti che comunque sono semplici e rispettosi della tradizione.
Dunque accetto la provocazione e il gioco di Roberto proponendo una bella ricetta di carne dal carattere forte come noi toscani.
Agnello al gusto mediterraneo:
ingredienti:
agnello, rosmarino, cipolla, aglio, timo, coriandolo, prezzemolo, salvia, alloro, ginepro, maggiorana, olio extravergine di oliva, fior di sale, pepe, succo di un limone, patate piccole.
Procedimento:
Ad eccezione della carne, fare un trito finissimo di tutti gli ingredienti. Disporre l'agnello tagliato a pezzi in una teglia abbastanza larga quindi versare la salsina sulla carne. Lasciare marinare per 4 ore.
Infornare in forno preriscaldato a 220 gradi e cuocere per 60 minuti. Aggiungere le patate e un po' di acqua. Assaggiare per verificarne la salatura. Cuocere in forno ancora per 30 minuti. Servire caldo. La carne sarà morbida. Il limone toglie il sapore forte del selvatico.
MV:
Amo cucinare ed ho praticato l’arte del buon mangiare fatto con le mie mani durante gli anni universitari. Adesso il tempo si è ridotto e, come si dice, il poco esercizio fa perdere disinvoltura e sicurezza. Adoro i primi piatti e, spesso, mi piaceva creare ricette nuove con quello che trovavo in frigorifero. Ogni tanto, però, mi cimento in un piatto estivo che mi ha trasmesso mia mamma che chiamerò “Tortiglioni alla Giuseppina” (nome della mamma).
Ingredienti per 4 persone:
- 400 grammi di tortiglioni rigati
- 500/600 grammi di pomodori san marzano maturi
- Una cipolla bianca, un gambo di sedano, una carota di medie dimensioni
- Basilico, olio d’oliva, sale, pepe (o peperoncino) e 100 grammi di parmigiano grattato.
Lavare i pomodori e spezzarli per togliere i semi prima di metterli in una casseruola insieme a mezza cipolla tagliata a fette, alla carota e al sedano (tritati), alcune foglie di basilico e un pizzico di sale. Mettere il tegame a fuoco medio senza coperchio e tenerlo per almeno 20 minuti.
Nel frattempo tagliare in modo sottilissimo l’altra metà della cipolla facendola rosolare a fuoco lento con tre cucchiai d’olio extra-vergine, sale e pepe. Dopo di ché aggiungere la salsa di pomodoro, che sarà stata passata dal passaverdura con il disco più fine, aggiungendo ancora sale e pepe a piacimento lasciando cuocere per una decina di minuti.
Con questa salsa si condiscono i tortiglioni al dente spolverandoli con una bella manciata di parmigiano grattugiato. 

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Fabio Calvetti: raffinato Artista figurativo italiano con all'attivo innumerovoli mostre personali e collettive in Italia ed all'estero in spazi pubblici e privati

Maurizio Vanni: Museologo, Storico e Critico d'arte, Direttore del Lu.C.C.A. (Lucca Center of Contemporary Art)

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