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Intervista esclusiva al comandante che fece affondare la nave Italia

Creato il 11 luglio 2012 da Albertocapece

Intervista esclusiva al comandante che fece affondare la nave ItaliaC’è un ciliegio nel giardino che circonda la casa dove Mario Smonta, il comandante che ha mandato sugli scogli la bananiera Italia, passa le sue giornate in attesa del processo. L’albero fa ombra e si possono anche cogliere i frutti dai rami più bassi, un tocco d’arcadia dentro il dramma: lui ogni tanto alza il braccio, stacca una ciliegia e la porta alla bocca pensoso: ha finalmente deciso di raccontare la sua verità.

“Sono stato accusato di tutto, ma se non fosse stato per me, le vittime e i danni sarebbero stati molto maggiori”. Comincia così a rompere il ghiaccio mentre rigira fra le mani l’accredito di mezzo milione di U$ che ha voluto per per parlare in esclusiva con la nostra testata. Si accorge del mio sguardo imbarazzato e mi viene incontro  “La verità non è mai gratuita – giovanotto – e la mia poi è sempre stata costosa per gli altri”.

Parliamo di verità allora. Lei rivendica la sua abilità nel non aver fatto urtare la nave di prua, ma come mai si trovava in mezzo agli scogli? Perché aveva portato l’Italia così vicino all’isola Merkel per l’inchino?

“Non è stata certo una mia scelta, politica dell’armatore, patti informali”

Chi è l’armatore quello vero, intendo?

” Le piacerebbe che glielo dicessi. Ma questo non era nei patti.  Però questo glielo posso dire: non esiste un posto o un ufficio in cui si decide, una persona da cui tutto dipende. Insomma non ci sono misteri e oscuri complotti, tutto nasce dall’insieme incoerente di molte volontà. L’inchino porta soldi, gli equipaggi impreparati portano risparmi, alcune tasche si riempiono e si pongono le premesse perché si riempiano molto di più”.

Ma si perdono anche le navi e le vite umane

“Capita, si ma accusarmi di essere l’unico colpevole, è solo un modo di trovare un capo espiatorio”

Eppure qualcuno dice, anzi i documenti dicono che lei non sia mai stato estraneo a queste politiche dell’armatore…

“Mi scusi, ma in che senso? Al momento del naufragio ero solo il comandante  della nave, nominato da poco” 

C’è chi dice che lei abbia messo in pericolo altre navi in passato

“Mi faccia un esempio”

Nel1981, già sotto le ali protettrici di Franzo Grande Stevens e di Gabetti, ufficiali in seconda del transatlantico Fiat, non fu tra quelli che propose  l’emissione di titoli a lungo termine, con aste mensili e quindicinali, con rendimento cedolare stabilito dal mercato, cosa che fu un disastro per il bilancio dello stato e una manna per chi come Craxi si preparava a devastarlo in funzione politica. E’ vero o non è vero?

E’ stato un errore di gioventù. A tutti capita di farne, ma in realtà non fu un errore, il mercato non è mai un errore”

Possiamo dire che fu un errore quasi contemporaneo al tentativo della peggiore politica italiana, da Calvi alla P2, per attentare all’autonomia di Bankitalia, visto che il governatore Baffi era indagato e il suo vice Sarcinelli in carcere per un inchiesta che si rivelerà priva di fondamento?

“Si tratta di una pura coincidenza che la commissione Baffi abbia passato quell’idea dei titoli a lungo termine proprio mentre il suo presidente aveva i suoi guai. Le due cose non c’entrano nulla”

Bene, ma veniamo all’83. Non fu lei che lanciò l’idea di togliere l’obbligo per le banche di avere un fondo obbligatorio in titolo di stato italiani?

“Si mi battei fortemente assieme ai miei amici liberisti per questo”

E questo non causò un aumento stellare del debito pubblico?

“E’ vero, ma in realtà quella misura si proponeva l’esatto contrario”

Cioè?

L’obbligo di comprare una certa quota di titoli di stato da parte delle banche ne manteneva artificialmente bassi i tassi e questo permetteva che si sprecassero tanti soldi in welfare. Se invece li si fosse affidati completamente al mercato i rendimenti sarebbero aumentati e non ci sarebbero più stati soldi da investire nelle tutele e nei diritti. Lo ammetto mi andò male perché i tassi salirono, le spese no e aumentò solo il debito”

Non fu la stesso tipo di manovra e di illusione che ha portato la sua nave sugli scogli?

” Ma è una situazione tutta diversa. Al comando della bananiera avevo tutta l’Europa che mi applaudiva quando tagliavo pensioni, salari e diritti. Per radio mi dicevano bravo, usa ancora l’accetta, vai a due metri dalla riva per fare l’inchino all’isola Merkel.  Pensavo andasse diversamente”

E alla recessione non ci pensava?

“Ah ma se avessi superato quegli scogli mi direbbero ancora bravo. Certo l’equipaggio avrebbe dovuto stringere la cinghia fino all’ultimo buco, ma armatore e commitenti mi avrebbero dato una medaglia. E io devo fare i loro interessi, mica quelli dell’equipaggio”  

Possiamo  dire che il suo naufragio non è stato una pura fatalità caso, ma nasce da lontano?

“Se vuole. Io non mi pento di nulla, nemmeno di quando col veliero Amato non riuscimmo ad evitare le secche e io dissi che bisognava a tutti i costi agganciarci all’euro. No, je ne regrette rien. E vede ho intenzione di fare il comandante a lungo. Almeno per altri sette anni”.

 


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