Eugenio Nascimbeni è nato a Milano nel 1960, ma da anni vive in provincia di Bergamo. Ha lavorato per la Rcs Quotidiani in qualità di credit supervisor, ma da agosto 2014 è felice pensionato. Il suo esordio in campo letterario risale al 2007 quando fu pubblicato il suo primo thriller “Il traghettatore” dalla Leonardo Facco Editore di Treviglio. Nel giugno 2012 ha pubblicato un giallo classico, “L’angelo che portava la morte”, con Lettere Animate Editore. Nell’ottobre dello stesso anno è uscito, per Falzea Editore, il fantasy “La profezia di Karna e l’amuleto maledetto”. Nel febbraio 2014 è stata pubblicata, sempre da Lettere Animate, una versione estesa del suo primo romanzo thriller “Il traghettatore”. Un nuovo thriller, “Delirio”, è stato terminato da poco ed è in procinto di essere pubblicato nel corso del 2015. Accanto a queste pubblicazioni ufficiali ce ne sono diverse altre edite in selfpublishing, tra cui un libro di poesie dedicate ai grandi miti della musica, dello sport, del cinema, prematuramente scomparsi: tutte sono disponibili sulla piattaforma lulu.com. Unisce la passione per la lettura e la scrittura creativa a quella per la musica, in particolare per quella di Bruce Springsteen, suo vero e proprio oggetto di culto. Il suo sogno nel cassetto è quello di visitare due luoghi a lui cari: il New Jersey dell’amato Springsteen, e il Brasile di Jorge Amado, uno dei suoi scrittori preferiti.
Salve Eugenio domanda di rito: quando hai scoperto la passione per la scrittura?
Premetto che sono sempre stato un accanito lettore: dalla passione per la lettura a quella per la scrittura creativa, dunque, il passo è stato breve. Per molti versi è stata quasi una sorta di sfida con me stesso. Vediamo, mi sono detto un po’ di anni fa, se riesco a concepire e a sviluppare una storia avvincente e ben strutturata in grado di suscitare l’interesse di un editore. Questa è stata, in sostanza, la scintilla che mi ha spinto a scrivere.
Qual è stato il tuo primo testo?
Il mio primo romanzo è stato “Il traghettatore”, pubblicato nel 2007 da un piccolo editore free della bergamasca, riproposto nel 2014 da Lettere Animate Editore in una versione più estesa. La soddisfazione per l’esordio letterario mi ha poi incoraggiato a proseguire.
Quale genere letterario ti è più affine? Quale invece non riesci a leggere e/o a scrivere?
Devo dire che ho sempre avuto una naturale inclinazione per le storie misteriose e piene di suspense. Ricordo che da bambino divoravo i Gialli per ragazzi editi da Mondadori: crescendo mi sono poi avvicinato ai grandi nomi che hanno reso celebre la letteratura di genere poliziesco, come Agatha Christie e Arthur Conan Doyle. In seguito ho scoperto moltissimi altri autori di thriller e noir, ragion per cui mi trovo a mio agio quando voglio abbozzare una storia a tinte fosche, anche se il mio scrittore preferito è Jorge Amado, che è stato uno straordinario cantore del Brasile. Non amo i romanzi sentimentali o sdolcinati, e credo proprio che non riuscirei a cimentarmi con questo genere di letteratura.
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Cosa ti affascina del giallo e del thriller?Del mistery apprezzo la capacità di tenere il lettore incollato alle pagine sino allo scioglimento dell’intreccio, magari con il classico colpo di scena finale. Nei miei romanzi cerco sempre di tenerlo ben presente, facendo in modo che la tensione narrativa resti alta, senza cedimenti di sorta, e quindi incatenando alla vicenda chi legge.
Come è stato il tuo percorso verso la pubblicazione?
Il mio esordio letterario è avvenuto quasi casualmente. Conoscevo il proprietario di una libreria, ma ignoravo che fosse anche un piccolo editore. Quando lo seppi, mi feci coraggio e gli proposi il mio manoscritto. Fu una grande soddisfazione, e un motivo d’orgoglio, quando mi disse di averlo trovato eccellente, facendomi firmare il mio primo contratto editoriale. Dopo avere rotto il ghiaccio, infine, ho rintracciato sul web altre case editrici free per proporre le mie opere successive. Non è stato tutto rose e fiori, ad ogni buon conto. Il mio penultimo romanzo thriller fantasy, “La profezia di Karna e l’amuleto maledetto”, è stato rifiutato da un editore di un certo livello. Il vanto è stato quello di vederselo pubblicare da Falzea Editore (distribuito da RCS), una casa editrice di una certa importanza che l’ha subito trovato particolarmente interessante. Per chi scrive le bocciature non sono mai simpatiche, ma se la storia è valida credo che occorra munirsi di pazienza, non disperare, e proporlo ad altri.
Cosa ha ispirato Il traghettatore e L’angelo che portava la morte?
L’idea per scrivere una storia come “Il traghettatore” mi è venuta durante una traversata a bordo di una nave della Tirrenia in servizio sulla linea Genova-Porto Torres. Ricordo che quella notte le avverse condizioni del mare mi impedivano di prendere sonno. Sentivo i lamenti dei passeggeri nelle cabine accanto e gli schiaffi delle onde che s’infrangevano con violenza contro le fiancate della nave, così pensai con terrore che saremmo colati a picco, un’eventualità che respingevo con tutte le mie forze. Intontito, mi alzai dalla cuccetta per concedermi una piccola perlustrazione del traghetto, un modo come un altro per ingannare l’attesa per il tanto sospirato sbarco. In un corridoio scarsamente illuminato m’imbattei in un vecchietto e allora la mia fantasia cominciò a galoppare, identificandolo come un perfido traghettatore di anime. Lo spunto per concepire la vicenda narrata ne “L’angelo che portava la morte”, invece, mi è stata fornita qualche anno fa in Sardegna, dove da tempo risiede tutta la mia famiglia. Mia sorella mi regalò un bellissimo saggio sulle “accabadoras”, donne che nella Sardegna rurale di un tempo venivano chiamate dai parenti degli agonizzanti per porre fine ai tormenti dei propri cari. Nonostante la mia assidua frequentazione dell’isola, non avevo mai sentito parlare di questa figura che colpì immediatamente la mia immaginazione permettendomi di ideare, quasi su due piedi, una buona traccia per un romanzo.
Quanto c’è di te in questi testi?
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Un autore finisce quasi sempre per riversare qualcosa di personale nelle storie che racconta e nei personaggi che crea. Alcuni tratti caratteriali dei protagonisti principali di questi due romanzi, lo confesso, un po’ mi appartengono. Ne “il traghettatore” si parla del grande attaccamento alla vita anche quando il futuro si predice implacabile, un atteggiamento che condivido appieno, così come la ricerca della verità, qualunque possa essere, che rappresenta in sostanza il filo conduttore de “L’angelo che portava la morte”.Hai mai affrontato il “blocco dello scrittore”? Come lo hai superato?
No, non ho mai avuto un vero e proprio blocco dello scrittore. Talvolta capita che alcuni capitoli non vengano come si vorrebbe, o che i dialoghi non siano particolarmente efficaci. In questi casi preferisco distrarmi, farmi una passeggiata sino in centro, tra la gente, ascoltare i loro discorsi e studiare i loro comportamenti. Molto spesso questa è una buona soluzione per farsi venire ottimi spunti, o comunque per superare l’impasse di una narrazione che non convince appieno.
Cosa pensi del Self-Publishing?
Anch’io sono ricorso all’autopubblicazione sulla piattaforma Lulu quando ne ho sentito la necessità, come ad esempio quando decisi di pubblicare la mia raccolta poetica “Spiriti Immortali” dedicata ai grandi miti della musica, del cinema, dello sport prematuramente scomparsi. Si tratta di un modo come un altro per farsi conoscere, per cui non ci vedo nulla di male: sempre meglio che accettare le condizioni di un editore a pagamento.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Ho appena terminato la stesura di un nuovo romanzo thriller a sfondo psicologico dal titolo “Delirio”. L’ambientazione è collocata in una zona isolata, raggiungibile solo dal mare, e dominata dalla presenza di un vecchio faro in disuso che s’innalza su di un promontorio roccioso con tutto il suo fascino sinistro e inquietante. La storia è piaciuta all’editore e penso che a breve il libro sarà pubblicato.
Grazie a Eugenio Nascimbeniper averci dedicato il suo tempo. In bocca al lupo e buona scrittura!