Intervista Gastronomica a Gianpaolo Cadalanu

Da Anginapectoris @anginapectoris

Se andate sul profilo facebook di Giampaolo Cadalanu, troverete la foto di un bel tenebroso con giubbotto antiproiettile, e sicuramente sarete invogliate a chiedergli

Giampaolo Cadalanu

l’amicizia, ma se poi, con l’aiuto di google, vi fate una piccola ricerca, vedrete che di tenebroso, il nostro, ha ben poco, ma non riuscirete a sottrarvi al fascino del giornalista corrispondente all’estero, sempre in prima linea, ma il Cadalanu ha alle spalle soprattutto un ottimo bagaglio di preparazione e professionalità, su cui sicuramente non si discute, anzi lo evidenziamo, difatti ha studiato legge e successivamente si è iscritto alla scuola di giornalismo.
Ha lavorato per la “Repubblica”, l’”Indipendente”.

A 30 anni, si trasferisce in Germania, dove da Bonn e Berlino lavora come corrispondente per il Corriere Della Sera.
Nel 1994 ha scritto il suo unico libro: Skinheads. Dalla musica giamaicana al saluto romano, un saggio sul comportamento di ragazzi e uomini nazista.
Si occupa di politica estera, in particolare di paesi asiatici e africani. Ha collaborato con L’Espresso, Panorama, L’Europeo, Italia Oggi e altri giornali.

Giampaolo versione professore

Dal 2009 è vicepresidente dell’Associazione di Giornalismo Investigativo.
Nel corso degli ultimi dieci anni si è occupato di questioni relative allo sviluppo di Paesi come l’Afghanistan, l’Iraq e la Croazia ed il suo lavoro ha messo in evidenza questioni che solitamente non trovano spazio sui maggiori quotidiani: il diritto al cibo, ed il lavoro che ha svolto ha assunto un ruolo importante per la FAO. E vincitore del FAO A.H. Boerma Award, 2004-2005

Attualmente vive a Roma, a metà strada fra la Sardegna e l’Europa.
Ma per maggiori informazioni ed approfondimenti, l’invito è quellodi visitare il suo Blog personale Diritti e Rovesci

Angie: – Quanto conta una buona alimentazione per il tuo lavoro?
Giampaolo: – Salto il pranzo quando sono impegnato a cercare notizie e la cena quando sono impegnato a scrivere. A volte sopravvivo con il servizio in camera degli alberghi – in genere cibo di qualità molto modesta – e soprattutto con la colazione. Se salto anche la colazione, sono un uomo morto.

Angie: – Hai mai scritto ispirandoti a qualcosa di culinario?

pane-carasau

Giampaolo: – Mi viene in mente solo un pezzo fatto sulla preparazione del pane carasau in Sardegna, molti anni fa.

Angie: – Cosa significa per te mangiar bene?
Giampaolo: – Mangiare piatti preparati da persone per persone, non prodotti da aziende per clienti.

Angie: – Le tue esperienze lavorative?
Giampaolo: – Quindici anni di Repubblica, prima qualche esperienza in altri quotidiani e collaborazioni varie.

Angie: – Hai un ristorante o un locale dove preferisci andare a mangiare? Se sì, dove?
Giampaolo: – Il ristorante che preferisco è il prossimo dove andrò a cena.

Angie: – Sei mai stato a dieta?
Giampaolo: – Sì, molti anni fa. Il giro vita era cresciuto eccessivamente. Ma la dieta non è servita gran che, il giro vita è sceso davvero solo quando la disciplina a tavola è diventata un modo di essere.

Angie: – Meglio carne o pesce?
Giampaolo: – Proteine, comunque. Pesce, carne, formaggi. Uova, anche, ma molto meno. Per essere italiano non sono un gran mangiatore di pasta (faccio un’eccezione per

Culurgiones dell’Ogliastra

i culurgiones dell’Ogliastra…)

Angie: – Se fossi un dolce, quale saresti?
Giampaolo: – Non sono un amante dei dolci, per cui scelgo l’aranciata nuorese, che è quasi amara (fili di buccia d’arancia canditi nel miele con frammenti di mandorla).

Angie: – Vino?
Giampaolo: – Un buon rosso, magari Cannonau ma non esclusivamente, ma per carità senza lo show noioso dei cosiddetti esperti.

Angie: – Il tuo punto debole
Giampaolo: – Il mio peggior difetto a tavola è che se penso al lavoro a volte mangio troppo in fretta.

Angie: – Nel tuo frigo che cosa non manca mai, e nella dispensa?
Giampaolo: – Una riserva di salumi (speck dell’Alto Adige, salsiccia sarda, un buon salame Milano), molto formaggio e naturalmente in dispensa pane Carasau.

Cinghiale con olive

Angie: – Qual è il piatto che ti piace cucinare di più in assoluto?
Giampaolo: – Il cinghiale con le olive (sempre più difficile trovare carne buona…)

Angie: – E quello che ti piace mangiare?
Giampaolo: – I piatti della tradizione locale italiana: le trofie al pesto, la pasta con le sarde, e via di questo passo, comprendendo anche una buona pizza margherita.

Angie: – Come ti definiresti a tavola?
Giampaolo: – Tradizionalista curioso.

Angie: – Di cosa sei più goloso? e cosa proprio non ti piace?
Giampaolo: – Sono goloso di formaggi, poche cose non mi piacciono (i cetrioli e l’anguria).

Angie: – La cucina è fatta anche di profumi, essenze, odori, ne hai uno preferito?

Rosmarino

Giampaolo: – Amo le spezie orientali, ma se proprio devo scegliere posso combattere in nome del rosmarino.

Angie: – Non puoi vivere senza…
Giampaolo: – La varietà.

Angie: – Che cosa secondo te conta nel sedurre una donna? Una buona cena, o anche il saper cucinare
Giampaolo: – Saper cucinare è molto di moda (yawn!), ma non basta. La cena non serve nemmeno come inizio.

Angie: – Una tua ricetta per i miei lettori.
Giampaolo: – Solo se dovessero meritare di essere invitati a casa mia.

Angie: – L’ultimo libro che hai letto?
Giampaolo: – Sto rileggendo l’Iliade, in tre traduzioni diverse con il testo greco a fronte. Impegnativo (è passato un po’ di tempo dal liceo…) ma straordinario. Il più bel libro letto in questi anni è “La strada” di Cormac McCarthy, un capolavoro epocale. Un libro in grazia di Dio è “Acabbadora” di Michela Murgia. Fra le letture recenti classici (Primo Levi) e frattaglie (ho finito da poco un Ken Follett davvero modesto).

Angie: – Il pezzo musicale che ti mette in moto i succhi gastrici…
Giampaolo: – Il rumore del campanello quando la cucina del ristorante avverte il cameriere che la mia cena è pronta per essere servita

Angie: – Hobby?
Giampaolo: – I libri: sono un po’ bulimico, leggo anche otto libri contemporaneamente, li lascio a metà se non meritano, magari li riprendo. Romanzi, saggi, ogni tanto anche qualcosa che riguarda l’alimentazione dal punto di vista storico-antropologico: la storia del merluzzo di Mark Kurlansky, per esempio.

Angie: – Qual è il tuo sogno più grande?
Giampaolo: – Non si deve sognare troppo. Ho imparato che se si desidera qualcosa con intensità, si corre il rischio di ottenerla.

Angie: – Cosa ti dicono più spesso?
Giampaolo: – “Va bene, ti faccio assaggiare anche dal mio piatto”.

Angie: – Ti fidanzeresti con una cuoca?
Giampaolo: – Una sola? Perché? Rischierei di annoiarmi.

Melenzane e Pomodori

Angie: – Un piatto della tua infanzia
Giampaolo: – Le melanzane con pomodoro che mia madre chiamava “alla Mac Smith” per farcele mangiare sin da bambini.

Angie: – Oggi si parla di federalismo. Secondo te, esiste anche in cucina?
Giampaolo: – Senz’altro. Ma purché si intenda come: ognuno mangi anche dalla tradizione altrui, non solo il suo.

Angie: – Quale piatto eleggeresti come simbolo dei 150 anni dell’Unità d’Italia?
Giampaolo: – Non mi piacciono i simboli, a tavola meglio la sostanza.

Angie
: – Dopo la cucina Italia, ce n’è qualcuna internazionale che preferisci? Se sì, quale?

bulani, sushi.kidney pie, chicken biryani, tartare

Giampaolo: – Quella della scelta: kidney pie all’inglese, chicken biryani all’indiana, tartare alla francese, bulani dell’Afghanistan, persino sashimi (ma non più di una volta l’anno). Il cinese, per favore, no.

Angie: – Come definiresti il tuo carattere, da un punto di vista prettamente gastronomico?
Giampaolo: – Franco e diretto. L’unica ipocrisia davanti al cibo scadente è la cortesia di smuovere un po’ l’aspetto esterno, così che il piatto sembri lasciato a metà.

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