Magazine Cultura
Giuseppe Russo, classe '72, amante della storia e delle tradizioni locali italiane ed europee, tecnico informatico, web master, scrittore di testi tecnici e dottore in scienze del turismo per i beni culturali cum laude, si dedica da anni alla ricerca storica sulle deturpazioni culturali subite durante i periodi bellici del '900. Proprio a seguito di questa passione, termina il percorso universitario con una tesi che oggi rappresenta la base fondante del suo progetto personale: il recupero dei beni culturali e delle tradizioni locali perse o deturpate durante la Seconda Guerra Mondiale. Impegnato da tempo nel sociale, ha in corso progetti legati alla tutela dell'infanzia che stanno per concretizzarsi in una collana di favole che permetteranno, attraverso la completa donazione dei proventi, la messa in sicurezza di istituti scolastici e strutture di accoglienza per bambini. La sua filosofia è semplice: ricordare il passato per costruire un futuro migliore. Su questo motto continua giornalmente ad impegnarsi per contribuire culturalmente, e anche come volontario di diverse associazioni nazionali, alla rinascita del territorio e dei beni culturali italiani.
Quando hai scoperto la passione per la scrittura?
Penso di averla sempre avuta, ma era principalmente rivolta ai manuali tecnici (elettronica e informatica) e alle attività sul web. Oggi ci sono i social, ma pur non essendo un vecchietto (eheheh) ai miei tempi, che significa quasi gli albori di internet, creavo siti che oggi chiamiamo blog e parlavo alle persone scrivendo articoli, manuali e recensioni tecniche, sui complicati sistemi informatici di una volta.
Qual è stato il tuo primo testo?
Manuale di volo a vista. Un testo per aspiranti piloti di aerei da diporto ad uso di aeroclub e scuole di volo.
Quale genere letterario ti è più affine? Quale invece non riesci a leggere e/o a scrivere?
La storia è nelle mie corde, soprattutto per le testimonianze della mia famiglia. Questi episodi vissuti realmente, mentre molti giovani oggi pensano sia solo finzioni cinematografiche, mi hanno profondamente stimolato e appassionato alla storia del '900. Assolutamente non riesco a leggere le storie romantiche. Sono un uomo pratico e amo le storie vere. Per logica, non sono in grado e non potrei mai scrivere romanzi. Preferisco raccontare, come detto, storie vere analizzando la realtà dei fatti con la ricerca storica, le testimonianze e le documentazioni disponibili (video, foto, protocolli e comunicazioni).
Come è stato il tuo percorso verso la pubblicazione?
Ho esaminato tanti siti e soluzioni. Poi, con la consapevolezza di non volere alcun bavaglio, ho scelto la rischiosa e onesta strada dell'autopubblicazione. Qualche volta da soli è meglio!
Come è nata l’idea de I caduti di pietra? Cosa ti ha ispirato?
Davvero lunga la risposta. Cerco di sintetizzare, ma sicuramente ometterò parti importanti. La storia vissuta da mio padre durante i bombardamenti, e lo sbarco alleato in Sicilia, è stata parte fondamentale del coinvolgimento della mia mente nella guerra. La sua partecipazione alla ricostituzione delle forze armate, le foto nei cassetti, i racconti dei nonni, nonché la gioventù trascorsa nel fantastico parco della Reggia di Caserta hanno contribuito alla passione per l'arte e per la storia. Questa è la base, ma l'ispirazione specifica per scrivere il libro, nonché scegliere quel titolo, è balzata fuori quando ho visto le foto di opere d'arte protette dai sacchetti di sabbia durante la Grande Guerra, ma soprattutto durante la Seconda guerra mondiale. Alcuni gruppi scultorei sembravano esseri impauriti, nascosti dietro una trincea a pregare che una bomba non cadesse proprio sulle marmoree teste. Una scena dalla quale proviene direttamente il titolo I caduti di pietra, proprio perché ho equiparato le nostre statue, i nostri monumenti, le nostre piazze, gli hotel storici, i caffè, etc., a inermi civili caduti durante la guerra, esattamente come gli esseri umani fatti di carne ed ossa.
Quanto c’è di te in questo testo?
Non c'è qualcosa di me, piuttosto di tutti noi. Il libro, come dico sempre durante le presentazioni, apparentemente sembra essere un testo di storia locale, ma è piuttosto un testo di ampio respiro nazionale. Leggendolo, il lettore sicuramente converrà che la Campania divenne presto l'esempio tragico per tutto il resto del Paese, una minaccia alle altre regioni da parte dei nazisti, e, doppiamente, da parte degli Alleati. Ma i lettori dovranno scoprirlo leggendo. Non posso dire tutto qui, no ? Questo non è un testo di microstoria locale, questo è un testo di storia nazionale che esamina in modo diverso la tragica seconda guerra mondiale: la resa dei conti.
Hai mai affrontato il “blocco dello scrittore”? Come lo hai superato?
Nessun blocco, se parliamo di ispirazione. Sicuramente blocchi organizzativi, per questioni di tempo. Infatti ho in corso altri due progetti, di cui uno per i bambini, e sono davvero in crisi organizzativa. I tempi stringono e non riesco a trovare il tempo per completare i vari step.
Cosa vuoi comunicare con il tuo I caduti di pietra?
In primis voglio rendere nuovamente la storia più leggera, vicina alla gente, e quindi meno noiosa. Voglio riportare il testo storico quasi ad una lettura frivola, in modo da far capire ai lettori che la storia è qualcosa che ci appartiene. Voglio raccontare, e racconterò sempre, una storia più vicina alla gente comune. Un esempio ? Nel mio libro scoprirete che il Napoli calcio aveva uno stadio di proprietà, poi perso a causa della guerra. Quando racconto questo episodio, ed i suoi risvolti, nelle scuole di ogni ordine e grado, i ragazzi si entusiasmano e iniziano a seguire tutto il discorso che sviluppo nel testo. Perché ? Semplicemente perché capiscono che parlo di cose comuni, di episodi purtroppo tragici ma riportati come una chiacchiera in famiglia, al bar con gli amici, come un'esperienza da condividere. Ovviamente, almeno in parte, si è costretti a introdurre il contesto politico e bellico, ma in modo molto leggero e veloce. Il testo, principalmente, racconta storie della nostra gente, delle nostre città e dei nostri tesori distrutti, danneggiati e poi violentati dagli eserciti in guerra.
Cosa pensi del Self-Publishing?
Scelta coraggiosa da parte degli autori. Molto di comodo per gli editori. Mi sono ripromesso, se per miracolo il mio lavoro esplodesse nel circuito editoriale, di rifiutare eventuali offerte di editori nazionali, proprio perché è troppo comodo andare a "coccolare l'autore" dopo che s'è fatto le ossa da solo e ha rischiato il collo. Non è una ripicca, è una giusta protesta per riportare l'attenzione sul problema più grande del mondo della lettura: l'assenza di investimenti. Gli editori dovrebbero sforzarsi di ascoltare i "nessuno", invece di cercare solo i "sono qualcuno". Spero di aver reso l'idea.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Come dicevo prima, in autunno pubblicherò un libro di fiabe per bambini basato su alcuni personaggi di fantasia inventati per mia figlia. I proventi delle vendite, augurandomi un certo successo, andranno a finanziare l'acquisto di sistemi salvavita per scuole primarie e asili nido. Essendo rianimatore cardiopolmonare laico con uso del defibrillatore, e volontario di grosse associazioni nazionali, ho pensato a questo progetto per la tutela della salute dei bambini. Il libro di fiabe finanzierà alcune scuole del casertano, portandole a livelli di eccellenza nella sicurezza dell'ambiente scolastico, e nella gestione di gravi emergenze sanitarie come il soffocamento e l'arresto cardiocircolatorio.
Grazie a Giuseppe Russo per averci dedicato il suo tempo. In bocca al lupo e buona scrittura!
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