Come anticipato nell’intervista rilasciata dal CEO di circleme, oggi vi introdurrò nel magico mondo degli investimenti in business plan innovativi.
Prima di tutto andiamo a conoscere meglio la nostra ospite.
Lei è Diana Saraceni e attualmente è general partner nello staff di 360° capital partners.
Prima ancora di ricoprire questo ruolo, ha lavorato a fianco di “Lazard” (nella sezione Investment Banking) e di “A.T.Kearney” (nella consulenza strategica).
Inoltre, ad ora partecipa in diversi comitati, sia a livello nazionale che internazionale, per la selezione e promozione di startup innovative.
Buongiorno Diana,
vorrei affrontare con lei il tema delle startup o meglio l’aspetto legato all’investimento necessario per questa nuova attività.
in primis chiariamo perché ne parlo proprio con lei: di che cosa si occupa?
Dal 2001 sono general partner all’interno del team di 360° Capital Partners: una società di Venture Capital che investe in aziende innovative su tutto il territorio europeo con un track record di oltre 75 investimenti.
Quanta inconsapevolezza c’è in Italia di questa possibilità?
Direi tanta… l’Italia è un paese molto inadeguato: parlando di numeri, vengono fatti 15 volte meno investimenti “venture” che in Francia, un paese che per diversi aspetti ci assomiglia molto. Il capitale investito dai VC in Italia pesa, inoltre, solo l’1% sul totale investito in Europa.
E le banche?
Per fare venture capital è necessario saper valutare le proposte, intuire i potenziali di mercato, esaminare le competenze e le capacità del team. Infine accompagnare le società durante il loro sviluppo. Queste attività non rientrano nel mestiere classico delle banche. Eccezione in Italia è, tuttavia, Banca Intesa che ha un piccolo e innovativo gruppo di Venture Capital.
Se volessimo consigliare un modo per colmare il GAP direbbe che..
E’ necessaria una iniezione di liquidità nel sistema e la consapevolezza del fatto che l’investimento nel venture non è così rischioso come si può pensare. Il rischio di cui parliamo non è di leva quanto di esecuzione, innovazione (seppur valutabile) e tecnologico. Chi investe in una start-up si fa carico di un rischio elevato mentre un portafoglio diversificato di venture capital, composto mediamente da 15 investimenti, è invece poco rischioso.. Perché questo? Perché vi sono all’interno investimenti che vanno bene, mediamente 3/4 e abbastanza bene, solitamente tra i 7 e i 9, che ripagano quelli che non daranno luogo ad un ritorno economico.
Se la sente di consigliare alcuni criteri, di scelta per l’investimento iniziale, a chi si avvicina o chi sta valutando di creare una nuova startup?
Si uno, bisogna consultarsi con tutto il proprio network prima di presentarsi al venture capital. Ricevere feedback è il modo migliore per individuare i punti deboli e consolidare i punti di forza del proprio progetto.
La ringrazio Diana, e assieme a lei anche tutto il team, per la gentilezza e disponibilità.
Nel caso ci fosse qualcuno interessato ad una valutazione del proprio progetto, con Diana, può inviare qui il proprio business plan.
Buon lavoro e alla prossima intervista!
Fonti: 360° Capital Partners