Autore: Mariano Sabatini
Editore: Giulio Perrone
ISBN: 9788860041623
Anno: 2010
Lingua: italiana
Numero pagine: 144
Prezzo: € 11,00
Contenuto: Un ritratto della nostra malandata nazione attraverso i racconti dei giornalisti d’oltreconfine:
“Non è vero che la patria si difende senza discutere; la si difende discutendola, così come è discutendo la nostra società borghese e denunziandone noi stessi i difetti e le debolezze che la si puntella”. Per il principe del giornalismo nostrano, Indro Montanelli, era questa “l’unica manifestazione veramente producente di patriottismo e di solidarietà”. Per un atto di profondo amore nei confronti di questa Italia malandata, Mariano Sabatini è andato in ricognizione di quel mondo parallelo, e per lo più sconosciuto ai lettori italiani, che è rappresentato dai corrispondenti stranieri che vivono nelle nostre città. L’ampia rassegna de L’Italia s’è mesta compone un ritratto sentimentale, o se si vuole emotivo, della nostra nazione attraverso i racconti dei giornalisti d’oltreconfine: qual è stata la prima impressione che hanno avuto arrivando in Italia, come ci vivono, quali motivi di scontento o di entusiasmo li anima; che giudizio danno di Berlusconi e del berlusconismo o dell’invadenza della Chiesa nella politica italiana; se pensano che la sinistra saprà trovare una fortunata via di risalita. Le “firme” di Itar-Tass, Arte, The Herald, Business week, Frankfurter Allgemeine Zeitung, El Mundo, Le Figaro, CNN, BBC, Nouvel Observateur, etc., dicono la loro sulle affezioni del Palazzo; le aberrazioni di una tv sempre più becera, volgare, faziosa; i tagli alla cultura e gli attacchi dei ministri Brunetta e Bondi ai cineasti italiani; il baratro su cui pencolano scuola, università e ricerca italiane… E se davvero l’Italia s’è mesta perché dell’elmo di Silvio s’è cinta la testa avremo, forse, alla fine di questo ideale viaggio anche la medicina per tornare a destarla.
Nell’ambito del Festival della Letteratura 2013 è stato insignito del Premio Città di Giulianova.
Di solito quando ci si trova davanti a una contesa, o a una partita, diamo per scontato che debba definirsi in qualche modo. Non è sempre così.
La disputa politica difficilmente giunge a una sintesi. Da qui il senso di qualcosa di eternamente lasciato in sospeso, il sintomo di un paese fermo da troppo tempo. Tra i due litiganti il terzo, che vorrebbe capire qualche cosa, non gode. Il terzo è la pubblica opinione, l’Italia che s’è mesta, la quale attende tempi migliori per risvegliarsi.
Anzi: più che terzo tra i litiganti, è il terzo incomodo, quello da allevare, da tener buono, dentro una dittatura dolce, per esempio. Gli antagonisti nell’affrontarsi piantano continuamente ostacoli, mettono in gioco tra loro un turbinio di forze di segno contrario, ponendo nel nulla ogni spinta in un senso o nell’altro. In una parola: anche lo star fermi costa. Può risultare efficace a certi fini il promettere e non mantenere.
Noi Italiani tendenzialmente, messi alle strette, scegliamo di non cambiare se questo significa perdere la sicurezza del momento, o una certa posizione di privilegio. Noi stessi, quindi, non partecipando e lasciando fare, siamo parte dello stesso gioco, non si sa quanto inconsapevolmente.
Il ritratto che viene fatto nel libro è molto equilibrato, bipartisan, è una spada di Damocle posta sul capo degli uni e degli altri, su noi Italiani, persi tra destra e sinistra (i due litiganti).
Nel saggio si ricorda che destra e sinistra tendono verso il centro, e qui sta la difficoltà di distinguerle. Non mancano gli esempi.Rassomigliano più a due rette parallele che di certo non si incontrano, ma procedono lungo la stessa direzione. Un po’ come la scena finale di un film di Don Camillo e Peppone (vedi qui) che cercano di superarsi in bicicletta.
Tra le righe si insinua la speranza che non sia estinta l’Italia gentile, quella che ha incantato i giornalisti stranieri un tempo, grazie alla quale non tutto è perduto.
Scritto nel 2010, ho letto questo saggio a ridosso dei referendum sull’acqua e sul nucleare, a seguito dei quali sembrava che noi Italiani ci fossimo destati da una certa sonnolenza. Poi altri eventi si sono avvicendati, come sappiamo. L’ho ripreso in mano in questi giorni, curioso di capire cosa sia cambiato nel corso di questi anni. Da qui l’idea di chiederlo direttamente all’autore:
D. Se pubblicasse oggi “L’Italia s’è mesta”, cosa cambierebbe e cosa lascerebbe inalterato?
R. Lascerei tutto inalterato. Perché il libro è il tentativo, secondo me riuscito, di fotografare il momento storico attorno al centocinquantesimo dall’unità d’Italia. Però aggiungerei un capitolo o due sul fenomeno inquietante del Movimento 5 Stelle. La voglia di cambiare senza avere idea di cosa fare e di come farlo.
D. C’è una via d’uscita al decadimento culturale di cui parla nel libro?
R. Eccome, se c’è. Fare delle scelte coraggiose, liberarci del berlusconismo, del grillismo, e di tutti gli –ismi… Bisogna leggere, studiare, impegnarsi, cercare di capire. Serve tornare a votare con consapevolezza, senza l’illusione di delegare all’uomo forte del momento. È utile impegnarsi nel quotidiano, anche solo per distribuire l’immondizia nei vari contenitori, come si deve.
D. Ha senso parlare oggi di Destra e Sinistra?
R. Certo, anche se i concetti e le posizioni sfumano, si evolvono o si involvono. Anche se serve ridefinire e ritrovare se stessi. L’uguaglianza, la difesa del pubblico, dello Stato, la tutela delle minoranze o delle differenze, l’integrazione sono valori “di sinistra” in cui mi riconosco… Non a caso gli insulti alla neoministra congolese sono venuti da una certa parte politica.
D. A scuola ci hanno insegnato la dialettica hegeliana: nel confronto tra due tesi contrastanti (A e B) si dovrebbe giungere sempre a una sintesi (C). Nella dialettica di tutti i giorni invece si assiste a una lotta senza quartiere finché sul campo una non soccombe all’altra, provocando nei fatti la paralisi. Da cosa dipende?
R. Da una scellerata legge elettorale che a ragione è stata definita “una porcata”. Ma non sono così sicuro che con un’altra legge, oggi, la gente saprebbe superare l’apatia, la sfiducia, la totale mancanza di speranze che non le consente di compiere scelte coraggiose alle urne.
D. Si può uscire da questo impasse?
R. Dirò di più, ne usciremo. Ci vuole tempo, impegno, sacrifici… Inutile illudersi che ci sia qualcuno con la ricetta in tasca, magari incentrata sulla restituzione dell’Imu, che sarebbe presto sostituita da altre imposte con altri nomi.
Grazie.