Rita Charbonnier ritratta da Marcello Norberth
Da qualche anno Rita Charbonnier e io siamo "amici di penna", e ne ho potuto apprezzare la grande vivacità intellettuale e lo spiccato "sense of humor". Autrice di successo, potete leggere la sua biografia cliccando qui.Gestisce un blog, Non solo Mozart, a proposito di "visioni, ascolti e scritture", in cui si possono trovare non solo i post della Autrice ma anche interessanti interventi di "ospiti", come questo.
In quest'intervista, Rita parla del suo ultimo romanzo "Le due vite di Elsa" (Piemme, 2011), una storia ambientata nella Roma fascista. 1. Dopo due biografie romanzate (una su Nannerl Mozart e l'altra su Maria Stella Chiappini), il tuo terzo lavoro "Le due vite di Elsa" ha una protagonista esclusivo frutto della tua immaginazione. Come hai costruito Elsa Puglielli, quanto hai attinto dalle tue esperienze e quanto c'è di pura invenzione?Elsa è nata dal suo doppio e dal suo contrario: Anita Garibaldi. All’inizio immaginavo di scrivere un’altra biografia romanzata, quella appunto di Anita – un grande personaggio storico da alcuni sottovalutato, da altri mitizzato, nel complesso forse non troppo studiato. L’idea di creare un’eroina di finzione che in Anita si rispecchia e che in lei, così diversa, trova qualcosa di sé e del proprio passato, si è fatta strada pian piano. Vi sono confluite diverse suggestioni: il mio interesse per l’era fascista – una macchia nella nostra storia recente che manifesta una straordinaria persistenza, un’epoca della quale alcune persone ancora conservano memorie dirette. L’idea della reincarnazione, come allegoria della connessione che esiste tra gli esseri umani anche al di là del tempo. Il mio amore per il teatro e per le arti. L’interesse per le personalità tormentate, che combattono dure battaglie contro se stesse e il mondo – e vincono!
2. La recitazione sembra avere un ruolo terapeutico per Elsa che, sul palcoscenico, vive un'intensa immedesimazione con il personaggio di Anita Garibaldi, forte, volitiva e bella. Attraverso il teatro la protagonista riesce a superare i propri limiti. E' esperienza comune che gli artisti riescano attraverso loro arte a vivere quasi una sublimazione e ad apparire, spesso, molto diversi da come li conosciamo nella realtà quotidiana. Come attrice ti è mai capitato di subire questa "trasformazione" e quale spiegazione ti sei data?
Ritratto di Anita Garibaldi
Ti risponderò con un aneddoto. In “Victor Victoria” di Sandro Massimini interpretavo la classica pupa del gangster: sulla scena indossavo abiti lunghi, scollati e pieni di paillettes, avevo la parrucca bionda, unghie finte lunghe parecchi centimetri ed ero truccatissima. Una sera, in non ricordo più quale cittadina, dopo lo spettacolo andai a mangiare in un ristorante con i ballerini. A un certo punto si avvicinò un signore che aveva visto lo spettacolo e aveva capito che ne facevamo parte. Alla notizia che la pupa del gangster ero io, mi fissò incredulo e deluso: una ragazzotta pallida e leggermente sovrappeso, con i capelli castani malamente appiccicati alla testa, ingoffata in una tuta da ginnastica anche un po’ sformata. “No, no” ripeteva il signore “non è lei. Non è lei. Non è possibile”. E se ne andò, convinto che gli avessimo raccontato una balla.Ma anche al di là del trucco e degli abiti, che in questo caso creavano un vero e proprio mascheramento, l’attore senz’altro tende – perlomeno l’attore che appartiene a una certa scuola di recitazione – a trasformarsi nel personaggio che interpreta. Abbandona il proprio modo di muoversi, di parlare, e ne assume un altro; cerca di entrare nella mente del personaggio, così da assumere il suo modo di pensare; vi si incarna. E come dice Elsa nel romanzo, questo è il bello della recitazione: ti dà la possibilità di vivere altre vite, così da acquisire una maggior consapevolezza della tua.3. Il tema del "doppio" è un motivo ricorrente nella letteratura e nel cinema. Basti pensare a "La donna che visse due volte" di Hitchcock, o al più recente e forse popolare "Sliding doors". Se dovessi individuare una "tua" Anita Garibaldi chi sceglieresti e perché?Domanda complessa. La prima cosa che mi viene da risponderti è che sceglierei uno dei miei personaggi – perché tutti, in qualche modo, che siano realmente esistiti o meno, sono miei doppi e miei contrari. Credo che in questa affermazione possano riconoscersi se non tutti gli scrittori, almeno la maggior parte. Quando si scrive non si fa che lasciar interagire diverse parti di sé; e solo se lo si fa in modo onesto si può riuscire a essere “universali”.4. Il romanzo "Le due vite di Elsa" è ambientato durante il regime fascista. Come si è svolto e quanto ti ha impegnato il lavoro di ricostruzione storica?In buona parte ho attinto a episodi familiari che mi sono stati raccontati e a usi del tempo che mi sono stati riferiti. Ho letto diversi romanzi scritti o ambientati all’epoca, ho visto film – uno per tutti: “Gli uomini, che mascalzoni…” di Mario Camerini, del 1932, con un De Sica giovane e allampanato e una Milano stranissima, quasi deserta, nella quale circolavano solo tram e biciclette. Poi ho letto le annate 1931 e 1932 della rivista di teatro “Il Dramma” – una miniera di gustose notizie sulla società teatrale dell’epoca. Nel mio romanzo c’è anche, sotto traccia, la questione degli informatori e delle spie nell’Italia fascista, e ho letto interessanti saggi sulla rete di confidenti dell’Ovra, della quale facevano parte anche alcuni scrittori… potrei andare avanti, ma non vorrei dare l’impressione che il lavoro di documentazione sia stato lungo e faticoso. Lanciarsi in un terreno di questo genere non vuol dire mettersi a fare i topi di biblioteca (almeno secondo me). Vuol dire, piuttosto, passeggiare in un campo, godersi la passeggiata e cogliere solo alcuni dei fiori e delle erbe che si trovano.5. Che cosa fa la scrittrice Rita Charbonnier quando non scrive? Vive! Io non vivo per scrivere, anche se è un’attività alla quale tengo molto e che mi rappresenta. Magari cerco di scrivere per vivere. Parecchi anni fa, quando ancora non avevo cominciato a scrivere professionalmente, partecipai a una festicciola; a un certo punto la padrona di casa chiese agli invitati di esprimere un desiderio a voce alta. Io esclamai: voglio scrivere per vivere! E qualche tempo dopo mi ritrovai a scrivere per “Vivere”, la soap opera televisiva. Come dice un proverbio inglese: quando esprimi un desiderio fa’ attenzione, perché potrebbe avverarsi…Come avrete capito nell'attività artistica di Rita, musica, scrittura e recitazione si integrano in un amalgama veramente intrigante.Vi lascio con il video del reading musicale "Le due vite di Elsa":