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- Pubblicato Friday, 31 May 2013 12:35
Letteratura Horror ha avuto l'opportunità di intervistare Luca Filippi che sta riscuotendo un buon successo di critica e pubblico con il suo ultimo romanzo “Il labirinto occulto” (primo nella top ten IBS tra i Gialli Storici) dedicato, ancora una volta, alla figura dello speziale Tiberio di Castro, protagonista già dei tre libri precedenti I diavoli della Zisa, L’arcano della Papessa e Sangue giudeo, tutti editi con Leone Edizioni.
D) Luca Filippi, da poco è uscito in libreria il tuo nuovo romanzo Il labirinto occulto e subito ha riscosso un ottimo riscontro di vendite e pubblico, qual è il segreto di questo successo?
R) Magari ci fosse “una ricetta segreta”, capace di determinare il successo di un libro! Il labirinto occulto ha avuto un buon avvio, ma di solito è impossibile comprendere che cosa susciti l’interesse dei lettori nei confronti di un romanzo appena pubblicato. Mi piacerebbe pensare che questa risposta dipenda dal legame che, con i precedenti romanzi, ho costruito con alcuni lettori, che continuano a seguirmi con interesse. In parte, forse, ha giocato un ruolo l’immagine di copertina, che riesce a connotare il carattere del libro, con le sue sfumature esoteriche. In ogni caso, speriamo che il passaparola e le recensioni continuino a sostenere il romanzo…
D) Ancora un romanzo thriller-storico dopo i primi tre della saga di Tiberio di Castro. Come mai hai scelto di dedicarti a questo genere?
R) Me lo chiedo spesso anch’io: perché proprio questo genere? Credo che ci siamo scelti a vicenda, il romanzo storico e io, per una questione di attitudine naturale (mi risulta più semplice, spontaneo, scrivere del passato) e forse perché, come ho scritto anche altrove, la Storia fornisce un paravento dietro il quale l’Autore può nascondersi, può celare una parte di sé. E infine, c’è una altra ragione: io scrivo solo libri che mi piacerebbe leggere. Il thiller storico è il genere di lettura che prediligo anche come lettore.
D) Chi è Tiberio di Castro? A chi ti sei ispirato per questo personaggio?
R) Potrei rispondere come Flaubert: “Tiberio di Castro c'est moi!”. Ma sarebbe vero solo in parte. Esiste sempre una forte identificazione tra Autore e personaggi, non solo con il protagonista, ma con tutte le figure, anche quelle secondarie, che si muovono all’interno di una vicenda. È l’Autore che vede attraverso gli occhi del buono e del cattivo, che sente odori e profumi, che soffre per una ferita inferta in battaglia, o si strugge per un amore impossibile. Naturalmente, esistono dei limiti in questo processo di identificazione: una volta plasmati, i personaggi si caratterizzano e prendono una vita propria, in base alle scelte e alle esperienze che accadono nei romanzi. Quindi, Tiberio ha molto di me, specie del “me” più giovane: è medico, ha un approccio razionale agli eventi, ha deciso di dedicarsi anima e corpo alla studio della Medicina. Poi, però, lo speziale deve confrontarsi con i suoi tempi, le sue avventure e i suoi amori: tutte cose che affronterà con lo spirito e le conoscenze di un uomo del Cinquecento.
D) Il medioevo periodo affascinante, ma anche 'tremendo' buio e incerto. Cosa ti ispira di più di quell'epoca storica?
R) Il periodo medievale e rinascimentale offrono ai romanzieri storici una vasta gamma di possibilità. Si tratta di epoche dominate dall’incertezza, dai conflitti, in cui la fede religiosa si ammantava di profondissime superstizioni. C’era la lotta tra il potere temporale e quello spirituale, pensiamo a Bonifacio VIII e il suo violento conflitto con il re di Francia, Filippo il Bello. E poi c’erano le malattie, per le quali non esistevano (o quasi) rimedi efficaci: come la peste nera che decimò l’Europa nel XIV secolo, e che veniva ritenuta opera del demonio. O la sifilide, che fece la sua comparsa durante il regno di papa Alessandro VI, e che afflisse principi, imperatori e anche le più belle dame del Rinascimento. Il materiale è tanto vasto e affascinante da offrire infiniti spunti narrativi.
D) Tu sei laureato in medicina, Tiberio è uno speziale...non è un caso. Credi che sia importante scrivere di qualcosa di cui si conosca bene?
R) Penso che sia essenziale. È una regola che cerco sempre di rispettare per non scivolare nel pressapochismo. A volte basta un particolare dissonante, una data sbagliata, per infrangere la cosiddetta “sospensione della credulità”, ovvero quel particolare stato di coscienza che porta il lettore a immergersi nelle avventure di un romanzo. La ricerca della verosimiglianza, e in particolare della verosimiglianza storica, è dunque fondamentale per evitare che qualcuno chiuda il libro alle prime pagine. E bisogna ricordarsi che i lettori sono e devono essere esigenti. Per cui non si possono mettere in tavola patate e pomodori in una corte europea, se la vicenda è ambientata prima della scoperta dell’America. Così come non si può citare un monumento o una costruzione che ancora non è stata realizzata. Bisogna stare attenti: l’errore è sempre in agguato.
D) Chi è il tuo maestro? A chi ti ispiri?
R) I miei riferimenti sono molti. Sono sempre stato un lettore onnivoro, ma alcuni Autori hanno lasciato il segno più di altri. Tra gli stranieri: Ken Follett, su tutti, per la capacità di creare storie avvincenti e romanzi storici indimenticabili come I Pilastri della Terra. Di Follett ammiro la semplicità nella scrittura, la capacità di essere lineare e nello stesso tempo di arrivare al lettore in modo chiaro e intenso. Noi italiani, a volte, tendiamo a indulgere nella bellezza stilistica e ci dimentichiamo di essere diretti. Altri scrittori a cui devo molto: Giulio Leoni, con il suo Dante Alighieri investigatore e il bellissimo La regola delle ombre, e Danila Comastri Montanari con i suoi romanzi ambientati nell’antica Roma. Ma se dovessi individuare un vero e proprio “Maestro”, la scelta cadrebbe sulle sorelle Elena e Michela Martignoni, autrici del celebre Requiem per il giovane Borgia. Con le sorelle si è instaurato un rapporto di reciproca collaborazione e da loro ho imparato a non essere verboso, a non creare dialoghi “artificiosamente” antichi, a rendere più agile il periodo. Il romanzo storico è un equilibrio difficilissimo tra l’epoca da cui si racconta e l’epoca in cui si ambienta la storia. Un passo falso, e l’incanto svanisce.
D) Il genere thriller-storico sembra aver assunto nuovo vigore ultimamente con una produzione veramente importante sia in Italia che nel mondo. Cosa ne pensi? A chi o cosa addebiteresti questo successo?
R) Penso che il thriller storico sfrutti la carta vincente di un genere ibrido: la suspense del thriller coniugata al fascino della Storia. Chi legge un romanzo storico vuole viaggiare nel tempo, visitando le corti rinascimentali, le domus dell’impero romano o le trincee della Seconda Guerra Mondiale. Ma se alla ambientazione storica si unisce il brivido del delitto, allora l’alchimia può essere perfetta e tenere incollato il lettore alla pagina fino all’ultima riga.
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