Intervistiamo oggi Giuseppe Casa, autore – tra le altre case editrici – per Rizzoli, Baldini&Castoldi, Transeuropa.
Ciao Giuseppe, prima di tutto grazie per aver accettato la nostra intervista. Partiamo con le domande, volte, ognuna di esse, a restituire al lettore un tuo fedele ritratto.
1) Muoviamo da alcuni tuoi titoli, “Veronica dal vivo”, “In questo cuore buio”, “La notte è cambiata”, arrivando sino a “Pit bull”: come s’è evoluta la tua prosa in questi anni (da fine anni Novanta a oggi)? Quali ossessioni – se così possiamo chiamarle – hanno guidato la stesura delle tue opere?
R. “Veronica dal Vivo” è una sorta di zibaldone di cronache degli anni Novanta da cui spesso attingo a piene mani per sviluppare nuove storie. All'interno del quale c'è di tutto, c'è anche molta confusione. In questo primo libro tento di muovermi tra generi che vanno da l'horror-pulp alla fantascienza, dal racconto d'inchiesta alle denunce sociali, che però mantengono sempre il tono della parodia, del grottesco e del burlesco. Ecco, credo che il grottesco e il burlesco siano alcune delle caratteristiche della mia prosa. Ossessionata, se così si può dire, più dallo stile che dai contenuti, più dal lato oscuro delle umane vicende che dal potere di redenzione di un messaggio. Cerco sempre qualcosa di nuovo o di diverso da dire. È una mia priorità. Odio, per esempio, i personaggi seriali, alla Montalbano, tanto per intenderci, che fanno sempre le stesse cose. Capisco che molti lettori siano pigri e si trovino bene a sguazzare in un romanzo all'interno del quale i conti quadrano; il bene vince sempre sul male, l'assassino viene punito e il gattino salvato, ecco, le mie storie non sono interessate da questi tipi di lettori. Però una cosa ci tengo a dirla. Io non mi drogo.
2) C’è chi in passato ha sostenuto che scegliersi dei maestri significa, in qualche modo, divenir parte di una determinata tradizione, consentendo a essa di continuare a vivere. Quali scrittori (o più in generale, intellettuali) sono stati, o sono tutt’oggi, centrali nel tuo percorso?
R. Credo che all'inizio ogni autore si sceglie dei maestri. A me influenzavano molto Bukowsky, Céline, Beckett, Poe. Oggi non posso più dire che siano i miei autori di riferimento, ma la loro poetica è comunque alla base delle tematiche scelte da me per scrivere una storia. Il mio interesse si è spostato su altri fronti, su altri autori, magari meno importanti, ma che esplorano nuovi punti di vista nel romanzo, che è poi quello che a me interessa. Per esempio, ho ripreso a leggere Diabolik, chi scrive può imparare molte cose dai fumetti, per esempio, il dono della sintesi, anche da Topolino o Braccio di Ferro.
3) Nel corso degli ultimi dieci anni (anno più, anno meno) hai pubblicato con grandi e autorevoli case editrici (penso a Rizzoli, a Baldini&Castoldi, a Mondadori) e anche con editori più piccoli, indipendenti ma altrettanto prestigiosi (penso a Transeuropa, a Stampa Alternativa)… cos’è cambiato, a tuo modo di vedere, nell’editoria di questi ultimi anni? È giusto parlare di un mercato sempre più in crisi, a causa della mancanza di idee?, oppure le idee ci sono, ma a mancare sono i mezzi per poterle realizzare?
R. Negli anni '90 i grandi editori erano già delle multinazionali, ma le piccole e medie case editrici, le riviste cartacee, qualche iniziativa culturale come “Ricercare”, per fare un esempio, avevano ancora una loro funzione, facevano un po' di ricerca e credevano nelle potenzialità di un autore già dai primi racconti pubblicati. Succedeva di essere notato da qualcuno. Oggi tutta l'editoria vive il suo pieno medioevo. Il 90% dei libri che trovi in libreria è spazzatura. La biografia del cantante, quella del calciatore, la velina che si confessa, “il romanzo di contenuti”, dice qualche editor sciroccato, appena assunto in qualche casa editrice. Un modo come un altro per seguire una moda, che è quella del romanzo d'inchiesta, o del poliziesco d'inchiesta o del romanzo “d'informazione”, come lo chiamo io. Dove non occorre un autore, né tanto meno il romanziere, ma di volta in volta un tecnico (come nel nostro governo), l'avvocato, il giudice, l'ex poliziotto, il magistrato, il contadino, l'alpinista, ecc., affiancato a un editor che assembla tutto il materiale e lo impacchetta con un bel fiocco pronto per la vetrina. Questo si chiama mercato. Ognuno di questi libri vive il suo tempo, che corrisponde più o meno a un paio di mesi in libreria. L'editore ha guadagnato qualcosa e, mettiamo, l'alpinista ha avuto il suo momento di celebrità. È scoraggiante. Si può solo sperare che le cose cambino presto e l'editore torni a fare l'Editore, con la “e” maiuscola. Ma è inutile lamentarsi, le cose stanno così, gli editori sanno bene quello che fanno. Spero solo che gli vada male. Anche il mercato delle auto è in netto calo. La gente deve imparare a capire come spendere meglio i soldi.
4) Nella tua produzione spicca, tra le tante pubblicazioni, la partecipazione a “I persecutori”, storica antologia – diciamo così per brevità – edita da Transeuropa nel 2007. Vuoi raccontarci qualcosa di quell’esperienza?
R. L'idea parte dal pensiero di René Girard dove dice che “l'uomo è un animale che desidera il desiderio degli altri.” (desideri mimetici), dove si profila la figura del “capro espiatorio”, a partire da questa traccia il libro raccoglie racconti che danno voce a personaggi che spesso ritornano nella sequenza delle storie come in un concept-album musicale, dove vittime e carnefici compongono un'unica avvincente storia, che è poi l'esistenza umana. Credo comunque che la narrativa non abbia bisogno di teorie, sebbene come trovata per farne un'antologia mi sembra ottima.
5) Qualunque discorso sullo stato odierno della scuola italiana, fatto in questa sede, risulterebbe troppo sbrigativo e quindi incompleto. Vado dunque su una domanda mirata: dato il rapporto che intrattieni con i tuoi studenti, quale potrebbe essere un modo per avvicinarli maggiormente alla lettura/letteratura?, forse internet e le “nuove” tecnologie potrebbero fornire nuove armi per il raggiungimento di questo scopo?
R. Leggere un bel libro rimane una figata, e non credo che Internet sia utile in questo senso e se l'ebook avrà successo è ancora tutto da dimostrare. Interessanti sono invece, a mio avviso, gli incontri con l'autore che si fanno in alcune scuole dove un autore mette in piazza, diciamo così, le sue conoscenze, la sua esperienza di scrittore, e i ragazzi possono fare delle domande sulla scrittura o da dove nascono le storie o come si fa a trovare un editore. Io personalmente ho fatto un incontro al Feltrinelli di Milano ed è stata davvero coinvolgente come esperienza, da entrambi le parti. Questi eventi andrebbero incoraggiati, allargando gli inviti anche agli scrittori di genere, perché per i ragazzi può essere molto più stimolante sentir parlare di un noir o un thriller che parlare dei “Promessi Sposi”.
6) Mi piace concludere ogni intervista lasciando un piccolo spazio all’intervistato per parlare dei suoi progetti futuri, per far sì che lui possa farci capire a cosa sta lavorando, per far sì che lui possa lasciarci intravedere quali saranno le sue nuove pagine che potremo leggere.
R. Anticipo l'uscita di un mio lungo racconto per un ebook collettivo presso Atlantis/Lite, che ha ideato una sorta di atlante letterario in cui ogni autore viene invitato a scrivere una storia che ha come sfondo una città. Poi, ho alcuni romanzi in attesa di pubblicazione, ottime storie per quanto mi riguarda, su cui non posso dire molto finché non troveranno una destinazione seria.