Per quanto se ne dica – nel bene e ne male – il fantastico è parte fondamentale della letteratura italiana e non dei nostri anni. Questa affermazione non deriva solo dai numeri di vendite o dall’ecosistema cinematografico che ruota attorno al fantasy, ma anche al fatto che il genere è da tempo oggetto di studi e di tesi universitarie, in ogni sua declinazione (a tal proposito, in merito all’urban fantasy, se ne parlerà al panel di domenica prossima al Mantova Comics & Games).
Per la terza volta ho avuto il piacere di lasciare un mio piccolo contributo in una tesi universitaria. Vi posto quindi l’intervista nella tesi di L.De Angeli, dove assieme a me hanno risposto anche due illustri colleghe: Licia Troisi e Cecilia Randall.
1)Secondo la sua esperienza le tematiche principali della letteratura fantastica, ed in particolare del genere fantasy, hanno una valenza educativa e-o una funzione pedagogica? Quale?
FF- La valenza educativa-pedagogica può essere una particolare caratteristica della letteratura fantastica, ma non la sola possibile. Il genere letterario di per sé è una veste per raccontare una storia, e si declina in mille sfumature, tante quante sono i sottogeneri del fantastico. Nulla vieta che un romanzo fantasy sia puramente d’evasione, oppure si concentri su una storia d’amore, di epica, di gloria o di dramma personale. Una parte del fantastico, specialmente quello rivolto a un target più giovanile, può essere uno strumento di istruzione anche grazie all’uso della metafora. Basti pensare ai romanzi di Calvino o del più contemporaneo Michael Ende.
LT- Sicuramente la letteratura fantasy è un’ottima testa d’ariete per avvicinare i giovani alle lettura. Più di una volta i miei lettori, o i loro genitori, mi hanno detto di essere stati introdotti al piacere della lettura proprio dalle mie storie. Il fatto che si tratti di racconti in cui la fantasia ha un ruolo molto importante, che i protagonisti siano spesso adolescenti, che il divertimento sia uno dei fini delle storie e l’affinità con la fiaba, fa sì che il fantasy sia uno dei generi migliori per iniziare a leggere.
CR- Il fantasy può diventare uno strumento potente con cui riflettere sull’uomo o sulla realtà contemporanea attraverso analogie e metafore, ma io penso che sia solo l’autore a decidere se dare ai suoi scritti una valenza sociale, educativa o pedagogica, come in qualsiasi altro genere. Non è connaturata al fantasy in sé.
2) se si, Le opere fantasy, assolvono alla loro funzione sociale e pedagogica solo per un determinato target di utenti? (es. ragazzi dai 5 a 8 anni; da 9 a 11; da12 a 14 anni)
FF- In primis, non si smette mai di imparare, l’istruzione e la crescita personale di certo non finiscono a 14 anni. Dipende dal libro che ci accingiamo a leggere: pensiamo ad esempio al Piccolo Principe, è il tipico romanzo multilivello che, letto a età diverse, svela significati profondi e complessi. Libri simili ce ne sono a bizzeffe, un altro esempio può essere L’Albero di Shel Silverstein, e la struttura della fiaba in generale. Troppo spesso i lettori adulti tendono a ignorare la letteratura fantastica, anzi a snobbarla, ritenendola qualcosa di adatto esclusivamente a un pubblico giovane. Nulla di più sbagliato.
LT- Per quel che riguarda la funzione che ho illustrato più su, sì, in generale è una funzione che viene assolta principalmente per un target giovane. Ad esempio, i miei libri sono venduti dall’editore per un pubblico dagli undici anni in su, quindi in qualche modo sono indirizzati principalmente agli adolescenti. Per quel che riguarda il pubblico adulto, non parlerei propriamente di funzione pedagogica: i fantasy, come tutti i libri, sono portatori di una serie di messaggi legati al vissuto e alla sensibilità dell’autore, messaggi che vengono poi reinterpretati e metabolizzati dai lettori.
CR- Credo che ci sia un fantasy per tutti: bambini, ragazzi e adulti. Anche in questo caso, dipende solo dalla volontà dell’autore scrivere una storia rivolta a un particolare pubblico piuttosto che a un altro. Il fantasy in sé non esclude nessun lettore, è il modo in cui viene trattato il tema che fa la differenza.
3)Che tipo di medium dovrebbe essere utilizzato per aumentare l’efficacia educativa?
FF- Senza dubbio il libro cartaceo è lo strumento di partenza. L’educatore o l’insegnante deve però imparare a far amare la lettura. Solo così i classici potranno essere apprezzati senza essere percepiti come qualcosa di imposto. Perché no, si può affiancare la nuova tecnologia ai libri cartacei, come gli ebook,i libri interattivi (iPad), internet e i videogiochi. Ricordiamoci per esempio i libri game, scomparsi da un decennio, avevano la stessa finalità. Oppure l’enorme successo de “Il diario di una schiappa”, che invoglia alla lettura intercalando lo scritto al fumetto.
LT- Il successo del fantasy negli ultimi anni lo ha portato ovunque, sugli schermi del cinema e della televisione, nei cartoni animati, nei videogiochi, però io ritengo che l’efficacia educativa (se è nelle intenzioni dell’autore) sia maggiore là dove non ci sono strabilianti effetti speciali a distogliere l’attenzione dal messaggio, quindi nella parola scritta di romanzi e racconti.
4) Ha informazioni di realtà / esperienze educative in cui vengono utilizzati i libri fantasy? (scuola primaria..)
FF- Per esperienza personale i miei libri di genere fantastico sono stati adottati da scuole elementari e medie. I ragazzi hanno seguito un percorso di lettura durante l’anno per poi concludersi con un paio di incontri con l’autore.
LT- Spesso fanno parte di antologie; in questo caso servono più che altro ad illustrare il genere e ad avvicinarvi il lettore.
CR- Per quanto riguarda i miei romanzi, so che sono stati usati in alcune scuole medie e in almeno una superiore, come libri di lettura nelle discipline di storia e italiano. Io ricordo di aver letto alle elementari “La collina dei conigli” di Richard Adams (ancora il mio libro preferito), oggi classificato come fantasy.
5) Se si; dove e con che risultati ?
FF- L’entusiasmo dei ragazzi era alle stelle e tutti, anche i più restii, avevano letto i miei libri. È un modo per invogliarli alla lettura, senza che il romanzo sia percepito come un’imposizione. Molti di quei ragazzi, poi, hanno continuato a leggere.
LT- Non ho notizie circa l’efficacia di tale approccio.
CR- Questo non saprei dirlo.
6) Utilizzare strumenti fantasiosi, come la letteratura fantasy, per la formazione del giovane non corre il rischio di fuorviare con pensieri troppo irrazionali?
FF- Irrazionale è privare i ragazzi della dell’immaginazione. Tutti siamo stati bambini e adolescenti fantasia e. Tutti abbiamo sognato. Anzi, si sta verificando proprio l’opposto: sono gli adulti che si avvicinano alla letteratura fantastica proprio perché sentono il bisogno di sognare e di evadere dalla realtà odierna. I ragazzi sono lobotomizzati dalle console di videogiochi, tramite internet possono accedere facilmente a una realtà troppo spesso priva di filtri. Il romanzo fantastico è una veste che può essere evasione, ma anche ponte per accompagnarli verso l’età adulta.
LT- Assolutamente no. Mondo fantastico non significa affatto mancanza di coerenza e logica interna, anzi: i mondi “altri” hanno semplicemente regole diverse dai nostri, ma le situazioni nei quali i personaggi si trovano calati, al netto dell’ambientazione, sono le stesse nelle quali ciascuno di noi può trovarsi. I libri fantasy, se ben scritti, allenano al pensiero critico né più né meno dei libri di qualsiasi altro genere.
CR- Considerando che sono cresciuta con Pinocchio, le fiabe del fratelli Grimm, l’Odissea, l’Orlando Furioso e le leggende della Tavola Rotonda, direi proprio di no!
7) Il sistema di valori tipici del protagonista della narrativa fantasy, è un insieme di accezioni a cui l’uomo ambisce da sempre e che istintivamente sono ritenute giuste e meritevoli, si può affermare che leggere di queste virtù sia una “necessità” per il lettore?
FF- Questo spiega il successo dell’high fantasy epico – come il Signore degli Anelli –, il fantastico tout court – come Harry Potter – o il paranormal romance – come Twilight. In questi libri, seppure con differenze colossali, sono rappresentati valori ai quali il lettore aspira. Il bene, con netta separazione tra bianco e nero, e la battaglia epica per raggiungerlo è il cardine dell’opera tolkeniana, così come il protagonista antieroe, un ragazzo qualsiasi come Frodo o Harry Potter, spinge all’immedesimazione del lettore medio, che avverte la possibilità di poter raggiungere – seppur nella coscienza di essere privo di doti speciali – mete lontane e valori alti. Oppure la ragazza né bella né brutta, che però riesce a conquistare il tenebroso principe azzurro, come Bella di Twilight. Queste, a maggior ragione oggi, sono le motivazioni dei successi editoriali. La ricerca di quei valori sempre più difficili da raggiungere, il timore di sentirsi incapace di affrontare delle sfide e di non avere i requisiti adatti o di deludere le aspettative.
LT- Certo. Credo che anzi buona parte della fortuna del genere sia da addebitarsi proprio al fatto che recupera quella dimensione “ideale” dell’esistenza che in qualche modo la nostra società tende a negare. Viviamo in tempi in cui il cinismo e l’indifferenza la fanno da padroni: il fantasy insegna invece che è
possibile, anzi necessario, credere in qualcosa, e che il singolo può comunque fare la differenza.
CR- Forse sì, se si considera che per la maggior parte questi valori sono gli stessi che ritroviamo nell’epica e nel mito, quindi in narrazioni che accompagnano l’uomo da tempi antichissimi e che non hanno mai smesso di esercitare il loro fascino.
8) Quale è l’importanza dell’apprendimento per analogia?
FF- Ragionare per analogia comporta l’astrazione di dettagli e di particolari problemi che possono essere risolti grazie a somiglianze strutturali con qualcosa di già noto. Il genere fantastico e la fiaba calzano a pennello con questo tipo di apprendimento perché, per l’appunto, grazie all’uso della metafora e di altri fattori strutturali semplificano il concetto e rendono più semplice l’acquisizione di determinati concetti.
LT- Sicuramente elevata; confesso, in ogni caso, che in quanto scrittore sono più interessata a cercare di rendere più chiaro possibile il messaggio che mi prefiggo di veicolare con le mie storie, piuttosto che alle implicazioni pedagogiche, le quali ritengo pertengano maggiormente a chi educa (insegnanti e genitori). Credo stia a loro trovare usi “pedagogici” di quel che scrivo.
CR- Non sono un’esperta in materia, ma credo che sia molto utile, specie quando si tratta di riflettere su argomenti e situazioni particolarmente complessi o perturbanti. Inoltre è un meccanismo istintivo, naturale per tutti noi, stabilire connessioni e analogie tra ciò che conosciamo e ciò che ancora ci è ignoto, perciò suppongo che sia particolarmente efficace.
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