Interviste: Babette Brown

Creato il 17 dicembre 2014 da Babetteleggepervoi
Non mi sono montata la testa, non ho intervistato me stessa (però, quasi quasi ci faccio un pensierino...).Questa volta è Dario Villasanta che si è assunto l'onere (lui ha parlato di "onore") di intervistarmi per il suo ottimo blog.

Ci siamo premurati d’intervistare vari autori/trici per chieder loro un’opinione sulle diverse sfaccettature dell’editoria e dello scrivere italiano in genere, ma chi si premura di intervistare i lettori?Volevo sentirne il polso, parole che fluissero da una militanza appassionata tra le pagine dei libri dalla parte di chi fruisce di arte senza per forza doverne fare anche un mestiere. Originale e vulcanica, con il raffinato sense of humor che la contraddistingue  Babette Brown (nome d’arte) è una sintesi di tutto quel che cercavo, lettrice appassionata e giudice implacabile, nonché blogger e recensitrice, tutto questo per puro diletto, senza protagonismi e senza conformismi che la legano a stereotipati stilemi che a noi non servono per ciò che vogliamo fare qui: una disamina serena e il più possibile oggettiva della letteratura italiana di oggi, in tutte le sue sfaccettature, vista dalla parte appunto di chi legge.
1)  Babette, in che condizioni versa l’editoria italiana? Che è in crisi si sa ed è fisiologico, ma c’è chi afferma che è una specie di casta che alla lunga farà morire l’arte letteraria italiana. E’ troppo tragica questa visione o c’è qualcosa di vero?Tralascio i soliti conti della spesa, tragicomici. Siamo il Paese in cui viene definito “forte lettore” colui che legge un libro al mese. Su questa base, si muovono gli editori che, non dimentichiamolo, vendono libri. Non si occupano di opere di bene. Un bel libro viene pubblicato solo se c’è la speranza (fondata) di venderne un buon numero di copie. Lo stesso per un libro mediocre, ma che risponde ai bisogni (indotti?) dei lettori e del momento. E che, quindi, promette lauti guadagni. Un ottimo battage pubblicitario, un autore di piacevole aspetto, interviste alla TV: si costruisce un autore, salvo poi abbandonarlo in vista di un più lauto affare.Una casta? Forse per quanto riguarda le grandi Case Editrici, quelle che fanno il bello e il cattivo tempo in questo mondo così spietato. Quelle che sanno veicolare i gusti del pubblico con sapienti campagne pubblicitarie. Le piccole e medie Case Editrici debbono affidarsi più alla qualità e meno alla promozione.2)  Cosa non funziona o non ti piace nell’editoria italiana e perché?A caldo, senza pensarci troppo? La prima cosa che mi viene in mente è il poco coraggio: si va troppo sul sicuro. Del resto, torno alla prima domanda, a costo di ripetermi: il libro è un prodotto e come tale viene trattato. Poco nobile? Certo, ma i soldi son soldi. E senza un adeguato patrimonio, qualsiasi Casa Editrice va a carte quarantotto. La seconda è l’esterofilia: fatti salvi i soliti nomi noti, ho visto che spesso si preferisce un autore straniero che presenta un libro mediocre a un autore italiano con un romanzo di buon livello. Terzo (e ultimo, altrimenti finiamo fra sei mesi): le serie interrotte. Mi riferisco a generi letterari di nicchia, ma che sono molto amati: urban fantasy, fantasy, Young Adult. Sono titoli innumerevoli, anche di autori famosissimi. I lettori si sentono abbandonati, traditi. Si salvano solo coloro che leggono abitualmente in inglese e che, da tempo, hanno abbandonato le serie tradotte in italiano per rivolgersi esclusivamente al mercato anglo-americano.3)  Gli autori che ruolo hanno in tutto questo, soprattutto i nuovi?Un autore nuovo è, senza mezzi termini, “ostaggio” della Casa Editrice. Non dobbiamo meravigliarci, l’editore punta su un nuovo cavallo da corsa somme non indifferenti: promozione mediante copie-omaggio, interviste sui vari mezzi di comunicazione, incontri autore-lettori. Ovvio che i contratti siano molto vincolanti. Ovvio che le Case Editrici siano continuamente alla caccia di nuovi autori, da arruolare. E da abbandonare, se al primo romanzo vendutissimo, ne segue un secondo non all’altezza. La file degli aspiranti è lunga, basta calare l’amo e una buona pesca è assicurata.Un autore tende a limitarsi a un genere, quello che gli è congeniale e che vende, e fin qui il problema è relativo, se continua a sfornare buoni libri. Il guaio nasce quando segue l’onda del momento e s’improvvisa: ecco quindi che uno scrittore di ottimi thriller si mette a scrivere rosa contemporaneo o erotico. Generalmente, quando accade, mi tengo alla larga dal nuovo “parto”.4)  L’offerta dei cataloghi incontra realmente i gusti dei lettori, o c’è l’esigenza di essere più guidati negli acquisti?L’idea di essere guidata negli acquisti mi fa cagliare i denti da latte. Mi piace esplorare, comprare un po’ alla cieca, anche quando so che il libro che sto scegliendo non mi soddisferà. Masochismo, certo. Proprio per evitare salassi, mi dedico all’acquisto di e-book, che hanno (non sempre, purtroppo) prezzi migliori rispetto al cartaceo. Cataloghi sterminati se li possono permettere pochi editori. I soliti nomi, non li faccio nemmeno. Le Case Editrici piccole e medie, c’è stata la fiera al Palazzo dei Congressi di Roma proprio in questi giorni, devono calibrare attentamente l’offerta. Il flop di un libro sul quale avevano puntato molto può creare loro seri problemi.  Detto questo, trovo un appiattimento generale sulle solite tematiche, quelle che vendono: l’erotico, tanto per fare un esempio, continua a fare strage, perché i lettori lo chiedono e gli editori sperano di ripetere il boom delle famose / famigerate “Sfumature”. Nel mucchio, comunque, è diventato difficile trovare un buon testo. Più facile imbattersi in cloni di cloni di cloni. Il Romantic Suspense, veicolato da alcune buone traduzioni, ha trovato un pubblico attento nel nostro Paese. Si tratta di un genere che attira lettori e lettrici, per una volta tanto d’accordo su romanzi che mescolano spy story o thriller o poliziesco con una storia d’amore abbastanza hot. Alcune Case Editrici stanno lanciando anche autrici nostrane, un nome su tutte quello di Monica Lombardi, veterana del genere. O quello di Elena Taroni Dardi che, invece, è una novellina agguerrita al secondo volume di una serie.5)  Self publishing: risorsa dell’offerta o mera carezza alla vanità di presunti autori? Nel caso sia una risorsa, come indirizzarlo verso il pubblico nella maniera più consona se esiste?Entrambe le cose. Nel mondo sterminato del self publishing troviamo di tutto: obbrobri sgrammaticati (di solito, con recensioni entusiaste e pioggia di stelline) e piccoli capolavori. Le Case Editrici tengono d’occhio questa galassia, nella speranza di trovare romanzi di pregio. Che non mancano. Ci sono autrici americane che si dedicano esclusivamente al self publishing e parlo di scrittrici da milioni di copie, non di absolute beginners. Non credo che “qualcuno” possa indirizzare il pubblico verso questo tipo di editoria, proprio perché la stragrande maggioranza dei lettori non ha dimestichezza con gli e-book, che coprono appena il 3% del mercato. Recensioni e sinossi non servono o non bastano. Occorre fiuto, ma questo non sempre aiuta anche il lettore più accorto a evitare la classica fregatura. In soldoni, se trovi un autore valido, lo segui e comunichi questa scoperta agli altri. I blogger, per esempio, sono un ottimo veicolo per questo tipo di libri.6)  Il luogo comune del momento vuole che ci siano più scrittori che lettori oggi in Italia: credi sia vero?L’impressione è quella. Fino a poco tempo fa pensavo che gli Italiani si sentissero in grado di ricoprire con successo i ruoli di ministro dell’istruzione e di commissario tecnico della nazionale di calcio. Adesso, comincio a temere che molti, troppi, siano serenamente convinti che scrivere un libro sia alla portata di tutti. Hai mai pascolato nei campi sterminati di Amazon? Nel mondo dei romance a 0,99? Fai indigestione, te l’assicuro.7)  Spiegaci il perché del successo del romance. Tu stessa in un’intervista confessasti di averlo snobbato molto tempo fa, come hai compiuto il passo verso il genere e perché?Sapevo che sarebbe arrivato il momento delle confessioni. Snobbato, sì, nella convinzione che fosse un genere letterario figlio di un dio minore. Abituata ai classici (l’opera omnia di Shakespeare mi fu regalata per il 16° compleanno, tanto per dire i gusti casalinghi), poi a letture adatte al lavoro che ho svolto per una vita, ho dato qualche occhiata distratta al mondo del romance. La pensione è stata la svolta: voglio leggere qualcosa di leggero, mi sono detta. Del resto, tutte le mie amiche (quelle che guardavo con un filo di compatimento) leggevano narrativa rosa. Ho cominciato così. Una vera e propria dipendenza per quanto riguarda il rosa storico. Sfociata poi nel fantasy, nell’urban fantasy, approdata all’erotico di qualità e al romantic suspense. Senza la mia dose quotidiana non posso vivere. Senza tralasciare le letture “colte” (perdonami Mary Balogh), sono diventata onnivora. E felice.Il successo del romance? Vogliamo sognare, sapendo benissimo che dopo l’ultima pagina ci aspetta la realtà, spesso non proprio “rosa”. Una vacanza, insomma. Ci fa bene, costa poco, si può ripetere all’occorrenza, non ha controindicazioni.8)  Esiste ancora l’esterofilia in Italia e se sì, è un fenomeno endemico o indotto dai media?Ti ho risposto in parte. L’Italiano è esterofilo per DNA, giusto per scherzarci sopra. Non chiedermi i motivi, dovrei scrivere un trattato socio-psico e non ne sono capace. L’erba del vicino è sempre più verde, ergo: compro un autore straniero e snobbo quello italiano. Ecco spiegati i nome de plume che tanti autori nostrani usano.9)  Babette, quale domanda non ti ho fatto e che avrei invece dovuto porti, oggi?
A parte “Dove ti porto a cena, tesoro?” Non preoccuparti, sono già impegnata. La domanda è questa: molti ritengono che i blogger siano i nuovi critici letterari. Senti la responsabilità di questo ruolo? La risposta è questa: sì, è vero, moltissimi lettori seguono i blog letterari per avere consigli e “sconsigli”. Sento la responsabilità nel proporre un libro da leggere o nello scrivere una recensione negativa. Checché ne pensino gli autori, non mi piace dare una o due stelline a un romanzo, perché so quanta fatica ci sia dietro quelle pagine. Nello stesso tempo, provo una sorta di esaltazione quando m’imbatto in un’opera pregevole e la socializzo mediante una recensione piena d’entusiasmo. Fermo restando che, come tutti sanno, le mie recensioni sono pareri personali, umorali e menopausici.http://ilvillachescrive.wordpress.com/2014/12/17/la-responsabilita-di-essere-blogger-babette-brown/#more-333

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