No ma Manzini non ci piace, eh...
L'ho scoperto per caso, vi dicevo, e me ne sono innamorata. Sarà che abito molto vicina ai luoghi in cui sono ambientati questi tre romanzi, sarà che ho una passione per i romanzi dei giallisti italiani... non lo so. Però ho divorato questi suoi tre romanzi in poco e a poca distanza l'uno dall'altro (anche se l'ultimo non l'ho ancora recensito) e, quando ho pensato di riportare in vita queste interviste, lui è stato il primo autore che mi è venuto in mente. E sono contenta e lo ringrazio per aver accettato., perché così ho scoperto che ha scritto anche altri romanzi in passato (certo che anche io potevo informarmi prima di chiederglielo eh...) e, soprattutto, che il mio vicequestore preferito sta per tornare.
Ringrazio quindi Antonio per aver accettato e vi lascio alle sue risposte!
Da bambino dicevi “da grande farò lo scrittore”?
No. Volevo fare l’archeologo.
Come è nato il personaggio di Rocco Schiavone? E perché hai scelto di mandarlo in esilio proprio in Val d’Aosta?
Io non lo so com’è nato Rocco. Piano piano, forse, n pezzo alla volta. Ci pensavo, poi lo lasciavo lì, ha avuto un paio di scritture prima della definitiva (anche il nome è cambiato) e poi è arrivato. La val d’aosta ha due ragioni. La prima, più superficiale, mi piaceva calare un trasteverino doc in una realtà lontana da lui mille miglia. Insomma, creare un fish out the water è sempre una bella molla narrativa. Forte della mia conoscenza pluriennale della Valle. La seconda poi è legata alla morfologia della Valle. Montagne altissime, le più alte d’europa, ghiacciai eterni, valli chiuse, battezzate poco dal sole, difficili da raggiungere, insomma quel panorama ricorda troppo l’interiorità di Rocco. Lui non lo sa, ma si somigliano
Hai mai pensato di scrivere un romanzo con un altro protagonista?
Sì, ne ho già scritti. Uno per Fazi editore, anni fa, si chiamava Sangue marcio. L’altro La giostra dei criceti per Einaudi,
Per Sellerio hai pubblicato sia romanzo sia racconti, all'interno di quelle raccolte “a tema” che escono per le festività. Con quale dei due generi ti trovi più affine? E’ più “difficile” scrivere un romanzo o un racconto, per te?
Ognuno ha la sua difficoltà. La struttura del racconto è più ferrea, soprattutto se si tratta di un racconto giallo. Spesso devi rinunciare a step narrativi cercando di concretizzare presto e subito, con poche pennellate, il mondo che stai provando a raccontare. Il romanzo è tutt'altro. Puoi prenderti anche delle pause. Poche, perché il lettore se ne accorge subito e castiga immediatamente. Per fare un parallelo con la pittura, il racconto è un disegno a carboncino, il romanzo un affresco.
Come sei stato scoperto ( o sei riuscito a farti scoprire)dalla casa editrice che ti ha pubblicato?
Con la Sellerio mandando il manoscritto. Ma ero forte di due pubblicazioni precedenti che qualcosa credo abbiano contato.
Qual è la cosa più bella che è stata detta riguardo a un tuo romanzo? E la più brutta?
Di cose belle me ne hanno dette tante. Che il libro fa ridere e commuove e si fa leggere in maniera spedita ma non è un racconto superficiale. Anche di brutte me ne hanno dette. Ma le tengo per me.
Hai qualche mania come scrittore? Che so, riesci a scrivere solo in un posto preciso o a una particolare ora del giorno o della notte?
No. Nessun vizio. Vorrei perdere quello di fumare, che quando scrivo tendo a esagerare.
Io ho un’ossessione per le copertine dei libri, che condizionano molto la mia decisione di leggere o meno un’opera. Hai voce in capitolo nella scelta di quella dei tuoi libri?
Sai, Sellerio è blu. E scelgono un dipinto o un disegno. Spesso me lo fanno vedere prima. Ma sono talmente bravi che raramente non sono stato d’accordo. Anzi, il più delle volte mi stupiscono.
Quali sono i libri che più hanno influenzato la tua vita, come narratore ma anche come uomo?
La montagna incantata, Delitto e castigo, I racconti di Cecov, Morte a credito, Un uomo vero ma potrei andare avanti fino a tarda notte.
Un autore/autrice italiana che stimi tantissimo? Consigliaci un suo libro.
Niccolò Ammaniti. Uno qualsiasi.
I dati sul numero di lettori in Italia peggiorano di anno in anno. Secondo te, perché? Pensi che sia giusto cercare di convincere un non lettore a leggere? E se sì, da dove bisognerebbe partire?
Credo che i dati dipendano dalla crisi. I beni voluttuari, libri, cinema, teatro e mostre, sono i primi a pagarne lo scotto. Un non lettore deve avvicinarsi da solo se vuole alla lettura. Non è qualcosa di misterioso. Ha fatto la scuola (forse il modo di insegnare la letteratura ha qualche responsabilità) e sa dove sono le librerie. Ma il distacco fra gli italiani e la lettura credo dipenda molto dalla nostra storia. Insomma, inglesi, francesi, russi hanno una tradizione centenaria, il romanzo fa parte del tessuto connettivo di quelle società da anni. Noi siamo un po’ in ritardo. Forse le generazioni a venire colmeranno quella lacuna. E poi credo che in un paese dove per anni si è detto che con la cultura non si mangia e si è insistito nel portare la gente a guardare pessima televisione, difficilmente si sarebbe potuto allargare il numero dei lettori.
Quando uscirà il prossimo romanzo con Rocco Schiavone? (e già che ci sono, posso suggerirti di ambientarlo al Forte di Bard?)
Al forte prima o poi andrà… a Luglio, credo. Fine Luglio
Qual è il tuo colore preferito?
Rosso