© Luo Qianxi
Di editoria a pagamento su questo blog avevo già in qualche modo parlato, nel post Quella volta in cui ho pubblicato a pagamento: uno scambio di mail con un ragazzo che aveva scelto, più o meno consapevolmente, questa forma di pubblicazione e che mi aveva dato di che riflettere. Sull'autopubblicazione non mi sono mai invece espressa molto chiaramente, forse perché un'idea troppo chiara non ce l'ho nemmeno io. Credo che dipenda molto dall'uso che se fa, da quali obiettivi ci si pone autopubblicandosi: se si tratta di raccogliere qualche proprio lavoro e regalarlo ad amici e parenti, ci può stare. Se si tratta di autopubblicarsi per vendere, sono invece un po' più titubante. Forse perché sono affezionata all'idea dell'editore che, oltre che investire, lavora su un romanzo, offrendo suggerimenti, editandolo, aiutando nella promozione (questo non sempre, bisogna ammetterlo) ma, ancora prima e soprattutto, valutandone il potenziale e il valore. Tutto questo viene a mancare quando qualcuno si autopubblica. Dall'altro lato però ci sono molti autori che hanno iniziato proprio con il selfpublishing e sono riusciti così a farsi notare dalle case editrici che, altrimenti, forse se li sarebbero persi per strada. Quindi, non lo so, sono ancora un po' indecisa su quale sia la mia opinione a proposito.Vediamo però cosa pensano di queste due forme di pubblicazione gli scrittori italiani protagonisti della interviste rampanti (se la vostra reazione prima, durante o dopo la lettura è quella di esclamare un "grazie al cavolo, loro hanno già pubblicato, vi consiglio di dare un'occhiata sia a tutte le interviste sia al post "Come farsi scoprire dalle case editrici").
Marco MissiroliL’editoria a pagamento non è editoria. Non pubblicate se vi chiedono soldi o “sponsorizzazioni”. Meglio autopubblicare, allora.
Stefano PiedimonteL’editoria a pagamento, per quel che mi riguarda è una truffa. So bene che per la legge italiana non è così, ed esprimo quindi il mio parere personale. Qualcuno può non condividerlo. Se un editore crede in un testo, investe energie e denaro per pubblicarlo e promuoverlo. Se un editore ti chiede soldi per pubblicare un libro vuol dire che non crede nel tuo romanzo o che non ha gli strumenti per promuoverlo. In entrambi i casi non ti condurrà molto lontano. L’autopubblicazione? Dipende da come ci arrivi. Anche in quel caso le possibilità di arrivare lontano sono quasi pari a zero (i casi di grossi bestseller partiti da un’autopubblicazione sono così pochi da risultare praticamente irrilevanti ai fini statistici: sono le classiche eccezioni che confermano la regola), ma può rappresentare una scelta, e va rispettata. Certo, se arrivi all’autopubblicazione dopo essere stato rifiutato da cento editori, sarebbe il caso che prima tu dessi un ulteriore sguardo al tuo manoscritto. Una volta gli editori erano dieci. Essere rifiutato da dieci editori può voler dire che stanno sbagliando. Se sono in cento, a dirti di no, è probabile che tu debba riconsiderare ciò che hai scritto.
Marco MalvaldiSugli editori a pagamento, sarò brutale: tutto il male possibile. L’editore è uno che sceglie, e in un mondo in cui il cinquanta per cento degli abitanti ha un romanzo nel cassetto questa è una mera pratica di circonvenzione di incapace. Per l’autopubblicazione, se una persona è consapevole che lo fa solo per motivi pratici (spedire ad un editore, o regalarlo agli amici) perché no?
Paolo PasiSono molto scettico sulla prima. Un editore che si fa pagare non è disposto a rischiare, e dunque non credo possa sostenere con convinzione un libro che pubblica. Meglio allora pubblicarsi a proprie spese, a patto che un autore creda fermamente in se stesso e abbia energie sufficienti per farsi conoscere.
Fabio BartolomeiC'è un equivoco che va avanti da anni. Chiunque chieda denaro per stampare un libro non fa Editoria a pagamento, fa tipografia. Se proprio ci si vuole togliere la soddisfazione di vedere il proprio romanzo stampato e rilegato, è molto meglio rivolgersi a un tipografo vero, orgoglioso del suo mestiere, e autopubblicarsi.
Simona BaldelliNon mi sento di demonizzare chi sceglie l’autopubblicazione per cercare di emergere. Vorrei solo un po’ più di onestà da parte delle case editrici. Credo che sarebbe molto più rispettoso, non solo per gli scrittori ma specialmente per i lettori, se sulla copertina ci fosse una segnalazione che indica se il libro è stato acquistato dalla casa editrice oppure se lo scrittore ha pagato per essere pubblicato. Ad, esempio, una piccola casa editrice la Zero91, sta facendo una campagna di sensibilizzazione molto importante su questo argomento ed ha creato un logo, che qui ti allego, che potrebbe essere inserito sulle copertine dei libri che non sono stati pubblicati con il finanziamento diretto dello scrittore. Spesso i libri editi con il sistema dell’autopubblicazione, non hanno subito nessuna selezione, sono fatti a volte senza cura, non hanno avuto editing, correzione di bozze, sono pieni di errori, strafalcioni, non tutti, chiaro, ma la maggior parte sono così, poiché è chiaro che vengono pubblicati non perché un editore crede ed investe su un autore, ma perché rappresenta semplicemente un “business”. I lettori dovrebbero sapere tutto ciò. E poi scegliere.
Paolo CognettiSpero che l'autopubblicazione uccida definitivamente l'editoria a pagamento, che è una truffa: ora almeno, se uno proprio ci tiene, il libro se lo pubblica da solo senza dare soldi a nessuno. Dopodiché, penso che il ruolo dell'editore sia fondamentale. Come quello del libraio, di nuovo. E del critico letterario. Sono come setacci che filtrano tutta la sabbia che c'è, e ogni tanto, se va bene, trovano una pepita d'oro.
Stefania BertolaUn mio grande desiderio è non consigliare niente agli aspiranti scrittori. Ma proprio dovendo, ora come ora mi pare che il sistema migliore per verificare se quello che scrivi interessi a qualcuno siano tutte le varie forme di auto pubblicazione on line. Gli o le direi: “Scrivi, scrivi, non mandare da leggere a me per favore, scrivi, scrivi, pubblica online e vedi che succede. E fai concorsi, tutti i concorsini e concorsetti che trovi, è matematico che se vali qualcosa prima o poi qualcuno se ne accorge.”Editoria a pagamento, niet. Autopubblicazione, ho già risposto.
Sandro BonvissutoL’editoria a pagamento è come il sesso a pagamento, puoi conquistarti una donna o pagarla (o anche un uomo), e per rimanere nell'ambito delle abitudini sessuali credo che l’autopubblicazione sia come l’autoerotismo. Comunque niente che non rientri nelle umane cose.
Fabio StassiNe penso male. Questo sì, posso consigliarlo, di non pagare mai per pubblicare. Ci sono banditi che hanno costruito fortune sulle ambizioni sbagliate della gente. L’autopubblicazione è invece una cosa privata. Ognuno può stampare, anche con la propria stampante, un dattiloscritto, magari solo per farlo leggere agli amici. Ma è un’altra cosa. Nell’epoca delle foto digitali, come dice Busi, si fanno migliaia di scatti e non ce n’è uno che si salvi. Allo stesso modo, non si dovrebbero scrivere romanzi con la stessa facilità. Ma avere più attenzione, più pudore, più cura. La letteratura è un antidoto all'egocentrismo, una dichiarazione di guerra all’autocompiacenza. Una volta, una scrittrice cilena mi ha detto che si scrive per il proprio disonore, non per il proprio onore.
Alessio TorinoDell’editoria a pagamento – parlo della narrativa – penso tutto il male possibile. Nel lungo periodo di tempo in cui sono rimasto sommerso, mi sono sempre detto che avrei fatto più bella figura con me stesso ad accettare di aver fallito in qualcosa, più che riuscirci pagando.
Il parere sull'editoria a pagamento mi sembra essere abbastanza univoco e coincide con il mio. L'editoria a pagamento non è editoria, pagare un editore per pubblicare non può essere di alcuna soddisfazione perché è evidente che si tratta solo di una questione economica. Una truffa legalizzata, una circonvenzione di incapace... trovo che la metafora usata da Sandro Bonvissuto sia estremamente efficace.Per quanto riguarda l'autopubblicazione, c'è chi lo vede come un buon strumento per emergere, un sistema che potrebbe portare dei frutti in un'epoca in cui si pubblica davvero troppo, ma anche chi lo considera invece una forma di autocompiacimento (o di "autoerotismo" come dice, ancora una volta, Bonvissuto). Dai più viene vista come un'alternativa sicuramente migliore dell'editoria a pagamento, ma comunque non sempre efficace.
Voi che ne pensate?