(Into Paradiso)
Paola Randi, 2010 (Italia), 104'
uscita italiana: 11 febbraio 2011
voto su C.C.
Napoli, giorni nostri. Alfonso (Gianfelice Imparato) è un ricercatore universitario che vede recapitarsi la lettera-spauracchio temuta da tutti quelli nella sua situazione: il tempo determinato del contratto accademico s'è bruscamente esaurito. L'unico modo per salvarsi, gli suggerisce l'amico cinematografaro di quart'ordine (Gianni Ferreri), è chiedere la grazia al vecchio amico Vincenzo (Peppe Servillo) ben inserito nei maneggi della politica. Nulla però viene via gratis nella patria degli intrallazzi, e Alfonso si troverà coinvolto in una faida tra camorristi dalla quale potrà salvarsi solo grazie all'aiuto di Gayan (Saman Anthony) e della coloratissima comunità srilankese che vive in un palazzo semi-abbandonato.
La esordiente Paola Randi si lancia in un'impresa dai presupposti non esattamente originali (durante la narrazione fanno capolino una discreta quantità di cliché) ma riesce comunque a portare a casa un buon risultato, grazie alla convincente resa degli interpreti ed a uno stile molto vivace, che si fa coinvolgere dalla moda dell'etnico senza restarne intrappolato. Il parallelo tra le due dimensioni di “precariato”, ahinoi sempre molto attuale, è particolarmente interessante: sia lo sfortunato ricercatore, sia l'ex campione di cricket vedono svanire da un momento all'altro ogni prospettiva di rispettabile sopravvivenza, con anni di meriti (accademici, sportivi) che vengono spazzati via dalla cinica realtà. Alle loro disavventure è legata quella, non meno miserabile, di un politicante pronto a giungere ai consueti compromessi pur di raggiungere la tanto ambita poltrona, ed ecco che l'impacciato Alfonso fa la sua comparsa, da perfetto agnello sacrificale. Senza saperlo, l'uomo si ritrova coinvolto nella consegna di un “piezzo” (una pistola) che diventa agguato tra delinquenti, e nella sua disperata fuga trova rifugio nel cuore della comunità srilankese, dove s'imbatte nei patemi di Gayan, giunto in Italia da star ma ridotto a far da badante ad una bisbetica signora, pur di racimolare i soldi per fuggire di nuovo in patria. Con meravigliosa vista sul Vesuvio, il paradiso dove questi due eroi sono costretti a convivere (tetto della fatiscente abitazione in cui gli asiatici sono ghettizzati) rende presto evidente che il presunto “scontro” tra culture è solo nella mente di chi si ostina a combatterlo: i due mondi, seppur molto distanti, trovano grande coesione nel nome della solidarietà tra disgraziati. La regista è però poco interessata alle facili morali da ricercare nella storia o alle soffocanti conclusioni a tarallucci e vino; si limita a proporre una gradevole commedia, colorata e senza cadute di ritmo, nella quale i camorristi sono stigmatizzati con delle macchiette ed a vincere sono i perdenti per eccellenza. Il protagonista, Gianfelice Imparato, si dimostra assolutamente all'altezza, grazie ad una grande capacità di comunicazione e all'empatia che risveglia istantaneamente nello spettatore; con la sua interpretazione ricorda molto alcuni personaggi memorabili dei primi lavori di Sorrentino, nei quali spicca un ammirevole rovesciamento dello stereotipo partenopeo: furbizia e savoir-faire sono soppiantati da timidezza e ingenuità. Maschere che anche l'altro Servillo (Toni) ha saputo rendere immortali.
Esordio coraggioso.