Uno dei luoghi comuni più falsi e fastidiosi su Jane Austen è la convinzione che la sua vita sia stata priva di eventi importanti e l'autrice abbia condotto un'esistenza in volontaria clausura nella propria casa. Il falso mito della scrittrice pia dalla vita noiosa, tutta casa e chiesa, a cui sembra essere capitato per caso di scrivere sei romanzi capolavori assoluti della letteratura di tutti i tempi crolla con facilità se si pensa che abitò case e luoghi diversi nel corso della sua vita ed era solita andare ospite per lunghi soggiorni in casa di questo o quel parente o conoscente. Basterebbe leggere le sue lettere per rendersi conto di come la sua vita fu, semmai, ben più vivace della media delle sue contemporanee.
Il responsabile di aver posto solide basi per questo pregiudizio ad alto tasso di mistificazione ha un nome: Henry Austen.
Il suo mentore, il suo complice di avventure editoriali, colui che la sostenne materialmente e spiritualmente per farla diventare un'autrice pubblicata scrisse la Nota Biografica sull'Autore nel dicembre del 1817 come prefazione ai due romanzi postumi Persuasion (Persuasione) e Northanger Abbey (L'Abbazia di Northanger): in questo testo, Henryimpostò l'immagine-santino della sorella con una tale potenza che, oltre cinquant'anni dopo, nel 1870 un altro familiare, James Edward Austen-Leigh, nipote di Jane e Henry, riprese rincarando la dose con tutto il suo vigore vittoriano. E santino fu, per sempre.
Così Henry Austen, nella Nota Biografica citata, 1817:
Una vita dedicata agli altri, alla letteratura e alla religione non è mai una vita piena di avvenimenti.
E così James Edward nel Memoir of Jane Austen (Ricordo di Jane Austen), 1870:
Di avvenimenti la sua vita fu singolarmente povera; pochi cambiamenti e nessuna grande crisi ne interruppe mai il tranquillo fluire. Anche la sua fama si può dire che sia stata postuma; non raggiunse mai un vero vigore fino a quando lei non ebbe cessato di esistere. Il suo talento non attirò l'attenzione di altri scrittori, non la mise in contatto con il mondo letterario, né si fece in alcun modo strada attraverso l'oscurità del suo rifugio domestico.
Eppure, anche senza considerare la realtà raccontata dalle lettere, che ancora oggi ci restituiscono un'immagine ben diversa di Jane Austen e della sua vita, c'è un evento inequivocabile che da solo basterebbe a smentire queste affermazioni molto "protezionistiche" e che è senza dubbio un vero evento nel senso letterale del termine, con tutti i crismi.
Accadde sul finire del 1815 ed è legato alla pubblicazione di Emma - e per riviverlo, oggi dovremo indossare il nostro abito più elegante e ripassare le regole dell'etichetta più ferrea perché il tè ci sarà servito nientemeno che a Carlton House, il Palazzo Reale londinese ai tempi della Reggenza.
Il 17 ottobre del 1816, Jane è a Londra ospite del fratello Henry, impegnata a condurre, con il suo aiuto, le trattative per pubblicare il nuovo romanzo, Emma, con un nuovo editore, nientemeno che John Murray, editore di Lord Byron e Walter Scott.
Quel giorno, scrive una lettera a Cassandra (rimasta a Chawton) in cui definisce Murray "canaglia" (ma "cortese") per averle offerto appena 450 sterline per i diritti di tutti i romanzi finora pubblicati, incluso anche l'inedito Emma.
Forse, è proprio mentre verga questa lettera che Henry, in un'altra parte della casa, si sente male.
Poiché le sue condizioni si aggravano nel giro di pochi giorni, vengono chiamati alcuni medici per assisterlo, tra cui Matthew Baillie, che era uno del medici del Principe Reggente, il futuro Giorgio IV. (1)
La scrittrice anonima di Sense and Sensibility (Ragione e Sentimento), Pride and Prejudice (Orgoglio e Pregiudizio) e Mansfield Park tiene molto alla riservatezza. Ma, se si considera la disinvoltura con cui proprio il suo mentore e sostenitore, Henry appunto, si sia qualche volta lasciato sfuggire la sua identità come autrice di quei romanzi (2), non stupisce che anche il medico del Reggente lo scopra in questo frangente.
Ecco come la nipote Caroline, sorella di quel James Edward autore del Memoir del 1870, ricorda quanto accade subito dopo questa scoperta:
[...] un giorno disse a mia zia che il Principe era un grande ammiratore dei suoi romanzi, che li leggeva spesso, e ne aveva una copia in ogni sua residenza - Che lui, il medico, aveva detto a sua Altezza Reale che Miss Austen era in quei giorni a Londra, e che per espresso desiderio del Principe, Mr. Clarke, il Bibliotecario di Carlton House, le avrebbe presto fatto visita.
Mr Clarke andò, confermò quegli omaggi, e invitò mia zia ad andare a Carlton House, dicendo che il Principe lo aveva incaricato di mostrarle la biblioteca, aggiungendo molte cortesie circa il piacere che sua Altezza Reale aveva tratto dai suoi romanzi - Ne erano stati pubblicati tre - L'invito non poteva essere rifiutato - e mia zia andò, il giorno concordato, a Carlton House. (3)
Il 13 novembre 1815, dunque, Jane Austen varca le soglie dorate di Carlton House, dove il Rev. James Stanier Clarke la accoglie e la accompagna in visita al palazzo.
No, non c'è il Reggente in persona, che evidentemente non ritiene opportuno concedere il favore reale in modo così diretto ed esplicito ad una scrittrice che, sì, ammira ma è pur sempre una sconosciuta con tre romanzi all'attivo, di buon successo ma non eclatante.
Il Principe ritiene tuttavia opportuno concederle un altro onore...
Come se l'essere invitata a Carlton House non sia già un avvenimento notevole, nel corso di quella formidabile visita lo zelantissimo Rev. Clarke informa l'apprezzata autrice
[...] di essere stato incaricato di dire che se Miss Austen avesse avuto qualche romanzo in uscita, sarebbe stata completamente libera di dedicarlo al Principe. (3)
La diretta interessata, coerente con se stessa (con l'attenzione alla riservatezza e la propria antipatia per il Reggente), dapprima è decisa a declinare l'invito, ma nella cerchia familiare qualcuno la avverte che quel "permesso" apparentemente concesso con tanta magnanimità equivale ad un ordine.
Emma è ormai prossimo all'uscita con l'editore Murray e Jane Austen si vede costretta ad adoperarsi per eseguire la volontà del Reggente - ma di certo avrà pensato anche a quanto prestigio questa dedica potrà dare alla sua nuovissima creatura. Ed è così che ancora oggi, nell'aprire il romanzo, leggiamo questa dedica:
A SUA ALTEZZA REALE IL PRINCIPE REGGENTE, QUEST'OPERA È, CON IL PERMESSO DI SUA ALTEZZA REALE, COL MASSIMO RISPETTO DEDICATA, DALLA DEVOTA E OBBEDIENTE UMILE SERVA DI SUA ALTEZZA REALE - L'AUTRICE.
Subito dopo la visita, mia zia tornò a casa, dove la piccola avventura fu oggetto di conversazione e procurò un qualche divertimento. (3)
Intorno a Emma non accadde soltanto questo.
La "piccola avventura", infatti, non esaurì subito le sue conseguenze. In coda a questo evento, iniziò una breve corrispondenza con il Rev. Clarke, che evidentemente aveva aspirazioni di scrittore e cercò di sfruttare per sé il contatto con la scrittrice tanto ammirata dal suo datore di lavoro nonché regnante. Il carteggio che ne seguì, incluso nell'odierna raccolta completa delle lettere, costituisce una lettura esilarante per il piglio ineffabile con cui Jane Austen rintuzzò i vanagloriosi tentativi letterari del suo corrispondente.
Inoltre, la pubblicazione del romanzo con il nuovo prestigioso editore John Murray, titolare anche della rivista letteraria Quarterly Review, produsse un effetto positivo: una recensione di Emma da parte di un grande della letteratura inglese di tutti i tempi, Walter Scott.
Ma di questi eventi parleremo nelle prossime settimane.
In conclusione, Jane Austen si ritrovò nel 1816 (purtroppo, sul finire della sua vita) ad essere ammirata dal vertice assoluto del regno, e a ricevere da questi nientemeno che un invito ufficiale alla residenza reale londinese, Carlton House, e a dedicare proprio a lui il nuovo romanzo in uscita, Emma. - Questa non è esattamente la mia idea di vita priva di eventi...
[Se non fossi certa di fare un torto a dear Aunt Jane, che non ha mai nascosto la propria antipatia per il Reggente, mi spingerei a dire che questo notevole ammiratore è il primo Janeite illustre della storia!]
Note
(1) così indica Deirdre Le Faye in Jane Austen: A Family Record, Cambridge University Press, Cambridge, 2004, pag. 225
(2) in proposito, si veda la lettera Lettera a Francis (Frank) Austen, 25 settembre 1813: "In Scozia Henry ha sentito elogi entusiasti su P. & P., da Lady Robert Kerr e da un'altra Signora; - e che cosa ha fatto nell'impeto della vanità e dell'Amore Fraterno, se non dir loro immediatamente chi l'aveva scritto? - Una volta dato il via a Qualcosa - si sa come si diffonde! - e lui, cara Creatura, gli ha dato il via molto più di una volta sola. So che è stato fatto tutto perché mi vuole bene e mi apprezza." - trad. G. Ierolli, jausten.it
(3) Caroline Austen, Mia zia Jane Austen. Ricordi, trad. G. Ierolli, jausten.it