22 novembre 1963: con una serie di colpi esplosi sulla Dealey Plaza di Dallas morivano il presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy e il sogno americano. Non voglio entrare nel merito delle attività politiche di Kennedy, non le conosco e non sono neppure troppo interessata a conoscerle. C’è chi lo osanna come un visionario che, se non fosse stato fermato, avrebbe portato una nuova Età dell’Oro, e chi lo critica aspramente, definendolo nel migliore dei casi un presidente mediocre. È passato un bel po’ di tempo ma le fazioni sono sempre aperte. Io non intendo entrare in questo dibattito. Nel 1963 non solo non ero ancora nata, ma i miei genitori stessi erano poco più che ragazzi. Per me è storia passata, non l’ho vissuta e non riesco a esserne toccata come altri periodi di cui ho letto. L’unica cosa di cui sono certa su Kennedy, al di là del fatto che è stato ammazzato, è che era un donnaiolo, cosa che non me lo rende troppo simpatico.
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Perché lo tiro in ballo? Perché La Lettura, il supplemento domenicale del Corriere della Sera, nello scorso numero ha dedicato ben quattro pagine all’omicidio Kennedy. Pagine che mi hanno fatta arrabbiare, anche perché coinvolgono scrittori molto noti.
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Le parole di Turow, proprio perché è famoso, hanno un peso maggiore di quelle di tanti sconosciuti come me. Io non sono nessuno, lui è autore di numerosi bestsellers internazionali. La cosa non mi potrebbe toccare meno, a meno che lui non si metta a fare disinformazione. Quando dice “È anche possibile che a sparare non sia stato lui; però quando sono partiti quei colpi Oswald era sicuramente al sesto piano del deposito di libri della Texas School”, cosa diavolo sta dicendo? Oswald era in quell’edificio, ok, come parecchie altre persone che però non sono state accusate dell’omicidio. Da quando il solo fatto di essere presenti – come molte altre persone – sulla scena di un crimine è prova di colpevolezza? E poi, è possibile che a sparare non sia stato lui? Quando Turow afferma che “Anche Jon Kerry crede nel complotto e così moltissimi americani” e che “dietro i crimini più complessi e all’apparenza insolubili, la verità è sempre la più semplice” sottointende di non credere alle teorie del complotto, e infatti per lui il Reclaiming History di Vincent Bugliosi, che conferma quanto già detto dalla Commissione Warren, è “il più esaustivo trattato sui misteri dell’assassinio Kennedy“. Anche affermazioni come “Tutti i test balistici hanno confermato che a uccidere Kennedy fu il Carcano. Quando fu arrestato con in tasca una pistola carica, dopo l’uccisione dell’agente di polizia Tippit, la sua mano risultò positiva al test di nirati: la prova che aveva sparato” suscitano in me molti dubbi: nessuna delle due cose è davvero certa, anzi ci sono sospetti che siano prove fabbricate a posteriori, come una prova fabbricata a posteriori è il fotomontaggio in cui si vede Oswald che posa con un fucile.
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Altra affermazione di Turow: “in nessun punto della Dealey Plaza sono state rinvenute prove di un’altra arma da fuoco o proiettili diversi da quelli sparati dal fucile Carcano di Oswald”. Domanda mia: ma li hanno cercati? E se li hanno cercati, siamo sicuri che ci hanno detto tutta la verità? Perché, non dimentichiamolo, molti documenti sono ancora rinchiusi in cassetti inaccessibili a chiunque. Se non ci fosse nulla da nascondere, perché tenere dei documenti riservati?
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La risposta più bella però è arrivata dal giallista svedese Henning Mankell, che ha affermato “Ho visto il film di Oliver Stone, e condivido anch’io molti dubbi su quella versione. Però devo dire che sono convinto che Oswald quel giorno fosse il solo a sparare. Perché lo dico? Perché non esistono prove che autorizzino a pensare il contrario. Del resto in tutti questi anni non è mai uscito fuori nulla di concreto che provasse una verità diversa dal Rapporto Warren”. Certo, i testimoni sono stati ammazzati – non so quante morti sospette si contano in questa vicenda, a partire proprio da quella di Oswald e includendo (ma non fermandoci a) quella di Ruby – o intimiditi e le prove sono state nascoste. Non è stata nascosta la foto di Oswald, né il filmato di Zapruder, in compenso ci hanno propinato la teoria del proiettile magico che continuava a fare svolte improvvise nel suo perverso desiderio di colpire gli occupanti della macchina presidenziale. Mai sospettato che la mancanza di prove può solo voler dire che sono state nascoste molto bene?
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Sharon Stone in Basic Instinct
In Basic Instinct l’ex musicista Johnny Boz viene trovato morto. L’arma usata, come sanno tutti coloro che hanno visto il film, è un punteruolo di ghiaccio, arma che chissà come mai, dopo l’uso si è sciolta. Ovvio che chi ha investigato sul caso non aveva alcuna speranza di trovare l’arma del delitto. Se manca l’arma significa che non c’è stato nessun omicidio? Basic Instinct è un film, certo, ma Mankell proprio questo dice: non abbiamo prove (anche se in realtà prove di depistaggio ce ne sono) perciò la verità è per forza quella che ci è stata propinata. Complimenti.
Chi è il mandante? Non lo so. Molti che parlano di complotto tendono a indicare la mafia, ma secondo me lei da sola non basta. Perché lo dico? Perché ho letto JFK. Sulle tracce degli assassini.
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La commissione Warren ha pure visionato quella pagina di giornale. Non so cosa stessero cercando in quell’articolo, probabilmente fumo, perché la mappa non c’era. La pagina era stata ritagliata in modo da avere un buco, corrispondente guarda caso al punto in cui ci sarebbe dovuta essere la mappa. La commissione non si è interrogata su questa stranezza, e viene da chiedersi perché. Viene da chiedersi anche chi abbia fornito la pagina con il buco, ma evidentemente questi secondo Turow, Cercas o Mankell sono dettagli poco significativi. O forse li ognorano, non so.
Sono tante le cose che io ignoro. Non so che tipo di presidente fosse Kennedy, e non so chi lo ha ammazzato. Quello che so è che se si continua a indicare Oswald – che fra l’altro era pure un pessimo tiratore – come l’assassino, un folle solitario e basta, si fa controinformazione, e questa è una cosa che non gradisco mai.