Bologna si risveglia in una cupola di umidità, l'unica stella visibile nel suo cielo gassoso è Arturo, a forma di aquilone lievemente luminoso, componente della Corona Boreale.
Ovviamente a forza di guardare il cielo, con l'animo entusiasta di un antenato alle prese con le meraviglie dello sconosciuto, si può sempre incappare in quello che, a Bologna, risulta essere il problema numero uno degli aspiranti sognatori. Le merde dei cani.
A Londra, invece, (e consentitemi di fare un parallelo, che mi sono trattenuta in questo mese dall'impezzare chiunque sulle differenze Albione-Italia, troppe e svilenti) la cosa più schifosa con cui puoi avere la sfortuna di approciarti sono le ossa di pollo.
Le merde a Bologna sono ovunque.
Le fresche di produzione, giacciono in composizioni architettoniche quasi artistiche, con elevazioni varie, in diversi luoghi che possono essere gli angoli di un portico, il centro della pavimentazione di un portico, la macchia più scura della mattonella del marciapiede, per causare la cosidetta " sorpresa di merda".
Le più vecchie, che hanno resistito a giorni di solleone o pioggia, piedi di tutte le dimensioni, spazzini di tutte le nazionalità, decrescono in altura e si contraggono, mostrando una stoica solidità interiore e un'incredibile legame con l'ecosistema bolognese.
Proprio mentre imprecavo per una cacca su cui il mio trolley è magicamente incappato, ho avuto modo di conoscere Elisa.
Elisa è una giovane punkabbestia bergamasca, che abita le vie del ghetto ebraico con la sua squadra di cani al guinzaglio. Se le parli un pò capisci che è figlia o di un banchiere o di un imprenditore, ma cerchi di crederle quando afferma che ha scelto di vivere elemosinando pochi spiccioli per rinnegare il consumismo frenetico della società.
Elisa sostiene di non raccogliere le cacche dei suoi cani perchè quest'ultime sono naturale e ordinaria conseguenza della vita, e che lei non si frappone ai discorsi della natura, facendo una pippa a una pastorale di Virgilio.
Dopo di chè mi ha chiesto se avevo una sigaretta, e l'ho mandata a fanculo. Scusate ma ci voleva.