Magazine Diario personale

“Invadiamo la Kamčatka!”

Creato il 18 settembre 2012 da Povna @povna

L’altra sera, senza averlo chiesto, la ‘povna è stata aggiunta dalla Quasi Parente a un social gruppo di precari della scuola sul telematico network. In questo modo, e del tutto casualmente, è venuta a sapere della “grande protesta” (rispettivamente sostenuta da: Italia dei Valori, Comunisti Italiani e Movimento Cinque stelle: “tana libera tutti!”) che, nella sua provincia, starebbero organizzando questi suoi colleghi.
Ostili all’imminente pubblico concorso (il cui avvento – può piacere o non piacere, ma, la ‘povna lo ricorda un po’ timidamente – era scritto nella legge da tempo immemore) e per questo decisi a far sentire la propria voce una volta per tutte attraverso una pubblica protesta, i precari della sua provincia hanno stabilito di opporsi fieramente. La battaglia consiste, per sommi capi, in questo. Poiché il provveditorato della loro zona latita (e non ha ancora completato le procedure di inizio anno: assegnazioni, riconteggi, nomine), finché non avrà provveduto a emanare le supplenze, i docenti precari manifesteranno il proprio dissenso rinunciando, per la durata dei giorni (cinque o sei) che mancano al gran momento, a qualsiasi supplenza di istituto.
Il che significa (per i non addetti ai lavori) che, mentre si attende che il provveditorato provveda, finalmente, se ci sono scuole che decidono di chiamare un altro prof. per questa sola prima decina di giorni, i precari rifiutano con indignazione la proposta, sfogando poi sul social network (con un linguaggio in cui ortografia, grammatica e sintassi purtroppo spesso gridano assai vendetta) tutta la loro vena combattiva.
Capitata là per caso, la ‘povna, non poteva credere ai suoi occhi. E, francamente, più leggeva e più non si capacitava. A lasciarla senza parole non era (tanto), l’assoluta incongruenza della lotta (perché a sei giorni dall’emanazione del bando del nazional concorso, la ‘povna si domanda, in perfetta onestà, che gliene cale a Profumo se un paio di insegnanti decidono di rinunciare a lavorare per due giorni), ma proprio tutta la dinamica della vicenda. Sostenuta, perdipiù, con dovizia di polemica, da chi tra parole e ragionamenti ci dovrebbe andare a nozze. E invece stentava, tra un insulto e l’altro, a compicciare il giorno con la sera.
Intendiamoci: il loro provveditorato (e lei ne sa qualcosa, visto che tutto agosto si è fatta il culo nella commissione tosta) si sta comportando malissimo. Ma non è questo il punto. Il punto è che tutto questo, a suo parere, non ha senso. E, se avesse avuto la voglia di intervenire (non l’ha avuta, e non si pente), la ‘povna avrebbe invece fatto notare ai suoi colleghi le cose seguenti. Che per brevità qui riassume sotto forma di elenco numerato.

1) La prima e più importante obiezione l’ha già detta: alla ‘povna (che pure di battaglie non ne ha fatte pochissime) sfugge francamente la connessione tra il rifiuto di una supplenza di sei giorni e il bando del concorso. Senza entrare nel merito della questione (ci sarà tempo di parlarne – comunque, per non sottrarsi, lei è a favore, lo ha già detto), le sembra che il legame causa/effetto che dovrebbe unire i due eventi costituisca l’ennesimo esempio, limpido, del sommare mele e pere.
2) Al secondo posto mette i modi e i tempi della lotta. Perché (la ‘povna sta citando quasi letteralmente dai commenti, e non inventa nulla) rifiutare una sostituzione di sei giorni, mentre ancora si gode della disoccupazione (che si manterrà fino all’annuale supplenza) a lei non sembra, onestamente, un atto eroico, ma uno banale di buon senso, travestito da oltranzismo. Cioè qualche cosa che – nel caso migliore (perché significherebbe essere dotati di politica consapevolezza) – sa di mala fede.
3) Come terza cosa si interroga sul grado di percezione del mondo. Perché dare (per esempio) della stronza alla segretaria di una scuola che si limita a fare il suo dovere, ricordando al precario di turno, che, se si rifiuta nello stesso istituto, per due volte, la supplenza, si finisce in fondo a quella lista, significa vivere in un universo egocentrato senza precedenti – per tacere del tutto e molto resto. Allo stesso modo, dare della “crumira”, così, in astratto, a quella scuola che sceglie di chiamare i suoi supplenti (o, viceversa, della “compagna” a un’altra che invece non sta facendo proprio niente) vuol dire non avere la benché minima idea, neppure lontanissima, di come funziona nella realtà quel mondo cui pure si dovrebbe appartenere. (A questo proposito, la ‘povna si sente di rassicurare i suoi colleghi in lotta: se la sua scuola non li chiama, non è perché è “compagna” – è solo perché è dotata, nonostante tutto, di buon senso; e si rende conto che è davvero inutile una procedura che vuole 3 giorni di attesa per aspettare una risposta per 6 giorni totali di lezione).
4) Al quarto, infine, e più importante, punto la ‘povna mette una questione di visibilità pubblica. Perché – come le ha fatto notare Patty Albione ieri mattina all’alba – mettiamo anche che l’intera giostra sia ottimamente organizzata, motivata e agita da tutti quanti. Resta il fatto che la Grande Protesta avviene nel più totale, glaciale, indifferente silenzio (se si esclude l’autoreferenzialità del social network). Il resto del mondo – come dire – va avanti senza. A quanto pare, per giunta, senza soverchi scossoni.
E la ‘povna – che di rivoluzionari da tastiera ne ha piene, e pure da mo’, le palle – continua a scuotere la testa. E vorrebbe suggerire, a tutti loro, una bella sfida a Risiko. Ché, se si vuole giocare alla guerra, invadere la Kamčatka porta da sempre, è noto, le sue soddisfazioni.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :