Sono di carattere piuttosto orgoglioso. Ho l’istinto di difendere qualsiasi cosa mi riguardi, mi appartenga o a cui io appartenga, anche se magari non si tratta di nulla di mio personalmente. Sono orgoglioso, insomma, di essere oltrtecollese, bergamasco, lombardo, italiano, anche se non l’ho scelto io. Credo che tutti un pò siano così. La cultura, il senso di appartenenza ad una comunità, il pensiero comune e le mode sparate dai media contribuiscono a formare le nostre menti in modo che si sentano parte di qualcosa di più grande: un paese, un territorio, una nazione…
Ma ha senso tutto ciò? A cosa serve? Serve a rendermi duro e chiuso verso tutto ciò che minaccia quell’identità a cui io appartengo? Oppure serve a farmi stare buono mentre qualcuno decide in che direzione debba andare quell’identità a cui non ho deciso di appartenere?
Più nel dettaglio, chi ha la facoltà di decidere quanto io debba contribuire al mantenimento della situazione civica attuale? Chi può sostenere la giustizia morale di questo onere impostomi? Ma soprattutto, visto che il tempo è il mio bene più prezioso, sulla base di quale principio devo spenderne sempre di più per assecondare un ingranaggio mastodontico, pachidermico, che sovrasta tutta la mia esistenza per evitare che neanche una goccia del mio succo vada perduta? Io credo che allo stato attuale delle cose una riflessione personale di ognuno sia quantomeno doverosa. Qualcuno sostiene che sia cosa buona e giusta contribuire con i propri denari e con il proprio tempo al buon funzionamento di quell’identità a cui apparteniamo. Qualcun altro invece sostiene che quell’entità non ha il diritto di imporci ciò che ci impone. E io…che penso? Vi siete mai accorti di quanto sia difficile pensare da soli? Mettetevi a riflettere con attenzione e vi accorgerete che buona parte dei vostri pensieri su questo argomento derivano da ciò che avete letto, sentito e visto. Tutte fonti che sono per forza parziali, incomplete o di parte.
Cosa penso… Penso che non sia giusto che l’identità che io difendo venga e si prenda tutto ciò che vuole di me. Penso che io che non emetto magari uno scontrino passo per ladro, mentre speculatori finanziari seduti in poltrona che hanno fatto fortuna fottendo milioni di persone (perché gli è stato concesso dalle leggi di quelle identità che difendiamo) sono considerati rispettabili uomini d’affari. Penso che sono stanco di sopportare lo scempio, la profanazione e la violenza su ciò di cui vado orgoglioso e mi viene in mente la poesia Invictus di Henley, ripresa anche da un omonimo film di Clint Eastwood. Ecco, ci sono cascato ancora. Il mio pensiero non è mio, ma di qualcun altro. Che sia questo il problema più grosso del nostro tempo?
[...]Ringrazio qualunque dio possa esistere
Per la mia anima indomabile.[...]