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Youth - la giovinezza

Creato il 29 maggio 2015 da Jeanjacques
Youth - la giovinezza
Ci riprova, il nostro Sorrentella. Perché dopo This must be the place, a mio parere quello che finora è il suo film meno riuscito, il regista italiano più famoso del momento si concede un'altra pellicola estera (quello che sembra essere il sogno di ogni regista italiano) con attori di fama internazionale, in questo caso due vecchie glorie come Michael Caine e Harvey "True man" Keitel. E questa sua seconda capatina estera avviene in un momento abbastanza glorioso per il cinema italiano, perché quest'anno ben tre nostri film sono stati scelti per competere a Cannes (insieme a questo, anche Mia madre di Moretti e Il racconto dei racconti di Garrone)... anche se, alla fine ne sono usciti tutti a mani vuote, e noi mangiaspaghetti ci siamo fatti riconoscere come sempre reagendo con estrema indignazione a quella che, a conti fatti, non è altro che una gara, un gioco che andrebbe preso per quello che è. Siccome però non mi va di essere polemico - almeno, su questioni che per me non lo meritano affatto e che lascio trattare volentieri ad altri - mi concentrerò unicamente sul film, forse l'opera più complessa per Sorrentino dato che viene dal suo recente successo internazionale. Una sorta di prova del nove, un po' come quando Bloomkamp dopo District 9 dovette realizzare Elysium, dimostrando se si poteva ripetere il miracolo o meno. Lo so, due generi che fra loro non c'entrano nulla, e il paragone diventa ancora più insulso se si pensa che il Nostro è un autore navigato mentre l'altro era un esordiente, ma è la prima cosa che mi è venuta in mente non appena le luci si sono spente in sala.

Fred e Myck, direttore d'orchestra in pensione il primo e un regista che cerca di realizzare il suo testamento artistico il secondo, sono amici da svariati decenni. Come ogni anno, si ritrovano in un particolare centro benessere svizzero per cercare di riprendersi, e intanto intorno a loro la vita scorre...

Youth, appunto. Che come Google translate mi conferma, significa appunto giovinezza. Per una volta il sottotitolo nostrano non è stato messo a caso. E proprio in quella parola sta tutto ciò che, ancora prima della visione, nell'embrionale idea di andare a vedere questo film, mi spaventava. La giovinezza. Perché si usa come bersaglio la giovinezza ma, ironicamente, si cerca di parlare della vecchiaia e, in maniera ancora più subdola, della vita intera. E' una cosa che mi inquieta perché mi sento inadeguato, perché si toccano temi che per via della mia età di certo non posso capire e che possono apparirmi astrusi, di difficile comprensione, perché certe cose arrivi a comprenderle solo quando le hai vissute sulla tua pelle. E spesso non è abbastanza, perché ognuno vive in maniera differente. Il modo che avrò io di ricordare la giovinezza quando avrò ottant'anni (se mai ci arriverò) sarà molto diverso da quello del mio migliore amico, del mio peggior nemico o di qualunque altro mio coscritto. Coi miei coetanei vedo che ricordo persino l'infanzia in maniera diversa, proprio adesso che le nostre capacità neuronali dovrebbero essere al proprio apice, figuriamoci quando si diventerà dei 'vecchi rincoglioniti' come tanti. E infatti io questo film credo di non averlo capito del tutto. Mi sono aggrappato a degli stralci tecnici per cercare di rassicurarmi un attimo, ma ci sono molto ma nel mezzo che un poco non riesco a cogliere e un poco mi sembrano, con tutta la supponenza tipica di quelli che non arrivano a comprendere totalmente qualcosa, sbagliati. E potremmo dire che questo Youth è un film totalmente sbagliato ma, al contempo, meraviglioso. E' un film che dimostra come Sorrentino, nonostante tutte le critiche legittime che possono essergli fatte, sia un autore che sa usare il cinema in maniera personalissima, riuscendo a giocare con le immagini per comunicare al meglio quello che vuole. Qui rimane sempre barocco, è il suo marchio di fabbrica, ci sono i soliti movimenti di macchina e i giochi di montaggio, eppure non si raggiungono i livelli de La grande bellezza, tutto rimane abbastanza posato pur lasciandosi andare a qualche graditissimo manierismo, sempre atto a enfatizzare uno stato d'animo o a sottolineare un concetto tramite le immagini, cosa che il cinema dovrebbe fare in automatico - ma che spesso si dimentica. Non posso dire comunque che lo faccia al suo meglio, un poco per la mia manca esperienza sull'argomento, un poco perché non tutti i discorsi mi sono sembrati convincenti, anzi, alcuni sono addirittura abbastanza retorici, come quello fatto da Harvey Kaitel (l'uomo più uomo che esista dopo Clint Eastwood) nella scena del cannocchiale. Nel mezzo poi ci sono tantissimi personaggi, uno più caratterizzato dell'altro, che se da una parte affascinano di certo, dall'altra ti fanno domandare come mai nei mondi creati da Sorrentino tutti debbano avere una simile dialettica come se si fossero ingoiati un manuale di filosofia, quasi che l'esasperare il dialogo e il concetto di grottesco legato ai loro corpi sia un qualcosa di assolutamente necessario. Insieme a questi tante scene, spesso inutili, alcune delle quali ti fanno domandare se il film avrebbe potuto esistere ugualmente senza di loro e che, inutile negarlo, in più di un punto mi hanno fatto domandare dove volesse andare a parare, destabilizzandomi decisamente più dell'apparente mancanza di una trama vera e propria. Perché è vero che la vita è fatta molto spesso di momenti inutili, ma sarebbe come dire che per far percepire la noia provata da un personaggio bisogna creare qualcosa di noioso per forza. Ma alla fine rimane il messaggio principale, che percula sia giovinezza e vecchiaia, lasciando quello che sembra essere proprio il lascito della vita stessa: alla fine si vive di emozioni. E sono proprio le emozioni che smuoveranno (e che smuovono a qualsiasi età) il senso di stasi del resort abitato dai due personaggi principali: uno le troverà e riprenderà a vivere, anche se è un vivere illusorio perché certifica che il tempo non migliora, ma logora e basta, l'altro le perderà e alla sua vita troverà termine. Ying e Yang, per certi versi. Però, prima di concludere, vorrei puntualizzare una mia personalissima opinione circa la scena del binocolo: non è che da giovani si veda il futuro vicinissimo, anzi, tutt'altro, fa molta paura perché è lontano e nel mezzo ha numerose incognite. Forse a ogni età si vedono le cose lontane, cambia solo il modo in cui questa lontananza viene recepita.

Ma una cosa la recepisco bene e mi fa porre delle domande ancora più grosse. Possibile che a una (apprezzabilissima!) Madalina Ghenea nel fiore degli anni, mi venga da preferire Rachel Weisz nei suo fulgenti quarant'anni?Voto: 

Youth - la giovinezza
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