Invidia: la dinamica del serpente
Da Sessuologiacagliari
@DessiAntonio
Se l’invidia è un serpente , serve la fecondazione, un uovo e dopo la nascita, una tana dove stare. Non ho mai conosciuto un invidioso.
Ho conosciuto persone ammalarsi per il veleno del serpente.
(Antonio Dessì)
L’invidia è un’emozione molto complessa, dolorosa e appartiene a quelle emozioni definite “sociali” che tutte le persone possono provare o aver provato. Invidia deriva dal latino in-videre, guardare contro, guardare con ostilità e può essere definita come quello stato d’animo in cui prevalgono il desiderio di possedere ardentemente un qualcosa che qualcun altro ha, oppure il desiderio che l’altro perda ciò che ha o rappresenta.
Grimilde è la strega cattiva della favola di Biancaneve, che non riesce a godere della sua immensa fortuna tanto che perseguita una giovane orfana di cui invidia la bellezza e l’innocenza. Perché una donna bella e potente invidia una povera orfana? Prova fastidio nel vedere quella persona felice. Ma gli invidiosi non sono tutti “streghe cattive” contro “povere angeliche Biancaneve” che mangiano mele e che provano solo sentimenti di beatitudine.
L’iconografia classica non propone l’invidia come un’immagine di una bella donna, ma al contrario, l’invidia è una vecchia donna, gobba, misera, che si strappa serpenti dai capelli e li lancia contro gli altri. Tutte le persone possono provare invidia, essendo questa un’emozione umana. Il limite disfunzionale è dato dal fatto che alcune persone, accecate dal sentimento di invidia, iniziano ad attuare comportamenti che sono volti a danneggiare la persona invidiata.
L’invidia è un’emozione di cui spesso le persone non si rendono conto e che passa inosservata proprio perché, come un serpente, può strisciare silenziosamente attraverso comportamenti apparentemente meno eclatanti o suggestivi, per esempio distruggere qualcosa della persona invidiata o farle un dispetto, ma anche attraverso comportamenti più raffinati e socialmente accettati, tra questi per esempio il pettegolezzo, sparlare, svalutare l’invidiato. L’invidia striscia silenziosamente anche a chi la prova.
Spesso il vissuto della persona che invidia può essere confuso, nel senso che può non prendere contatto con il proprio sentimento di invidia, e tendenzialmente è “più pensato” che “sentito“. Questo significa che spesso l’impalcatura razionale funge da tana per la parte più emotiva. Spesso questo succede perché riconoscere di essere invidiosi mette il soggetto davanti ad altri sentimenti molto più penosi e frustranti (senso di colpa, angoscia di aver distrutto qualcosa…) ed in generale apre un varco verso la psicologia dell’invidioso, che spesso, nonostante le sue doti, ha una profonda disistima di sè, delle sue capacità, e non riesce a centrare degli obiettivi concreti per poter sviluppare e portare se stesso/a verso un’evoluzione.
E’ scorretto pensare che siano solo le persone “poco dotate” a provare invidia per “persone più dotate“, perché in realtà, come diceva Nietzsche l’invida nasce quando uno è desideroso, ma non ha prospettive. E’ un sentimento democratico, colpisce tutti, e tutte le classi sociali. Le sfumature sono certamente variegate, ma è frequente riscontrare come il germe dell’invidia si sviluppi all’interno di relazioni molto significative. Spesso anche all’interno delle coppie. Sembra strano, eppure ci possono essere partner che al di là di dimensioni più funzionali del rapporto possono covare un serpente per il partner, il cui uovo si schiude spesso in life events significativi per la coppia. Tale dinamica solitamente si basa su questioni che risultano essere irrisolte e sulla distanza emotiva che viene riempita dal veleno, talvolta anche accompagnato da rabbia, per qualcosa che si ritiene che l’altro abbia avuto e invece l’invidioso no. Pensiamo a quanto in una coppia entrino in gioco per esempio le dinamiche con le famiglie d’origine e con le proprie storie personali.
La persona che prova invidia ha uno sguardo inconfondibile, quasi vitreo, la pelle trasmette la sensazione di freddo, come la pelle del serpente, e il calore è dato dal fuoco artificiale di parole, da quella struttura razionale che evita lo smascheramento. Ti guarda un po’ storto. Sarebbe troppo penoso ammettere l’invidia e riconoscere spesso che l’altro, che con gli occhi verdi dell’invidia si vede come un “miracolato”, in realtà ha avuto le sue sofferenze, le sue difficoltà, e che in un modo o nell’altro ha tentato comunque di essere felice in qualche modo.
Chi prova invidia è sempre molto rigido nel pensare che un’altra persona, o anche un gruppo, abbia delle cose che lui/lei crede di non avere. Lo scopo è sempre di tipo aggressivo perché il veleno del serpente fa accedere l’invidioso ad una dimensione del pensiero chela persona invidiata sia la difficoltà al raggiungimento di un proprio scopo. Se si ascoltano le parole di un invidioso, ci si rende subito conto che sono completamente svuotate di sentimento, che sono taglienti come coltelli, pur nella loro semplicità. L’invidioso, che non è una “belva rara“, è presente nella vita di tutti i giorni e sicuramente nella vita di ognuno si ha avuto modo di interagire. Chi prova invidia può anche mostrarsi amorevole con l’invidiato.
E’ un’emozione sociale, e di conseguenza è possibile provarla in relazione con un’altra persona o con un gruppo di persone. Questo significa che può essere risolta, nonostante la penosità nell’ammettere i propri sentimenti.Non esiste l’invidioso, ma si soffre per la produzione di un veleno che si chiama invidia. Alla base può esserci anche la difficoltà di mettersi in contatto con il vissuto e le emozioni dell’altro, ma con un veleno in circolo è il minimo che possa avvenire. Nelle coppie questo viene spesso spostato su altre questioni, e c’è sempre un terzo che viene nominato. Spesso in questi casi le persone parlano di gelosia, ma, come sostengo sempre, essendo inseriti in una rete intersoggettiva, la dinamica dell’invidia porta con sé diverse cose: inizio e mantenimento della relazione sono aspetti peculiari.
Per la nascita di un serpente non basta una persona.
Uno degli scopi che nella mente di chi prova invidia vengono ostacolati dall’invidiato è il potere. L’invidioso spesso si confronta con sentimenti che, spesso inconsapevolmente, riguardano il ritenere una persona potente o comunque una minaccia al suo scopo di ottenere potere. Il potere può essere di vario tipo e può avere a che fare anche in relazioni a gruppi. La dinamica cognitiva sottostante è quella di “non avere meno potere di…” e anche “avere più potere di…” . Questo scatena il sentimento di invidia. Riuscire ad avere più potere dell’invidiato garantisce il mantenimento di una buona immagine di sé e rende la persona, a sé stessa, più ricercata e di valore. In questo caso ovviamente non si invidia a caso, ma si invidia chi ha “raggiunto” scopi relativi all’immagine riferiti a cui egli/ella stesso/a vorrebbe essere ammirato/a e apprezzato/a.
Questo non basta, perché a questo subentra un meccanismo di attribuzionenel senso che se la persona non raggiunge il proprio scopo sarà in grado di “strisciare” ed giustificare il suo mancato raggiungimento a cause esterne e non alle sue caratteristiche intrinseche. Questo ha una funzione molto importante nel mantenimento della sua auto-immagine.
Le componenti della dinamica presente nella persona che prova invidia sono tre:
- Il confronto di potere che l’invidioso fa con un altra persona rispetto ad uno scopo;
- L’esito negativo del confronto. L’invidioso ritiene avere meno potere;
- Il sentimento che prova verso l’altro, associato allo scopo che questi non raggiunga i propri scopi.
Le ragioni della persona che prova invidia sono spesso legate alla visibilità dell’altro, ed è come se quella persona gli/le togliesse visibilità, autostima, e la facesse sentire al di sotto. La visione è prettamente verticale, ma in generale possiamo dire che l’esibizione della superiorità è mal tollerata da un punto di vista sociale e scatena sicuramente dinamiche di invidia,perché sottolinea una presunta inferiorità dell’altro.
Psicologia dell’invidiato. Se esiste una psicologia di chi prova invidia, sicuramente inflazionata, esiste anche una psicologia dell’invidiato, che in questo gioco relazionale del “chi ha la tana per il serpente” svolge sicuramente un ruolo importante. Gli invidiati non sono certamente angeliche figure deturpate dal veleno di chi prova invidia. In generale gli aspetti più osservati negli studi di psicoterapia cognitiva sono quelli che studiano le difese che l’invidiato adotta nei confronti dell’invidioso. Gli espedienti sono numerosi. L’invidiato può, spesso inconsapevolmente, utilizzare la più classica, quella della “miseria“. Ovvero “fingere miseria” a vari livelli, o comunque nascondendo attivamente i suoi conseguimenti e la sua soddisfazione e anzi, unendosi ancora di più all’invidioso nelle lamentazioni per il triste destino comune.
L’alternativa è quella di cercare di consolare l’invidioso sottolineando glieffetti collaterali del proprio successo o ridimensionandone l’importanza. Può invitare l’invidioso a festeggiare assieme a lui/lei, inducendolo implicitamente a tradurre lo scopo corrispettivo in uno scopo comune, con la speranza che il farlo partecipe della propria gioia ne riduca l’invidia. Può avvenire anche una ridistribuzione più o meno simbolica di quanto ha ottenuto, perché spesso è raro che i successi vengano ostentati. Per ostentarli bisognerebbe essere talmente sicuri della propria posizione da essere al riparo dai sentimenti d’invidia, oppure bisognerebbe che l’invidiato abbia a sua volta, anche inconsapevolmente, uno scopo aggressivo.
Come ben descrivono i colleghi Giusti e Frandina nel loro manuale “Terapia della gelosia e dell’invidia“, non esiste solo un’invidia cattiva. L’essere umano è in grado di provare anche una forma buona di invidia, che gli autori definiscono ammirazione. Questa è un catalizzatore di successo.
Le persone invidiose spesso in terapia risolvono i loro vissuti penosi lavorando su questo sentimento, utilizzandolo come leva orientata verso i propri scopi. L’invidioso buono non auspica il fallimento dell’altro, ma il suo mantra è : “Se quella persona ci è riuscita, ci posso riuscire anche io“.
L’invidia negativa resta comunque una questione aperta. Certamente è un’emozione molto complessa, spesso proveniente da delusioni e disillusioni, ma più profondamente da esistenze che si avvelenano. Continuare a perseguire i propri scopi e sogni è certamente una buona strada, ma un primo passo verso il superamento di questo sentimento è quello di provare ad iniziare ad attribuire a se stessi ciò che non va o non è andato, attraverso una piena assunzione di responsabilità. L’invidia non è altro che un pianto verso il mondo, per la propria incapacità di sviluppare appieno le proprie capacità. Può essere superata. Nel serpente c’è il veleno e la sua soluzione.
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