Magazine Cinema
Piccolo e poco originale, il film di esordio al cinema del co-regista di "Nip/Tuck" si rivela, d'altronde, un ritratto famigliare intimo e perspicace. Richard Levine è un pò l'antitesi di Ryan Murphy. Laddove domina il kitsch e l'esagerazione, da "Glee", ai due esperimenti poco riusciti in ambito cinematografico "Correndo con le forbici in mano" e "Mangia, Prega, Ama", Levine pone un limite formale e contenutistico ai suoi "strani" personaggi e non cade mai nella macchietta pura. Sa di naftalina, ma non cerca nell'iper-realismo una ragione di visibilità e successo commerciale.
6,5/10
"Every Day" è un film trascurabile e dimenticabile. Non ha nulla di realmente "strong" e che si possa facilmente imprimere nella memoria collettiva. Eppure non è un'opera da buttare. Più precisamente è un'opera incolore, "fuori tempo massimo", "easy" ma anche fuori dai canoni puramente televisivi, talvolta ipercromatici e macchiettistici, che servono per funzionare sul grande schermo. Da un punto di vista commerciale, il "failure", prevedibile, si giustifica proprio con la scarsa capacità di portare al cinema quella fascia di pubblico che avrebbe potuto apprezzare lo spirito "indie", "scandaloso" e "politicamente scorretto" della narrazione, con tanto di genitore morente burbero e assente, un figlio adolescente gay, e dei tradimenti "in fieri" in vista. Ma piuttosto che tendere al musical, al dettaglio decorativo, alla facilità dei caratteri, Levine decide di ispessirli, di inserirli in un preciso ambiente e di sottolineare le loro carenze/ossesioni oltre ai loro limiti umani. Non lo fa con presunzione nè con precisione, ma alla fine riesce a trasmettere un senso di frustrazione agli spettatori che è difficile da trovare nelle storie nerd ma surreali del mondo di Murphy, che ha imparato a colpire con l'esagerazione (nella diversità) rispetto alla lettura realistica. A dire il vero, è proprio quest'aspetto che mi fa propendere per una valutazione positiva di "Every Day", che è esile, non troppo innovativo, ma ben confezionato e interpretato con un Liev Schreiber perfetto, una leggera Helen Hunt, un riuscito Brian Dennehy e un perspicace Ezra Miller. Meno buona la prova della Cugino e di Izzard, così come qualche scelta di soundtrack banalotta.
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