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Sono in macchina con
G.stiamo andando a pranzo a casa di suoi amici che non conosco. Portiamo del vino in regalo. Sono un po’
ansioso di fare buona impressione ai suoi amici. Arriviamo in un posto
apparentemente isolato, vicino una specie di costruzione religiosa scavata
nella roccia, una chiesa o un monastero. Scendiamo dalla macchina, io porto la
bottiglia di vino. G. mi chiede di prendere una bottiglia di acqua che è
rimasta in auto. Gli passo la bottiglia di vino e prendo quella di acqua, anche
se ora penso che farà una figura migliore lui che si presenta con il vino in
mano, mentre sembrerà che io porti solo acqua. G. mi apre una grande porta e
vedo delle scale intagliate nella roccia che salgono verso l’alto. (…) Siamo in casa degli amici di G., un
appartamento lussuoso. Ci sono forse una decina di invitati. Aiuto anche io a
cucinare della pasta, forse un’amatriciana. Mentre sto riempiendo i piatti,
squilla il telefono e la padrona di casa va in un’altra stanza a rispondere.
Anche gli altri ospiti si alzano e vanno in altre stanze a parlare fra loro. G. mi fa segno di
aspettare. Io aspetto un po’ ma non succede niente. Sento la donna che parla al
telefono nell’altra stanza. La pasta si raffredda nel piatto. Vorrei mangiarla,
anche perché ho fame. Chiedo a G.: “Ma quanto ci vuole?” Mi risponde: “Forse una mezz’oretta…”. Penso
che è offensivo invitare della gente e poi lasciarla ad aspettare così. Forse
dovrei mettermi a mangiare senza curarmi di tutte queste persone stupide e
formali, ma sono un po’ indeciso perché a parte me nessuno sembra disturbato di
dover attendere. (Mi sveglio).
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