E’ tradizione, nella scuola della ‘povna, che le quinte organizzino – durante quella zona grigia che sta tra l’inizio degli esami e fine anno – una cena in grande stile, alla quale invitano tutti i professori del consiglio di classe, con bella precisione.
Ovviamente, a questo rituale non poteva sottrarsi nemmeno l’Onda, che ha passato gran parte di maggio a discutere di menu, luoghi, organizzazione, ambienti, proponendo e scartando, una dopo l’altra, varie supposizioni. Poiché la ‘povna, come è noto, ha trascorso con loro un cospicuo numero di giorni di quello stesso maggio, è capitato che fosse coinvolta in ipotesi e scelte, alle quali lei si è data con puntiglio – e che finivano sempre, dopo risate multiple, con lo stesso mucchietto (esplicito, o inespresso) di parole: “Se a questa cena ci fosse anche lei, professoressa, sarebbe solo giusto. A noi, come immagina, piacerebbe tanto. Però, boh, chissà, gli altri insegnanti; e poi, le tradizioni”.
“Non vi preoccupate” – li aveva rassicurati la ‘povna – “per sapere che cosa siamo, a noi, questo non serve. Fate le cose così come si aspettano. E poi, se mai, a esame finito, noi dopo ci pensiamo”.
Poi i giorni erano sfilati via, veloci come il lampo; e la ‘povna, travolta come tutti, alla cena non ci aveva più pensato.
Fino all’ultima settimana giugno, quando – lei è come sempre, di straforo, in aula insieme all’Onda – tutto intorno si fa, improvviso, un gran silenzio. Poi prende la parola l’Ingegnera Tosta:
“Volevo dirti che lunedì prossimo c’è la cena finale della quinta: e sono molto felice che sia stato dato a me il compito di invitarti ufficialmente come membro del consiglio di classe. A nome loro” – sguardo circolare ai diciassette visi sorridenti – “certo, ma anche dei colleghi”.
La ‘povna resta senza parole, e poi arrossisce e ringrazia. Negli occhi ci sono i lucciconi. Finisce così, in modo imprevisto, e insieme prevedibile, la bislacca storia di questo triennio. Iniziato con una circolare di Esagono che imponeva all’Onda di staccare i cartelloni-Neverland dai muri della loro aula. Continuato con gli scontri con Stordita e Agricola Buonista (e la ‘povna costretta a nascondersi, per i ricevimenti, quando venivano a salutarla i loro genitori). Ma proseguito, poi, con la storia di Dorothy (e la spedizione per andare a salvarla, con le bimbe, laggiù a Oz); e con la grande cavalcata del quarto anno che ha sancito la fine delle ostilità (e, anzi, il riconoscimento di un reciproco rispetto) tra lei ed Esagono, in modo ufficiale.
Tra poco, dunque, la ‘povna si metterà il vestito bello, e i tacchi. Per raggiungerli tutti che la aspettano, a casa di Lupin.
E a lei sembra davvero che non ci sia storia più bella di questa per raccontare come sia possibile – stando fuori, ma insieme dentro le regole – improvvisare, nel reciproco rispetto, nuovi significati delle parole “gruppo”, oppure, perché no, proprio “insegnare”.