Il quesito del mese. A cura di Patrizia.
Io al tuo posto avrei detto…avrei fatto…. se fossi stata al tuo posto…
Quante volte ci si sente dire questa frase! E quante volte, diciamocelo sinceramente, magari l’avremo detta anche noi. Magari, non sempre. Magari, non tutti. Però… almeno una volta nella vita credo sia capitato a chiunque. E pensare che è una delle frasi più meschine che si possano dire. Al tuo posto…. ma io non sono al tuo posto così come tu non sei al mio. Ecco il problema! Siamo tutti esseri umani senzienti, capaci di gioire e soffrire, ma questa è l’unica cosa che ci accomuna. Per il resto ognuno ha la sua indole, il suo carattere, le sue capacità. Ognuno affronta la vita e le sue varie situazioni in maniera diversa. Con coraggio, con rabbia, rassegnazione, indignazione, stupore….
Non siamo anime gemelle. Siamo persone e basta. Con la propria individualità. Ognuno a suo modo, come era scritto sul campanile della chiesetta di Coazze.
Ecco! Volevo chiedervi: a voi è capitato di sentirvi dire la frase incriminata? O di dirla? E non mi riferisco all’acquisto di un abito ma bensì di cose veramente importanti. Di fatti più o meno gravi, dolorosi. E come vi siete sentiti? Quale è stata la vostra reazione?
Io l’ho detta quella frase negli anni passati poi però ho capito che stavo sbagliando. Che non è giusto! Ero giovane ma non so se è una scusante. Adesso, invece, avendo superato il mezzo secolo, posso dire che le esperienze della vita mi hanno insegnato tante, troppe cose, lasciandomi cicatrici indelebili sia fisiche che non e che la mia visione sugli avvenimenti è molto diversa. Posso provare empatia, no, forse la parola è troppo forte… diciamo che posso provare solidarietà per una persona, simpatia… posso provare a scuoterla perchè non si abbatta. Ma non riesco più a giudicarla nelle sue scelte. Riesco a starle vicino anche quando non sono d’accordo, ma non giudico più.
E quanto a me, al sentirmi dire tale frase, rispondo con rabbia. Peccato che al mio posto ci sia io e non tu! Ecco la prima cosa che rispondo. Come feci per la prima volta nel 1986, il 12 di luglio quando morì mio padre. Cancro al pancreas e calvario indicibile. Mentre lo portavano nella camera mortuaria dell’ospedale, una conoscente mi disse ma su, dai, che poi ti passa! Tanto moriamo tutti! Al tuo posto adesso andrei via qualche giorno… Io… e mia madre? Tenni per quindici giorni sul braccio destro due lividi rotondi. Erano i segni delle ditate di mio marito che mi aveva presa per il braccio e trascinata via per paura che le dicessi di andare a quel paese. Glielo dissi, è vero, ma ormai era tra le braccia del mio consorte. A piangere, non a organizzare le ferie.
Non so! Forse la mia reazione alla frase è dovuta ad un macigno che ho sullo stomaco, un groviglio di rabbie passate e presenti che sono lì, latenti, ma che se trovassero una via di sfogo sarebbero come l’esplosione atomica di Hiroshima. Forse, è dovuta al fatto non voglio più essere giudicata e quindi evito di farlo. Poi, bisogna sempre vedere chi ti dice una simile frase. La maggior parte delle volte, chi la dice, se è a proposito di figli, non ne ha…. se è a proposito del coniuge magari è vedova/o o separata/o…. se è a proposito di soldi magari guadagna 20 mila euro al mese confronto al tuo stipendio che non è nemmeno la decima parte.
Voi cosa ne pensate? Questa frase….questo se fossi al tuo posto…. vi irrita? Vi lascia indifferenti? Come vi comportate? Soprattutto, è giusto giudicare il comportamento degli altri quando si tratta di avvenimenti strettamente personali?