Io capisco che fare ricerca, studiare per pubblicare, andare ai convegni, leggere libri, sia più piacevole che insegnare. Io lo capisco, davvero. Una persona che vuol fare l’insegnante arriva a diventare al massimo docente in un liceo. All’università l’insegnamento è lo scotto da pagare per fare il resto, è l’effetto collaterale, è la rogna, il fardello, la rottura di coglioni.
Perché io capisco tutto, capisco davvero tutto, studi per anni e anni, e poi ti scrive una come me e le devi rispondere, arriva a ricevimento una come me e la devi ascoltare, lo so, è frustrante.
Però sai, caro professore di stocazzo, sono quelle come me che pagano la retta all’università, è anche grazie a quelle come me che tu stai lì, esattamente dove sei. E’ anche grazie a me che puoi fare ricerca in materie dove la gente normale (cioè quella fuori dall’università) pensa che non ci sia più nulla da ricercare.
Quindi caro professore di stocazzo io vorrei un po’ più di rispetto, così magari nel prossimo post non ti chiamerò professore di stocazzo ma Professore, con la P maiuscola, quella che sono obbligata ad usare nelle email a cui non mi rispondi.
Vorrei che mi rispondessi alle email, non dico nel giro di due ore, ma almeno in tre giorni sì. Perché sai, caro professore di stocazzo, io ti vedo che giri con il mac sotto braccio, io l’ho visto il bel computer sulla tua scrivania nel tuo studio nella nostra università, mi stai veramente dicendo che non hai tempo o che non hai avuto la possibilità di controllare l’email? E’ vero che io sono solo una umile studentessa senza laurea ma non sono ancora totalmente rincoglionita, fattene una ragione.
Vorrei che al ricevimento tu mi ascoltassi e non facessi altro. Perché lo so che hai mille mila impegni, io capisco, l’ho scritto sopra che capisco, però il ricevimento serve a quello. Serve a ricevere quelle come me che magari non possono frequentare o che non hanno capito o che vorrebbero un chiarimento. Serve a quelle come me che ingenuamente prima ti contattano via email pensando No ma dai gli scrivo, mica lo vado a disturbare per una cosa del genere ma quando vedono che dopo 10 giorni ancora non hai risposto non hanno molta altra scelta.
Vorrei che il ricevimento durasse il lasso di tempo per cui hai dato disponibilità. Sai, caro professore di stocazzo, sai quanto mi sta sul culo arrivare alle 11.10 e vedere che tu non ci sei più perché il ricevimento iniziava alle 11 e non c’era nessuno? Io, sempre molto ingenuamente, pensavo che ricevimento dalle 11 alle 13 significasse che tu, carissimo professore di stocazzo, le due ore le passassi lì in studio ad aspettare quelle come me. Due ore, in una settimana. Le stesse che io impiego tra andata e ritorno in treno per venire a ricevimento da te.
Vorrei che non delegassi sempre. Perché se io chiedo una cosa a te e da te che voglio una risposta. Non va bene se mi dici Chieda alle sue colleghe. Non mi piace che mi dai del lei per poi trattarmi da minorata mentale. Io adesso ti chiamo professore di stocazzo e infatti ti sto dando del tu.
Vorrei che non mi trattassi con condiscendenza, perché avrò tanti problemi, avrò tante mancanze, però cosa indosso, cosa leggo, che borsa uso, che scarpe porto, che domande ti faccio non mi qualificano automaticamente come una povera imbecille ritardata da trattare come una deficiente. Caro professore di stocazzo io l’ho visto il tuo sguardo compassionevole mentre leggevo Rat Man, e sai cosa ti dico? Che un qualsiasi numero di Rat Man è di gran lunga migliore dei libri che scrivi tu e che obblighi gli studenti a comprare, perché se non ci fossero quelle come me la tua carriera di pubblicatore sarebbe finita ancor prima di cominciare.
Vorrei, e qua mi rivolgo ai cari quasi professori di stocazzo, dire agli amici dottorandi che il passaggio da studente a dottorando non vi rende in alcun modo migliori come persone rispetto a come eravate prima. Due mesi fa eravate gli stessi che nel gruppo di FB si disperavano, gli stessi che si vestivano come degli straccioni e che fumavano in chiostro sigarette autoprodotte. Due mesi dopo girate per i corridoi dell’università come se fosse vostra, in giacca e cravatta, e trattate gli altri studenti, quelli che fino a un mese prima vi rispondevano su FB, come se fossero merda. Non va bene cari quasi professori di stocazzo. Perché poi magari quelle come me si stufano, smettono di pagare, lasciano l’università a quelli come voi, quei pochi come voi e sapete cosa succede? Che vi divertirete a fare le vostre cose, a fare ricerca, a leggere, a sognare, ma lo dovrete fare con metà dello stipendio da fame che già prendete. E allora forse vi divertirete un po’ meno.
Vorrei che i professori di stocazzo smettessero di trattare gli studenti come l’effetto indesiderato dell’università. E vorrei più Professori, quelli che ti ricevono e ti aiutano, quelli che rispondono alle email, quelli che magari se hanno un corso con poche persone se ti vedono ti salutano perché si ricordano, quelli che non scrivono libri inutili ma pubblicano articoli e li puoi prendere fotocopiati, quelli che magari si ricordano di essere stati anche loro studenti qualche tempo fa.
Io non sono l’effetto collaterale, non mi va di essere trattata così.