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Io chiedo scusa di Giusy Carofiglio

Creato il 18 ottobre 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
john-henry-fuseli-macbeth-thumbLascio il marciume di una terra arcana
nelle mani degli dei, piccoli sordi lividi
e nella stessa devastazione che hanno creato
in nome di una giustizia vuota.
L’inorridire dei passi sui passi, l’eccidio delle ombre
questo lascio, in nome di una strana libertà che fa male.
Hanno provato a fuorviare la strada, poveri  matti
un manicomio di anime deliranti
deridenti e arcuate, minime e indolenti
vergognose d’intento e intelletto, mediocri nel cuore.
Mi  ciondolo ancora, tra le grazie della mia luce, non mi rimando
né di riflesso vivo, ma, Sono, e mi basto.
Essere ha un potere supremo
fa troppa paura, quasi come un abbandono.
Non provare a cercarmi ancora tra i morti, la tua veglia
è assurda e vana, ha una fronte alta il mio tempo
ali larghe come spalle e la luce, sa filtrare finestre e tende
non s’arrende alle tenebre, né alla meschinità.
Sai, è carnale un bisogno, troppo vero al tocco, troppo umano
le verità, sono crudeli, strappano la benda dagli occhi
stridono i denti, come un dolore.
È il vacuo di un affetto sordo, che ha tragitti scoscesi e attenti
cadendo ci si fa solo male, e si ha sempre paura
come delle vie di mezzo, non hanno luogo, né cerchio, né senso, né casa
e l’amore è una pretesa, un guanto, una corda, un cappio, una sfida
troppo grande, troppo impegno, essere uomini pesa
e gli eroi è ovvio, sono delle favole, e io
io chiedo scusa, non so essere fata né dea.

Resto solo una donna

Artwork, John Henry Fuseli: Lady Macbeth, 1784

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