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Io e il mio medico: la presa della pastiglia

Da Dejavu
Io e il mio medico: la presa della pastiglia
Premettendo il fatto che quando entro nello studio del mio medico sono io a chiedere a lui come stia - il che è tutto dire - quella che mi accingo a raccontarvi non è affatto una barzelletta.
E' la pura verità! Lo giuro su di voi. Cosa? Non vi sta bene? Ahò e mica posso andare dal dottore due volte al giorno!
Davanti a casa mia c'era una chiesa che sembrava una villa moderna. Le sorse ben presto accanto una palazzina che invece sembrava una chiesa. E tutto a causa di una vetrata a forma di rosone. Dalla mia terrazza era diventato uno spasso vedere sposi e fedeli che scambiavano l'una per l'altra e si attaccavano al citofono del condominio, non capendo più una mazza di dove fosse finito il prete.
Fatto sta che in quello stesso condominio un giorno prese dimora il mio medico di base. Bastava attraversare la strada, anche moribondi, per andare da lui ed essere salvati. Il fatto che i miei due vicini fossero morti dopo che li avesse presi in carico non mi aveva distolto dal proposito di diventare un suo paziente. La comodità di averlo di fronte era troppo vantaggiosa per rinunciare. Così, una decina d'anni fa, decisi di affidarmi a lui. Una mattina, nella sua sala d'aspetto, c'era la solita sfilza di pazienti che - per quanto tentasse di decimarli - continuavano a crescere come funghi, sicchè decisi di rimanere in piedi accanto alla porta per non perdere il mio turno.
"Buongiorno dottore come va?" gli chiesi entrando. "Eh insomma, al solito" "Guardi che il tasso dei miei globuli bianchi è troppo elevato" "Ma cosa vuole che sia? Mi dia il referto ospedaliero che lo metto in una cartelletta che infilo nello stanzino, che tengo come ricordo" "Ecco bravo, conservi un buon ricordo di me dovesse capitarmi qualcosa". Mi tocco le palle per scaramanzia e lo saluto. Uscendo giù in strada, d'un tratto sento dei passi sulla ghiaia che mi stanno seguendo. Mi giro di scatto e riconosco alcuni tizi che stavano nella sala d'aspetto. "Dottore, lei visitare anche noi prima di andare via? "Dottore a chi?" "Lei dottore! Quando tornare in ambulatorio?" "Ma che cazzo c'entro io! Io ho studiato legge, non saprei manco toglierti una verruca" "Lei essere uscito da porta di ambulatorio medico. Dunque lei essere dottore!" "E da dove dovevo uscire? Dalla tromba dell'ascensore?? Ma mi faccia il piacere". E me ne vado non proprio scontento, a dire il vero, di essere passato per uno al quale dona il camice bianco.
Stamattina, non mi hanno scambiato per lui ma in compenso ho fatto una figura molto poco professionale. Solita sala d'aspetto, solita sfilza di pazienti che gli vanno a raccontare di come hanno ereditato i mali dal trisavolo, solita loquacità del mio medico che dice "cosa vuole che sia?". C'è chi sfoglia riviste di due anni fa, c'è chi sta russando per aver atteso due ore, c'è chi ha ridotto l'impegnativa a un aeroplanino e chi gioca invece con il cellulare. Penso di spegnere il mio prima di entrare nello studio e infilo l'indice nel taschino della camicia, ma per sbaglio vado ad attivare l'autoscatto temporizzato. Parte l'allarme che scandisce i secondi, tutte le teste si girano, io mi gratto per farlo smettere, a momenti la gente sorridendo molla tutto e si alza per mettersi in posa e fare una foto di gruppo. "State calmi" faccio io. "E' solo il mio cercapersone. Sono l'assistente del medico e mi stanno chiamando dall'ospedale" Si sente un "aaaaaa" mentre io scappo fuori cercando di mettere fuori uso la sirena. Una ragazza che sta giungendo in quel momento mi chiede "scusi, è già aperto il suo ambulatorio?".
E lì capisco che se il mio medico dovesse scappare
avrei un futuro da luminare ...

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COMMENTI (1)

Da Silvia
Inviato il 04 agosto a 11:55
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Come ti capisco,non puoi immaginare,ma a proposito,come vanno i tuoi globuli?potrebbe essere un'infezione...