Due le qualità del film. La prima è quella mdp sempre in movimento, il gioco continuo delle inquadrature: se pensi a Bertolucci immobile sulla sua "sedia elettrica”, vorresti quasi abbracciarlo. L’altra è il lavoro accurato che il regista ha fatto sul protagonista, il brufoloso Jacopo Olmo Antinori che dà vita a Lorenzo, quattordicenne introverso che si barrica in cantina invece di seguire i compagni di classe per la settimana bianca.
La pecca consiste casomai nella scelta del materiale di partenza. Ammaniti sa scrivere, gli riesce naturale e non ha bisogno di cucirsi su uno stile, ma il libro da cui il film proviene è assai modesto, si regge su una sola idea senza grandi sviluppi. Il personaggio della sorellastra di Lorenzo risulta fastidiosamente convenzionale, la solita tossica che si fa di eroina (nel 2000?), e Tea Falco non riesce proprio a renderla interessante. Non si capisce, poi, in che modo la sua ruvida esperienza esistenziale contribuisca alla crescita sostanziale del ragazzo.
Bertolucci ha il merito di tagliare del tutto prologo ed epilogo presenti nel testo (inutili), tralasciare qualche passaggio e creare spunti stimolanti (il formicaio). L’inquadratura finale di Lorenzo sembra inoltre un esplicito omaggio al giovane protagonista de I quattrocento colpi, una delizia per gli occhi dei fans di Truffaut. Diciamo che il film, nonostante certe ingenuità e imperfezioni, è superiore al libro. Non ci voleva molto, Ammaniti non è Moravia, ma Bertolucci dimostra vitalità e voglia di rimettersi all’opera. Non sta facendo insomma la fine di Antonioni, e questa mi sembra la notizia migliore.
Io e te, di Bernardo Bertolucci, con Jacopo Olmo Antinori, Tea Falco, Sonia Bergamasco, Veronica Lazar (Italia, 2012, 97’). Presentato fuori concorso al 65° Festival di Cannes e visto al Cinema Fratelli Marx di Torino.