LEZARE / ZALALEM WOLDEMARIAM / ETIOPIA 2010
In una durata di appena 14’,40” minuti il regista etiope Zalalem Woldemariam ci racconta in un filmato
la vicenda di un ragazzino senza fissa dimora ,che si svolge in un piccolo villaggio del sud dell’Etiopia.
Il cortometraggio veicola un messaggio forte sul riscaldamento globale della Terra,mettendo in evidenza i pericoli che ricadranno sulle future generazioni qualora si continui a vivere pensando solo all’oggi.
Lezare, infatti, significa “per oggi”.
Si è scritto molto bene di questo breve film ,prodotto dallo stesso Woldemariam con mezzi propri, e si è detto che esso esplora il rapporto tra il depauperamento dell’ambiente e la povertà.
Che il film è capace di produrre emozioni attraverso il linguaggio specifico della forma espressiva cinematografica. E, ancora, che Woldemariam adotta la tipologia del racconto morale ma che lo spettatore non si lasci ingannare dall’apparente “trasparenza” della narrazione: la morale che chiude l’apologo non ha nulla di ingenuo.
Difficilmente lo vedremo nelle sale cinematografiche ma auguriamoci che passi o nelle tv o in quei circuiti specifici, cui generalmente afferisce questo genere di produzioni.
Merita e parecchio pure.
PAOLO RUMIZ /IL BENE OSTINATO / FELTRINELLI - 2011 /pp.136
I “Medici con l’Africa” del CUAMM(Collegio Universitario Aspiranti e Medici Missionari) di Padova si spendono dal 1950 per il diritto fondamentale alla salute e l’accesso ai servizi sanitari in diverse parti del pianeta.
Il CUAMM oggi è presente in Africa in sette Paesi:Angola, Etiopia,,Kenya, Mozambico, Sudan, Tanzania e Uganda.
L’incontro tra il CUAMM e Paolo Rumiz è la scintilla da cui nasce “Il Bene Ostinato”.
C’è uno scrittore- viaggiatore ( il triestino Rumiz lo conosciamo bene attraverso i suoi non pochi libri di viaggio) ,che s’innamora del progetto che gli viene proposto(celebrare i 60 anni di attività del CUAMM) e parte per l’Africa e lì osserva un’altra Italia in azione.
Si sofferma sulle donne e sugli uomini – non solo medici – che con le famiglie decidono di lavorare nei villaggi e nelle città, dove opera il CUAMM.
Quali sono le loro storie? Com’è cambiata la loro vita? Qual è la radice del loro impegno?
E’ l’occasione per indagare e raccontare un mondo poco conosciuto, composto da singolari emigranti, professionisti, che si sradicano dall’Italia con le proprie famiglie per trapiantarsi in contesti disagiati, spesso pericolosi, sempre impegnativi.
Chi scrive ha conosciuto il CUAMM attraverso una corrispondenza e successiva amicizia con il dr. Santino Invernizzi,novarese, medico prima a Wajir nel nord-est del Kenya e poi a Gambo, in Etiopia.
Tutte le storie di questi uomini e donne al servizio dei meno fortunati sono storie molto particolari, a volte uniche. Esse connettono il Nord al Sud e forse aprono una strada al futuro in tempi che inducono la maggioranza delle persone a chiudersi, a titillare i propri “egoismi”, ad alimentare in sé e nei propri figli le paure del “diverso”.
L’esatto contrario di ciò che pensano, hanno fatto e continuano a fare coloro, che incontriamo nelle pagine del libro di Rumiz.
TIKEN JAH FAKOLY E “AFRICAN REVOLUTION”(2010)
Chi è Tiken Jah Fakoly? Si tratta del nome d’arte di Doumbia Moussa Fakoly, classe 1968, un cantante di reggae ivoriano, noto specialmente al grosso pubblico appassionato del genere.
Tiken nasce, guarda caso, in una famiglia di griot e scopre ancora da ragazzino la musica reggae, che subito lo affascina e lo coinvolge al punto di arrivare a fondare, intorno ai vent’anni, il suo primo gruppo musicale.
Siamo nel 1987 e il gruppo prende il nome di Djelys.
Si fa conoscere prima a livello regionale e successivamente in tutta la Costa d’Avorio. Giovani e meno giovani l’apprezzano e lo seguono.
Intelligente ed acuto osservatore della vita pubblica, egli s’interessa alla politica attiva del suo Paese e allo sviluppo sociale che, come conseguenza di una politica onesta, sarebbe la cosa necessaria in quei contesti.
Non ha peli sulla lingua. E scrive così anche alcuni brevi saggi sull’argomento, che trovano lettori attenti ma non solo tra i suoi ammiratori e appassionati di reggae.
Nel 1998 arriva finalmente ad esibirsi a Parigi ed è la consacrazione ufficiale in ambito internazionale.
Perché proporlo? Perché proporre i suoi album?
Perché Tiken Jah Fakoly ci regala una musica che, a suo dire, si propone di svegliare le coscienze. E di questa “sveglia” l’Africa, oggi più di ieri ,ne ha bisogno.
A cura di Marianna Micheluzzi(Ukundimana)