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Io, la musica e i miei compagni di viaggio. Intervista a Mia Martini

Creato il 22 luglio 2012 da Pippo
Io, la musica e i miei compagni di viaggio. Intervista a Mia Martini  Un lungo silenzio dopo un album peraltro splendido, dedicato ai compagni di viaggio, e comprendente interpretazioni di brani di Francesco De Gregori, Luigi Tenco, Randy Newman, Joan Manuel Serrat, Una sorta di clamoroso testamento prima di un triste buio provocato dall’imbecillità e dalle feroci regole di un mondo – quello della canzone – meno luccicante di quanto possa apparire. Poi uno splendido rilancio, complice anche il Festival di Sanremo e una canzone Almeno tu nell’universo, che giaceva in qualche cassetto almeno da una decina d’anni, probabilmente ad aspettare proprio lei, Domenica Bertè, in arte Mia Martini, una delle più straordinarie interpreti della nostra canzone, una vera signora, emozionante ed emozionale.
Questa intervista, nella quale Mimì si offre quasi senza pudore, vuole essere solo il racconto di una carriera difficile, splendida, sofferta e straordinaria come poche.
GDG: Iniziamo dal tuo primo periodo; quello con Crocetta, del Festival d’Avanguardia e Nuove Tendenze, della collaborazione con Claudio Baglioni.MM: Sì, Claudio ha scritto delle cose bellissime per il mio primo album: da Gesù è mio fratello alla stessa Oltre la collina. Cose, allora, molto di rottura. Una collaborazione nata dallo stesso produttore artistico, Antonio Coggio.
GDG: E’ durata lo spazio di un solo album, visto che poi sei ‘migrata’ alla Ricordi.MM: Sì, perché ci sono stati dei grossi contrasti tra Crocetta e Melis, l’allora capo della RCA. Ho interrotto quindi il mio lavoro con Coggio, iniziando a lavorare con Giovanni Sanjust e da lì sono arrivate le collaborazioni con i fratelli La Bionda, con Maurizio Fabrizio, Maurizio Piccoli, Dario Baldan Bembo.
GDG: E venne il successo di Piccolo Uomo e Minuetto.MM: Sì, per quanto concerne il boom commerciale. Ma il primo album resta forse una delle cose più belle ed emozionanti.
GDG: Ad un certo punto arrivò Ivano Fossati.MM: Sì, dicendomi subito che ero una stupida, che ero solo una voce senza cervello e che se gli altri non avessero scritto delle cose per me, non sarei stata nessuno. Questo mi toccò profondamente nell’orgoglio, tanto che dentro provai una sorta di ribellione. Ero molto innamorata di Ivano, e volevo che lui pensassi fossi alla sua altezza, non tanto in fatto di bravura, quanto nel non essere quella cosa così vergognosa che lui reputava fossi. La verità era che lui, nel confronto con i miei autori, era gelosissimo. Ricordo che quando Pino Daniele mi telefonò per dirmi che aveva scritto delle canzoni per me e che mi voleva produrre, lui non trovò altro di meglio da fare che scaraventarmi addosso il vassoio della colazione, caffè bollente compreso. Allora diciamo che ho iniziato a scrivere canzoni con continuità soprattutto per amore, poi, invece, ho scoperto nuovi orizzonti, tanto da dimenticare ben presto il fine per il quale avevo iniziato. Così sono entrata in un nuovo, affascinante mondo, rendendomi conto di tante cose: soprattutto ad interpretare meglio le canzoni le canzoni degli altri. E’ come ascoltare un’opera sinfonica non solo con l’emozione, ma con la consapevolezza di saper interpretare ciò che i musicisti propongono. E’ tutta un’altra cosa. Scopri un mondo di nuovi colori.
GDG: Hai anche realizzato un’emozionante versione dal vivo di Vedrai Vedrai, forse una delle più belle mai incise. Vale il discorso fatto sopra?MM: Certamente. Pensa comunque che l’ho cantata in maniera stranissima, con Fossati che m’accompagnava al pianoforte senza che mai l’avessimo provata prima. Sono stata io a spingerlo a suonare il pianoforte; lui è nato come chitarrista/flautista, e mentalmente è un batterista. Qualsiasi cosa lui scriva o suoni, lo fa come se stesse dietro ad una batteria, anche i testi. Suona il pianoforte, ma in realtà sta suonando cassa, rullante e charleston. Tornando al pezzo, non ho voluto provarlo proprio per far entrare Ivano in questo modo strano che ho io di cantare e penetrare le cose fatte solo con piano e voce. Uso un sistema (ma non so se è giusto chiamarlo così) molto particolare, dove gli arrangiamenti non possono essere scritti, ma ognuno di noi, cioè io e chi sta al pianoforte, prende stimolo dall’altro. Per cui è come dipingere una tela e farlo in due. E non può esistere l’arrangiamento scritto perché è una cosa che ogni sera può essere diversa, a seconda del feeling e del modo nel quale stiamo entrando.
GDG: E’ anche un modo di porsi diverso, rispetto alle rigide regole dello spettacolo.MM: Un modo che a me piace molto perché ogni volta è un evento. Può cambiare un’infinità di volte, prendendo solo accordi sulla tonalità, ad Ivano ho chiesto solo di fare un’introduzione che poi sarei arrivata là, dove le sue note m’avrebbero trasportata.
Io, la musica e i miei compagni di viaggio. Intervista a Mia Martini
GDG: Come è nato il disco live?MM: Dalla mia esigenza di dover fare una scelta definitiva, di dovere lasciare questo lavoro. La mia vita era diventata impossibile, qualsiasi cosa ormai facessi era destinata a non aver alcun riscontro e tutte le porte mi si chiudevano in faccia. C’era gente che aveva paura di me, che, per esempio, rifiutava di partecipare a manifestazioni nelle quali avrei dovuto esserci anch’io. Mi ricordo che Salvetti mi scongiurò di non partecipare al Festivalbar perché, con me, nessuna casa discografica avrebbe mandato i propri artisti. Eravamo ormai arrivati all’assurdo. Per cui decisi di ritirarmi dignitosamente con un addio bello e importante. Un album curato, fatto con amore per il mio pubblico. Così ho pensato di registrare questi concerti dal vivo, cosa che non avevo mai fatto prima, per lasciare una parte veramente di me a chi ancora mi seguiva. Solo che non sono assolutamente una persona seria e dopo otto anni eccomi ancora sulla scena. Avevo scherzato. La zanzara è tornata.
GDG: E qual è stata, invece, la molla che t’ha spinta a rigettarti nella mischia?MM: La voglia di non continuare a prendere in giro il mio pubblico. Continuavo a cantare ugualmente, perché in qualche modo dovevo vivere e cantare è l’unica cosa che so fare, ma alla fine mi sono resa conto che così non poteva continuare: tra impresari senza scrupoli, gente che speculava, gruppi da farti accapponare la pelle ed impianti infami, mi sono resa conto che così si prendeva solo in giro la gente. Gente che poi si affeziona ad un personaggio e, come minimo, gli chiede della credibilità. Mi sembrava ormai di essere una mignotta, una che vende delle cose false. Era meglio smettere. Nel ricominciare, s’è trattato del percorso inverso. Sentivo che il mio pubblico mi aspettava ancora, perché non accontentarlo? E l’unica per uscire da tanto schifo era quello di incidere un nuovo disco, anche se con tantissima paura, perché l’idea di tornare nell’ambiente, fra gli addetti ai lavori, fra quelli che m’avevano sempre perseguitato, fatto delle guerre folli, non è che mi lasciasse molto tranquilla. Invece è successo che ho reincontrato Sanjust che ha saputo infondermi nuova grinta ed eccomi qua.
GDG: Cosa si prova, improvvisamente, ad uscire dal tunnel?MM: Ah! E’ come se fossi stata per un po’ di tempo col naso chiuso e non avessi potuto respirare. Poi, finalmente, vedi la luce, finalmente respiri e puoi sentirti libera di vivere e camminare a testa alta.
GDG: Te lo aspettavi questo ritorno alla grande?MM: Sinceramente, no. Non ci ho mai creduto. Quando decisi di smettere ero altrettanto convinta che non ce l’avrei più fatta a riprendere. E quando questo è successo, l’ho fatto - come t’ho detto – convinta di rincamminarmi su una strada molto difficile. Nella mia ingenuità non pensavo certamente a Sanremo. A un disco, sì, magari ad un po’ di promozione, ma finiva lì. Non potevo certo prevedere tutto il baillame che s’è scatenato dopo. Invece è stato tutto così semplice, così facile e naturale. Ma non è dipeso solo da me; il merito non è stato certamente tutto mio. E’ stato soprattutto il pubblico a venirmi incontro con un affetto pazzesco.
GDG: Ma come possono accadere certe cose?MM: Non lo so. Non so quale sia il meccanismo che ad un certo punto scatta. E’ tutto illogico ed irrazionale…
Io, la musica e i miei compagni di viaggio. Intervista a Mia Martini
GDG: Sanremo è forse servito a molti per togliersi un mattone dalla coscienza….MM: Sì, lo penso anch’io. Anche perché, in fondo, Sanremo non è stato poi questo grande successo. Secondo me è scattato qualcosa. Forse la voglia di togliersi, appunto, un peso. Forse il fatto che erano passati tanti anni e qualcuno ha deciso che la mia espiazione poteva bastare.
GDG: Ritorniamo ad Ivano Fossati. Forse il vostro è stato il primo vero e proprio connubio tra un autore e un’interprete. Un’unione molto turbolenta sia a livello professionale che emotivo…MM: Sì. E’ stato uno scontro tra la Feccia del Sud e la Freccia del Nord. E, Dio, sa, se si son viste le scintille! Sono passati tanti anni e sono ancora tutta ammaccata. La botta è stata veramente traumatica.
GDG: Di quasi vent’anni di attività, quali compagni di viaggio vorresti ancora portarti indietro?MM: Ce ne sono tanti. Vorrei portarmi dietro Claudio Baglioni, per esempio. Francesco De Gregori, da cui sto ancora aspettando una canzone scritta apposta per me, Randy Newman. Vorreo portarmi dietro John Lennon, che è quello che amo di più. Sono tanti quelli che vorrei ancora nel mio viaggio.
GDG: E lasciare?MM: No, non credo sia giusto mollare nessuno perché chi è stato mio compagno di viaggio – nel bene e nel male – fa comunque parte della mia storia e della mia vita. Quindi non c’è nessuno da lasciare indietro.
GDG: Altri imperdibili compagni?MM: Maurizio Fabrizio, per esempio. Con la sua classe e meravigliosa raffinatezza musicale ha scritto per me delle cose bellissime. Da Amanti ad Almeno tu nell’universo.
GDG: Quando hai scoperto che attorno a te non esisteva più quell’alone malvagio e che il pubblico stava ancora dalla tua parte, qual è stata la tua prima sensazione?MM: E’ stata una sensazione di sicurezza, di serenità e di gioia pazzesca nel vedere che finalmente potevo lasciarmi andare e dare tutto quello che mi sentivo di dare. Prima mi frenavo perché non sapevo se c’era ancora qualcuno disposto a ricevere ciò che avevo dentro. Invece ho scoperto che non solo erano disposti a riceverlo, ma addirittura lo volevano, lo aspettavano e lo esigevano. Il mio nuovo matrimonio con il pubblico è stato bellissimo e vorrei ripagarlo in maniera migliore, con cose molto più belle. Sinceramente non sono molto soddisfatta dei miei ultimi album. Forse sono un caso clinico, ma vorrei fare dischi grandi e belli, che restino. Non amo molto le mie ultime cose.
GDG: Come mai?MM: Non sono come le vorrei. Non so se è questione di budget o altro… però il prodotto finale non riesce ad entusiasmarmi. Vorrei che grandi autori scrivessero per me…
GDG: Quali?MM: Lucio Dalla, per esempio. Lo stesso De Gregori, ancora Baglioni. Ce ne sono tanti. A volte mi sento una sorta di Cenerentola della canzone. Lo so che non è bello dire questo, ma mi sento veramente insoddisfatta.
GDG: Ma la collaborazione con Gragnaniello mi sembra abbia dato ottimi risultati.MM: Sì, Enzo è un altro grande artista e sono felice di questo incontro. Le cose che mi hanno dato più soddisfazioni nella vita sono queste mie ricerche, durante le quali ho avuto degli incontri meravigliosi ed importantissimi. Uno degli ultimi è stato proprio Enzo, un grande artista che ha cose più importanti da dire e sta velocemente maturando, facendo dischi sempre più belli. Credo che abbia veramente un grande avvenire.
GDG: Quanto è contata, e conta, la speranza in Mia Martini?MM: Moltissimo. Però la speranza è legata all’entusiasmo. Quando questo non esiste più, non c’è nemmeno lo stimolo per creare della speranza.
Io, la musica e i miei compagni di viaggio. Intervista a Mia Martini
GDG: Quante volte non hai avuto entusiasmo?MM: Per tanti anni. Quando ho deciso di smettere è stato proprio perché è venuto a mancare l’entusiasmo. Non c’era più perché non riuscivo a prendermi in giro ed avevo analizzato in maniera così lucida la mia situazione che sapevo che non ci potevano più essere speranze di alcun genere. A quel punto come puoi avere entusiasmo? L’entusiasmo è una cosa che ti crea una gratificazione che puoi avere durante il tuo lavoro o l’amore. Non credo ci possano essere altri tipi d’entusiasmo, così forti da smuovere la fantasia.
GDG: Quanto conta in te, oggi, il raziocinio e quanto l’istintività?MM: La mia parte razionale ha preso ormai il sopravvento su tante cose. Tutti questi anni non è che mi hanno cambiata, ma naturalmente sono meno disposta a dare senza nulla in cambio, meno ingenua di prima. Non sogno più, ho i piedi saldatissimi a terra. E tutto questo rischia un po’ di tarpare quegli entusiasmi che invece sono necessari in questo lavoro. L’unico entusiasmo mi può venire solo dal pubblico. D’amore non ne parliamo, perché sto ancora qui, a raccogliere le briciole del mio rapporto con Ivano. Credo d’essere ormai avviata ad uno zitellaggio totale. E allora, se il lavoro non dovesse soddisfarmi, dove lo vado a trovare il mio entusiasmo? La mia razionalità ormai è terribile. La vita mi ha letteralmente proibito, pena delle tremende martellate in testa, di lasciarmi andare ai sogni.
Intervista di Giuseppe De Grassi inserita ne L'album di Mia Martini 1991
Video:

Mia Martiniin Notturno. Premio Ischia

https://www.youtube.com/watch?v=6Hj9QJ8H1po
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