Sabato scorso, mentre mi aggiravo famelico nel reparto "patatine/snack" del supermercato, è successo qualcosa che mi ha lasciato perplesso. Ecco la vicenda, copincollata direttamente dal cassetto immaginario dei miei ricordi non sempre immaginari:
Mi passano accanto un uomo e un bambino di circa nove anni. Sento l'uomo intimare al bambino: «non devi dire alla gente che non ha capito. Si dice "non mi sono spiegato!"». Mi volto, osservo l'espressione del bambino, vi leggo disappunto e incertezza.
Non posso certo definirmi un sostenitore del partito dei bambini rompicoglioni. Nei centri commerciali poi, non ne parliamo. Ma la scena a cui ho assistito mi ha spinto a riflettere. In quel non devi dire ho sentito echi reazionari, più assetati di sangue della tanto demonizzata violenza verbale. Dopo il veto, arriva il dogma si dice così. Una banale convenzione, una preghierina da recitare a memoria.
Esiste un giusto equilibrio? Esiste una netta linea di confine tra apprezzabile schiettezza e irritante maleducazione? Me lo chiedo da quando avevo l'età di quel bambino e assistevo alle manifestazioni di insofferenza della maestra di turno nei confronti di qualsivoglia espressione.. come potrei definirla? Esplicita.
Da quanto tempo l'aggettivo esplicito ha assunto un'accezione negativa? Un linguaggio ritenuto scurrile viene definito esplicito, un film erotico viene vietato ai minori per le sue immagini esplicite. Questo è solo uno dei marker che conducono alla più atroce delle diagnosi: il cancro dell'ipocrisia ha ormai diffuso le sue metastasi nei nostri lobi temporali, compromettendo il nostro linguaggio.
A questo punto, sento di dover alzare la mano. La mia intenzione non è difendere a spada tratta la sincerità. Se avessi guadagnato un centesimo ogni volta che ho mentito in vita mia, a quest'ora sarei su uno yacht da magnaccione e telefonerei alla mia personalissima redazione per ordinare la scrittura di un post su Obbrobbrio, intitolato "mi spiace per la vostra sfiga". La menzogna può salvare una vita, un posto di lavoro, una relazione.
Ciò che trovo tragicomico è che siamo schiavi dei modi. Permalosissimi animali sociali che hanno scelto, per quieto vivere, di pascolare entro il recinto delle buone maniere onde evitare di imbattersi nella suscettibilità del prossimo.
Io sono e resterò convinto che il rispetto per se stessi e per il prossimo non si dimostri castrando le proprie opinioni.