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Mi ha colpito molto il panteismo di Gino Paoli, il quale «nella natura trov[a] tutte le risposte». Sottinteso: nella natura controllata della mia fattoria toscana di Campiglia Marittima. Sono cose che andrebbero specificate, dacché natura è tutto, anche il tratto autostradale Genova Voltri-Genova Pegli. È chiaro che in questa concezione totalizzante della natura debbano essere individuate delle gradazioni nel grado di antropizzazione dell'ambiente. Ma sono sottigliezze, pulci nell'orecchio e zecche negli aeroplani della Ryan Air (all'Alitalia queste cose non succedono: le zecche - che hanno succhiato il sangue all'erario - si trovano negli uffici della presidenza).Ma l'elemento principale che mi ha fatto scattare la foto delle pagine di R2 è il riquadro arancione con scritta bianca che riporta un'altra dichiarazione di Gino Paoli:«Penso che i giovani dovrebbero considerare il lavoro nei campi per dare un senso alla vita». Ora, è innegabile che il lavoro nei campi possa offrire un senso al proprio vivere, ma va specificato bene che tipo di lavoro: da proprietario che guida i lavori altrui, o da bracciante? Perché, caro Gino Paoli, dobbiamo fare delle distinzioni: un conto è mettersi a fare il contadino a tempo perso come te, De Gregori e Sting (e tanti altri che, legittimamente, investono i propri guadagni comprando aziende agricole e poi si affidano a tecnici agrari e a operai agricoli, appunto, per ricavare olio, ortaggi, vino, frutta, ecc.); e un conto è, invece, farsi il culo tutta la giornata, come tanti giovani - soprattutto nordafricani - si fanno nei campi agricoli di tutta la penisola.In buona sostanza, io sarei più categorico, ovvero penso che i giovani dovrebbero considerare di espropriare i campi ai grandi proprietari terrieri per ottenere qualcosa di concreto e poi così offrire un senso alla propria vita. Non è vero caro compagno Paoli?
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