Adele Marini ci regala il sequel di “A Milano si muore così” con “Io non ci sto”.
Il titolo, senza dubbio accattivante, è garbatamente ripreso dal famoso discorso dell’allora presidente della repubblica Oscar Luigi Scalfaro anche se (forse) con un sapore più ironico che di sdegno.
In realtà credo che la difficoltà di interpretazione derivi dalla sfumatura trilaterale del titolo stesso: mi sono domandato infatti a chi fossero attribuite queste parole (a Scalfaro? Al protagonista? All’autrice?).
La trama si descrive con poche parole: due omicidi avvenuti a 20 anni di distanza, uno nel 1993 e l’altro nel 2003: nel primo caso viene uccisa una nobildonna napoletana, vent’anni dopo la figlia ormai adulta.
Il racconto è minuzioso, con particolari che filtrano e infittiscono la storia- anzi, le due storie che si vengono a creare – e l’autrice, grazie a questo espediente, ci descrive il passato del commissario Marino portandoci a comprendere le sfaccettature del suo carattere. Le indagini si susseguono, i flashback affiorano e la vita del commissario ci appare finalmente delineata come evidenti e naturali ci risultano i suoi comportamenti.
Questa volta il fulcro centrale della storia è un personaggio marginale del primo romanzo, il tenente colonnello Glauco Sereni che si insinua nel romanzo esattamente come riesce a fare nel proprio ambito lavorativo, riportando a galla il vecchio (ma sempre attuale) rapporto tra stato e mafia: il potere occulto.
Proprio questa parola (potere occulto) mi ha fatto notare e soffermare sulla copertina del libro e su quello che in gergo giornalistico si chiama “il catenaccio” (all’incirca un secondo titolo): “Le ombre del commissario Marino”.
Per l’appunto le ombre: all’inizio non avevo dato peso a queste parole e durante la lettura ho pensato a ombre sul passato del commissario, poi ho avuto un’illuminazione: ho pensato all’effetto ottico dell’ombra.
L’ombra impedisce il passaggio della luce (della verità?).
Non credo sia un caso che il romanzo inizi con “Roma anni 90-93”: in questi anni sono avvenute le stragi di Capaci (Falcone), di Via D’Amelio (Borsellino), di Firenze e di Milano nonché (novembre 1993) il famoso discorso di Scalfaro “Io non ci sto”.
Ma perché Roma? Cosa sa Roma? Cosa sa lo Stato? Cosa ha fatto lo Stato?
Adele Marini in “A Milano si muore così” aveva raffigurato modi e costumi della mafia, e in questa nuova occasione è entrata ancora di più nei suoi intrecci giungendo alla naturale destinazione e cioè qualcuno o qualcosa che dirige la mafia. C’è un potere occulto che si avvale della malavita organizzata (in ogni sua forma: mafia, la banda della Magliana, …) per risolvere “i problemi” che affliggono lo Stato. Ah, dimenticavo, quelli che agiscono cosi “sono i buoni”.
La modalità è quella dell’ombra (l’ombra che si avvicina e nasconde tutto): celare la verità a volte utilizzando metodi estremi che hanno il sapore di omicidio.
Non aspettatevi un finale da film americano, perché non c’è nulla da scoprire o forse non c’è nulla che può essere svelato, tutto è volto a sviscerare quella sensazione assurda dell’ignoto, di qualcosa che non si può né vedere né trovare (esattamente come l’ombra).
E allora si potrebbe dire che “io non ci sto” sia un grido di aiuto più che di ironia.
Questo è un “io non ci sto” autentico: non ci sto al segreto, all’occultamento, a far passare la vita e le cose senza rendermi conto che c’è un burattinaio, nell’ombra, che tira i fili.
D.A.
Appassionato cultore del giallo lombardo, D.A. ha già recensito per MaSeDomani “A Milano si muore così“, della stessa autrice, e i gialli di Dario Crapanzano.
SCHEDA LIBRO
TITOLO: Io non ci sto
AUTORE: Adele Marini
EDITORE: Feltrinelli – Fratelli Frilli Editori
PAGINE: 285
ISBN: 978-8807041075
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