Si tratta di un lungo colloquio tra Carla Lonzi, critica d’arte, e il suo compagno- Paolo, registrati, trascritti e infine pubblicati.
CARLA - tu avevi sempre un po’ colpevolizzato il mio rapporto con te come un rapporto che ti dava problemi che non erano tuoi, che ti appesantiva con la mia coscienza di donna, però in fondo stavi al dunque e questo mi faceva pensare che fosse una cosa che ti riguardava più profondamente di quanto tu volessi ammettere e che si stessero facendo dei passi nella stessa direzione, anche se tu dalla tua condizione di uomo, io dalla mia condizione di donna
- tutto questo capire per me è un’esigenza di vita per andare avanti e non un capire scisso dalle soluzioni che trovo. Per me va tutto insieme. Il giorno che uno capisce qualcosa di sé e dell’altro deve agire di conseguenza. Se capisco una cosa e poi ne faccio un’altra mi sento proprio massacrata da me stessa. L’inganno in cui sono caduta è questo: capire da un lato e dall’altro andare sulle piste di sempre.
- ora io non ho intenzione di cedere, naturalmente, e mi rendo conto del perché poi una donna deve cedere.
Perché il bisogno di autonomia entra in totale contrasto con il bisogno d’amore, e il bisogno d’amore è sentito così forte che prende il sopravvento sui bisogni di autonomia. Però questa è la fine…io desidero un amore che sia amore della mia autonomia, che non sia amore della mia dipendenza e del mio servizio.
- quello che proprio mi scandalizza e che mi fa sentire estranea e ferita da questo mondo è la priorità che viene data al potenziamento della condizione individuale in vista della produzione di un’opera a scapito dell’autenticità dei rapporti…
io per rapporto intendo una coscienza della realtà che scorre TRA le persone, e che per me è indispensabile per rimuovere i punti morti di una cultura che viaggia solo sulla coscienza maschile. Per me rapporto significa conoscenza reciproca e modificazione cosciente di sé all’interno di questo. L’amore dovrebbe essere un’uscita dalla solitudine, una partecipazione a qualcosa di comune…un rapporto svela delle verità, fa conoscere non solo se stessi, ma anche l’altro, dà una visione delle due parti.
- il piano della relazione persona a persona funziona nell’ambito privato e basta. Sul piano sociale è stato negato, la società si è costituita su un tipo contratto che non è quello della verità reciproca.
(L’artista) in fondo vive proprio della mancanza di rapporti e vive di climi, legami, suggestioni che gestisce e in cui non devono entrare fattori di autonomia perché lo disturbano. Oppure non lo disturbano se hanno un carattere provvisorio, per cui non si pongono come stati di coscienza che creano un altro punto di vista, ma come materiale, come stimolo, che gli permette di arricchire le sue visioni sulla realtà, e anche di avere più vibrazioni.
- io considero che la donna non esprime quell’amore e quella cura delle relazioni con tutta la problematicità con cui lei la vive…quando una donna inizia ad esprimere la sua problematicità, il suo chiedersi chi è, il suo chiedersi cosa c’è dietro una situazione o un certo tipo di rapporto, l’uomo si sdegna, si insospettisce, la comincia ad evitare. Finchè a lei non è passata quell’inquietudine, allora l’uomo è soddisfatto e dice: “ecco, ora sei veramente serena, matura”.
Invece lei si è semplicemente adattata al ruolo….avvengono tante reazioni: delle reazioni a metà, dei tentativi di vita diversa, delle rivolte subito sedate, delle manifestazioni di pazzia, dei progetti utopistici….il giorno che divento un elemento che tu senti negativo o in dissidenza, allora dici “è meglio che stia da solo, che cerchi altri tipi di contatto”, perché sono contatti, non rapporti.
- questa attività che svolgo io si basa sul rapporto umano, sulla conoscenza reciproca, sulla demolizione del " mito culturale del protagonista". Sul far vedere chele cose si svolgono sempre attraverso un dialogo, che le verità sono sempre in un rapporto. Nel lavorio sul piano umano che fa una donna insieme a un uomo. Nello scambio di due senza di che le cose non si verificano. Poi c’è questo passaggio, nella nostra cultura, che assomma tutte le prerogative a un individuo e all’opera che ha prodotto.
Io trovo astratto, cioè non vero, irreale, tutto questo costituirsi della personalità maschile come un produrre da sé. Esiste sempre un rapporto, un dialogo.
Il mio compito culturale è arrivare ad essere riconosciuta come coscienza. E quindi come parte in causa di un processo comune. È il processo non prestigioso che porta a uno scatto di coscienza che viene sempre nascosto, ed è quello in cui la donna è presente…..La donna manda avanti scatti di coscienza, senza che però cambi il sistema.
- quando io ti ho incontrato, tu eri un uomo in crisi e io ti prendevo per la mano e ti portavo dentro la tua crisi, trovando le parole, le indagini, la localizzazione dei problemi, ti portavo in questa zona che era una specie di boscaglia tutta intricata dove non c’erano sentieri, dove non c’era stata un’esplorazione.
Una donna inizia l’altro ad affrontare la vita interiore nel dialogo. Invece l’uomo ha spesso un modo solipsistico di affrontare se stesso che non lo porta molto lontano. Mentre la donna lo ha condotto agli Inferi per la mano, lui la abbandona sulla porta di casa e quando è nel mondo non crea nessun collegamento con quella che è stata la sua esperienza con la donna.
- siccome la donna è dialogo, il Paradiso per lei significa poter esercitare questo dialogo con un altro; una donna vive se stessa nel rapporto, mentre l’immagine che l’uomo ha di sé è al di fuori del rapporto. quindi la donna è abbastanza cosciente del suo bisogno dell’altro, mentre l’uomo non lo è.
CARLA- io simbolizzo questa esigenza però sono anche una figura reale, perché sono una coscienza reale di quello che rappresento. Io mi sono chiesta: “ma perché Dante ha scritto tutto quello che ha scritto con Beatrice in testa? Perché Cervantes si è rivolto a Dulcinea? Perché Petrarca si è rivolto a Laura?……l’”ispiratrice”: perché la donna simbolizza quell’esigenza di libertà in se stessi, di verità dell’anima.
PAOLO- no, simbolizza dove non c’è conflitto.
CARLA- no, io non simbolizzo dove non c’è conflitto
PAOLO- la cosa nuova con te è questa qui, che tu sei anche il conflitto
CARLA- perché la donna come Beatrice non implica il conflitto? Eppure è un simbolo dell’autenticità. Ma appunto, una cosa è viverla come simbolo, una cosa è viverla nella realtà l’autenticità di un altro: diventa conflitto.
L’uomo tende invece a vivere l’autenticità come simbolo unitario e quindi a richiamarsi a questo punto di verità come a un sereno, un approdo di benessere. Però io non posso accogliere la tua verità in modo pacifico perché devo tener conto della mia, sennò non è una verità.
Allora quando tu la metti a confronto con me si crea un conflitto. E questa è la situazione nuova.
Io non posso accettare di essere usata come creatura simbolica. Non lo sono, ma ho fatto mille sforzi di non esserlo. Mi sono assunta tutta la fatica di non esserlo.