Sul bene comune
Voi non siete un’umanità, ma una somma di uomini.
Pensate a voi, badate a voi,
v’accorgete che esistono «altri» solo qualche volta, per caso,
quando c’è da invidiarli o da disprezzarli.
Altrimenti chi se ne frega degli altri: tutto e solo «io».
I miei fatti, i miei affetti. I miei soldi.
Siete gente arida. Senza calore.
E se vi infiammate per una questione all’apparenza «di principio»
Non lo fate perché ci credete, no,
ma solo per difendere quello stramaledetto orto che è il vostro
interesse.
(…)
Il bene comune?Ma che ve ne parlo a fare?
Non è una lingua vostra, questa.
Per farmi capire dovrei parlare forse di guadagni, di interessi.
Dovrei parlare di tornaconto . dell’acqua del vostro mulino.
Allora saltereste tutti sull’attenti, direste «fammi sentire!».
Come si dice? Musica per le vostre orecchie.
Invece, guarda caso, mi intestardisco, non mi stanco:
parlo di bene comune,
parlo di cercare qualcosa che valga per tutti, nessuno escluso,
parlo di fare cose utili, di non dividere ma unire, anche se ci perderai
qualcosa.
Vi interessa? Ho capito sto abbaiando.
Ma sono fiero, non mi vergogno, d’essere un cane.
(Girolamo Savonarola)
Il Tiranno
Orsù state a udire, voi uomini,
per riconoscere i tiranni e guardarvi da loro.
E state a udire per voi, donne, per ricordarlo a’ vostri mariti.
E voi, fanciulli, per imparare che cos’è un tiranno e fuggirlo dalla
vostra città.
Sappiate dunque, prima,
ch ‘l tiranno è superbo per natura
e appetisce di essere il solo e il primo in tutto.
Il primo, il primo, il primo…
Ha da essere primo sempre e in ogni cosa.
Se corrono i cavalli al palio,
farà sempre qualche inganno per far che i suoi siano i primi.
Se egli ha scienza o lettere,
vuol sempre che la sua opinione stia al di sopra.
Se sa far versi,
vuol che vadano innanzi a tutti gli altri e che siano cantati.
Non ha amore se non a sé proprio.
E poiché il tiranno per sua natura appetisce d’ essere il primo,
ogni volta che vede uno che possa impedire lo stato suo,
cerca sempre di spegnerlo, perché non gli dia noia.
Così trovagli qualche cagione
– minima: ch’egli avrà sputato in chiesa –
per levarselo innanzi.
Ah, Firenze! Guardati dai tiranni .
Vuol essere corteggiato il tiranno.
Vuol che tu ti aprresenti ogni dì,
e se tu non lo fai, sei notato.
Tutti gli uomini di cervello li tiene bassi,
ed esalta gli schiocchi dicendo
«Costoro mi saranno fedeli
perché io li mantenga dove non son degni di stare».
Ed esalta i ribaldi, gli assassini:
«Costoro senza di me sarieno impiccati,
e io peggio di loro: perciò loro manterranno me ed io loro»
(Giacomo Savonarola)
Gli scritti del frate domenicano Girolamo Savonarola, passato alla storia per le feroci invettive contro la corruzione e il degrado morale in cui verteva la chiesa romana e la società della fine del Quattrocento – e per questo scomunicato da Alessandro VI (Papa Borgia) e condannato al rogo in pubblica piazza per eresia – sono al centro di uno spettacolo prodotto dalla Promo Music di Bologna e scritto da Stefano Massini: Io non taccio.
Andrà in scena a Bologna, Teatro delle Celebrazioni, il 5 aprile prossimo.
La parole del Savonarola prenderanno corpo e voce grazie all’interpretazione di don Andrea Gallo, il «prete anarchico», da sempre in prima linea in difesa degli ultimi e degli emarginati.
Gli scritti, seppur risalenti a cinque secoli fa, appaiono sorprendentemente attuali. Ci parlano, infatti, di senso comune, della guerra, della tirannia, dell’apparire, della Chiesa e della nostra Italia.
Le musiche originali, composte da Valentino Corvino, grazie ad un lavoro di ricerca sulle sonorità della musica sacra della fine del Quattrocento, attualizzate attraverso elaborazioni elettroniche, saranno eseguite in scena da C-Project.