Io nun ce l’ho co’ te, dicevo
Creato il 16 maggio 2012 da Malvino
Avevo messo in conto che Io nun ce l’ho co’ te mi avrebbe procurato qualche noia, ma mi aspettavo che venissero quasi esclusivamente dai radicali e invece il grosso arriva dai grillini. Neanche tra i commenti su questo blog, per giunta, ma tra quelli che sono stati lasciati a un post col quale Alessandro Gilioli mi ha degnato di una lusinghiera segnalazione. Commenti assai piccati, qualcuno anche villano, ma questo non ha molta importanza, perché ci sono abituato. D’altra parte, se ti permetti di toccare questioni come la verginità della Madonna o l’onestà di Moggi, devi mettere in conto che ti si levi contro almeno qualche mugugno dai Figli di Maria e dai Drughi Bianconeri. In questo caso, sarebbe stato naturale che a risentirsi fossero i radicali, perché la mia lenzuolata era quasi interamente dedicata a loro e il Movimento 5 Stelle era solo sfiorato da alcune analogie, peraltro proposte con riserva. Non avevo preso in dovuta considerazione il fatto che dei radicali importa poco a quasi tutti, mentre Grillo e i suoi sono sotto i riflettori, sovrastimati come ai radicali capitò negli anni ’70 e ’80. Nato dagli appunti che avevo messo da parte per una mezza idea di Storia della Cosa Radicale, che ho subito abbandonato perché mi avrebbe portato via degli anni, il post era la prima di quattro o cinque puntate con le quali intendevo fare il punto di tutto il materiale da me analizzato in questi ultimi tre mesi (undici volumi, oltre 250 ore di registrazioni dall’archivio di radioradicale.it, poco meno di un migliaio di pagine da internet), quasi tutto relativo all’operazione con la quale Marco Pannella fece del movimento di cui era comunque stato guida carismatica fin dai primi anni ’60 una proprietà privata, di fatto e di diritto.L’intenzione era quella di sviluppare l’analisi di Mauro Mellini e quella di Massimo Teodori, riempendo il vuoto che entrambi, per loro stessa onesta ammissione, non hanno saputo riempire: come fu possibile che tanta brava gente, armata di passione e intelligenza non comuni, permise a Marco Pannella di liquidare il Partito Radicale? Non ci è voluto molto per identificare il momento critico nel XXXIV Congresso del Partito Radicale (Bologna, 2-6.1.1988), da lì ho pensato che si dovesse partire per studiare i passaggi che portarono ben presto, in meno di cinque anni, a ciò che Massimo Bordin ha brillantemente sintetizzato in poche, semplici e terribili parole: “Il partito radicale è lui. Punto” (Il Foglio, 28.10. 2004). Più della teoria del carisma che Max Weber espone in Wirtschaft und Gesellschaft, ho pensato che la chiave giusta fosse la “psicologia dei gruppi” elaborata da Otto Kernberg, trovando sorprendenti concordanze tra le sue pagine e la storia della “cosa radicale” dal 1988 ad oggi.Per le puntate di Io nun ce l’ho co’ te successive alla prima contavo di alternare le sue osservazioni in Paranoiagenesi nelle organizzazioni, La regressione nella leadership delle organizzazioni e La regressione negli eventi politici a spezzoni audio tratti dall’archivio di radioradicale.it, come didascalie. Ritengo che sarebbe stata la risposta più adeguata alla immensa cazzata che Pierluigi Battista ha scritto sul Corriere della Sera di stamane. Dopo aver citato Forza Italia e Lega Nord a esempi di organizzazione politica retta da “leaderismo assoluto”, nella quale “la decisione è prerogativa arbitraria del Capo”, e avervi messo accanto “i partiti personali emanazioni di una singola figura che esercita dispoticamente una funzione direttiva unica e incontrastata” (“il partito di Di Pietro”, “il partito di Fini”), ha affermato che “solo il Partito Radicale ha arginato l’inclinazione debordante e solipsistica di un leader carismatico”. E come? Con “l’esperienza della democrazia diretta referendaria”.Da non credere. “L’esperienza della democrazia diretta referendaria” è stato senza dubbio lo strumento usato dai radicali per raccogliere consensi sulle loro battaglie politiche, ma Pierluigi Battista ha una vaga idea di come funziona la “cosa radicale”, dentro? Non si muove foglia che il guru non voglia. Tutti dietro la foglia, anche quando si muove a zig zag o fa volteggi inconcludenti. Più meritevole dello starle appresso per fede, senza sapere dove cazzo vada volteggiando, è il tentare di trovare una logica nel volteggio, per lodarne la genialità, meglio se esagerando.In quanto a Grillo e ai suoi – l’ho scritto chiaramente, ma pare che non si sia voluto leggerlo – è ancora troppo presto per dire. Ma più di un sintomo – ripeto – lascia intendere che siamo dinanzi alla stessa patologia.
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