Magazine Diario personale

Io, Partenope

Da Aquilanonvedente

io partenopeSublime.

Eccezionale.

Magnifico.

Io l’ho sempre detto che Sebastiano Vassalli è stato forse il maggiore scrittore italiano del novecento e anche di questo scorcio di disgraziato millennio.

Questo libro, se non è all’altezza de “La Chimera”, veramente poco ci manca.

E il fatto che non lo vediamo nelle classifiche dei libri più venduti non sta a significare proprio un bel nulla.

Questo romanzo è la storia di Giulia Di Marco, suor Partenope, personaggio realmente esistito (Partenope era una dea del mare venuta a morire sotto al Vesuvio e reincarnatesi nelle donne di Napoli).

Nata in un paesino sulle montagne del Molise tra il 1670 e il 1680, Giulia Di Marco appartiene a una famiglia poverissima, che all’età di circa dieci anni, dopo la morte del padre, viene venduta dalla madre a un commerciante di pentole che ne fa la sua aiutante e anche la sua “moglie”, secondo le usanze del tempo.

Dopo essersi trasferita a Napoli e avere avuto una relazione con un giovane subito sparito dalla circolazione alla notizia della sua gravidanza, Giulia abbandona l’idea di voler diventare una “donna normale” e incontra fra Domenico, un eremita che le insegna a pregare.

Apriti cielo!

Giulia, povera com’è, può soltanto diventare una terziaria, una suora di strada, una suora laica dell’ordine francescano, una “bizzoca”, dedita all’assistenza ai poveri, ai malati, insomma ai “rifiuti” della società.

Giulia si allontana dalla Chiesa ufficiale, dalla Chiesa dei papi, che “è lontana dalla vita degli uomini quanto è lontana da Dio”. Che ha messo “al posto della preghiera le sue cerimonie”. Che vive “nella magniloquenza dei suoi proclami e nella monumentalità dei suoi luoghi di culto”.

Giulia apre la sua prima Casa di Preghiera e la gente comincia a seguirla e la sua comunità diventa una Chiesa nella Chiesa.

Ma cosa c’è di rivoluzionario in questi comportamenti?

C’è che questo modo di pregare, di raggiungere l’estasi, è un modo di comunicare con Dio che non passa attraverso i sacerdoti. La gente va a pregare senza la mediazione dei preti. “Senza il teatro dei preti”. Per questo la Chiesa individua Giulia – che nel frattempo era venerata come una santa – e la sua comunità come un nemico. Anzi, a essere precisi, come uno dei due nemici, uno esterno e l’altro interno.

Il nemico esterno è Lutero; quello interno è la donna, che ha fatto cacciare l’uomo dal paradiso terrestre e continua a tentarlo.

La fama di Giulia cresce sempre di più ed esce dalla città di Napoli.

Io suor Giulia Di Marco: una donna! Stavo costruendo una religione concorrente alla religione dei papi, e mi illudevo di poter continuare in quell’opera senza che nessuno mi disturbasse” e “scandalo nello scandalo, il mio seguito era costituito prevalentemente da donne!

Dura minga! diremmo oggi, e infatti Giulia viene attenzionata sempre di più dalla Chiesa.

Nella Chiesa degli uomini le donne, se non stavano al loro posto nei conventi o se non affrontavano il martirio nelle missioni, davano solo fastidio. Per tenerle lontane dalle cose importanti: per tenerle ferme, bisognava decidersi a metterne una sugli altari, e che tutte le altre si contentassero di guardare lì. Nella religione dei papi, da sempre, le donne sono la causa di ogni male a partire da Eva”.

Bisogna impedire che nella Chiesa si formi “una via femminile al rapporto con Dio. La religione di Eva”; la comunione dell’estasi, cioè una comunione tutta femminile , dell’anima e del corpo, accanto a quella maschile, simbolica.

Giulia finisce nelle mani dell’Inquisizione, insieme ad alcuni suoi discepoli.

Interrogata e torturata, viene costretta all’abiura e sepolta viva in un convento, costretta a umili lavori e a subire umiliazioni di ogni tipo.

Viene tratta in salvo dal cardinale di Napoli, che le concede di vivere nel suo palazzo romano come governante.

Ed è proprio a Roma (la citta del “puttanesimo”, come la definisce) che Giulia incontra Gian Lorenzo Bernini, l’architetto del Papa. Lui conosce la sua storia, perché gliel’ha raccontata il padre, che aveva frequentato per qualche tempo la sua Casa di Preghiera a Napoli e si divertiva a ritrarre Giulia mentre pregava.

E Bernini vuole sapere in che cosa consiste il suo modo di pregare e lei gli spiega che l’estasi è soltanto un passaggio nel cammino che il corpo e la mente compiono all’interno di Dio. Perché Dio è anche qualcosa di fisico e per entrare in comunione con lui non bastano l’anima e il pensiero: bisogna metterci anche il corpo.

Se non si capisce questo si finisce per ragionare come ragionano i preti che considerano il corpo una cosa immonda e lo strumento del peccato, mentre è vero il contrario. Il corpo è la parte migliore di noi, che ci porta verso Dio e ci permette di conoscerlo”.

E qui, nella parte finale del libro, ci si ritrova all’inizio dello stesso, quando lo scrittore entra nella chiesa romana dei Carmelitani Scalzi, di fronte a un altare che ha fatto gridare allo scandalo: l’Estasi di Santa Teresa di Gian Lorenzo Bernini.

Cosa c’è di così scandaloso in quest’opera?

estasi santa teresa

In alto, a sinistra, lo scultore ha messo un ragazzo seminudo e bellissimo, con le ali e una freccia nella mano destra, che guarda sorridendo la sua vittima. Davanti a lui una giovane donna sta vivendo un’estasi, di natura fin troppo terrena e carnale. Un ampio drappo la ricopre, le palpebre e la bocca sono socchiuse, le braccia pendono sui fianchi, le gambe sotto al lenzuolo sono aperte.

Una donna che gode in chiesa!

Una baldracca, altroché una santa!

Quelle statue starebbero meglio in un bordello!

Questo dicevano i benpensanti del tempo e Giulia è curiosa di vedere quella statua e quando la vede si accorge che… “Teresa era… suor Giulia! Ero io a trent’anni”.

E in quella chiesa, di fronte a quella statua scandalosa, Giulia Di Marco incontra uno sconosciuto vestito in modo strano che, indicandole la statua, le chiede: “Siete voi?

Sono suor Giulia Di Marco. Chi mi conosce mi chiama suor Partenope”.

Lui le chiede di raccontare la sua vita, che vuole restituire alla verità, dopo le menzogne dei preti.

E’ una storia lunga” risponde lei.

Non è il tempo il nostro problema. – risponde lui – Noi, qui, siamo fuori dal tempo”.

E allora lei inizia a raccontare, in prima persona.

Pur non abbandonando il suo stile, la prosa di questo libro appare soffice e leggera. E ci regala un’altra indimenticabile figura femminile che rimane fissata nella nostra memoria. E ci fa riflettere, direi proprio una giusta lettura per questi tempi.

Grazie Sebastiano, per le bellissime storie che ci hai raccontato e scusami per questo mio indegno riassunto.

P.S.: questo libro è stato il regalo di Natale di mia figlia, che ha insistito affinché gliene indicassi uno. Mai scelta fu più azzeccata.



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