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Io so che vivo e che voglio vivere.
È molto difficile mettere in azione questo voglio.
Siamo circondati da un’umanità che vuole quello che vogliono gli altri.
Legge e morale, a gara, m’intimoriscono e persuadono.
Il “biondo rabbi” ha trionfato.
Si prega, s’implora, si bestemmia, ma non si osa.
La vigliaccheria crea la morale, e questa giustifica la viltà e genera la rinuncia.
Ma questo desiderio di vivere, questa volontà, vuole pure svolgersi.
Io invidio i selvaggi.
E potessi gridare loro a gran voce: «Salvatevi, arriva la civiltà!»
Abbiamo abbandonato la libera e felice vita delle selve per questa orrenda schiavitù morale e materiale.
E siamo maniaci, nevrastenici e suicidi.
Ma io vi lascio la vostra sapienza e i vostri 420, vi lascio Sottomarini e Caproni.
Ridatemi la bella libertà, la mia ignoranza, la mia vigoria.
Ieri il cielo era bello da guardare, lo mirava lo sguardo dell’inconscio.
Oggi la volta stellata è un velo plumbeo che ci sforziamo invano di passare, oggi non si ignora più, si dubita.
Tutti questi filosofi, questi scienziati, che fanno?
Che delitti meditano ancora verso l’umanità?
Io me ne frego del loro progresso, io voglio vivere e godere!
«Scimmia delle foreste bornesi, Darwin ti ha calunniato!»
Intanto tutto il mio essere mi urla: «Voglio vivere!»
Mi strappo dalla fronte le spine della rinuncia cristiana e bevo il profumo delle rose.
Sto bene ora.
Fischiano le sirene e la folla beata va allo scannatoio.
Come invidio il grande Bonnot!
«Il me faut vivre ma vie!»
È inutile, sono bacato.
Odio forsennatamente questa umanità.
Vorrei potermi mutare in lupo, per affondare denti e artigli, in un'orgia di distruzione, nel ventre putrido della società.
B. Filippi
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