Ciao a tutti, amici carissimi.
Siete già spaparanzati nelle vostre belle case ben addobbate per le feste? vi immagino già tutti pronti con le bottiglie di spumante in mano, se non nelle vostre mani, di sicuro in quelle del vicino, e già sento i botti, i frastuoni, il grande gioioso chiasso che non ci lascerà riposare fino a notte fonda…
2010 addio, largo al nuovo anno, al nuovo decennio, a tutte le incognite preziose che conterrà.
Sempre continuando il nostro chiacchierare cortese, sento di potere abbracciarvi con lo sguardo e di potere registrare i vostri pensieri più consueti e più probabili, quelli che ci tocca di rispolverare in queste occasioni antiche e sempre attese con curiosità ed interesse.
Per prima cosa auguri dunque al mondo.
Che possa chiudere in bellezza, che possa dimenticare per un attimo le cose che non vanno, che possa serenamente per una notte arrestarsi nella sua abituale frenesia per potere pensare solo e finalmente a se stesso. Cogliere l’attimo fuggente.
Lo so che mentre che il mondo opulento o normale si permette questo lusso, c’è una fetta di universo che troverebbe magico quello che noi riterremmo banale. Lo so. Non serve ricordarlo, non serve sottolinearlo, anzi, è talmente risaputa questa cosa che chi se ne prende veramente a cuore ha già fatto qualcosa per questo pezzo di paese eterno sfortunato e scandaloso.
L’ha fatto senza metterne fuori i manifesti, l’ha fatto con generosità ed autenticità; l’ha fatto e basta.
Al mondo cosidetto normale, invece, io mi rivolgo con calma per potere comprendere meglio le vostre e le nostre aspettative più segrete quanto più comprensibili.
Ciò che mi viene d’aggiungere a quanto già detto, è che non sempre, persino noi fortunati, vorremmo fare quello che arriviamo a fare, non sempre vorremmo dire quello che arriviamo a dire, e spesso vorremmo svegliarci anche noi, come quegl’altri, in un altro paese, magari con un’altra famiglia, magari con un’altro lavoro…
Questo succede quando forze avverse ci hanno persistentemente contrastato; non è un luogo comune, non è becerismo.
L’umanità normale non è portata al sacrificio.
Se ne guarda bene, lo osserva da lontano, se ne tiene in disparte.
L’umanità speciale con il sacrificio convive; convive a tal punto che ne diventa l’immagine, l’icona, l’incarnazione.
Poi succede che qualcosa cambia; non chiedetemi che cosa cambia di preciso.
Sostanzialmente cambiano le condizioni, cambiano gli equilibri, cambiano i rapporti, e tutto quello che era stato dato per immutabile diventa improvvisamente mobile, non solo mobile, persino paludoso, scivoloso, irrefrenabile, incontenibile…
Come presenze senza più una propria volontà ci lasciamo assorbire da questa forza invincibile che come un uragano tutto sembra spazzare via.
Il nostro senso di responsabilità ci dice che dobbiamo essere prudenti, che dobbiamo essere giusti, che dobbiamo essere equi nell’organizzare i nuovi scenari che sembrano profilarsi all’orizzonte.
E’ questo che io vi auguro e mi auguro per l’anno nuovo.
Che noi si sappia acquisire e coltivare l’arte dell’equilibrio della nuova chiarezza, clarità condivisa e dichiarata, che possa fugare il dubbio e le incomprensioni, affinchè non ne vengano in eredità nuovi vinti e nuovi vincitori, ma solo nuovi uomini più consapevoli, più giusti, più forti, e perchè no, più felici o più adeguatamente determinati alla felicità.
Comprendere i propri errori per non più ripeterli; comprendere il proprio presente per trovare l’energia di accettarlo; progettare il proprio futuro per avere il respiro del tempo e nel tempo.
Torno a ripetere il titolo di questo blog: cuore, tempo, mente.
Il cuore ci fa sentire la vita ma se fosse abbandonato a stesso senza la mente che lo controlla ed il tempo che lo contiene potrebbe diventare una fiamma devastatrice e distruttiva.
Il tempo è quello spazio che noi ci costruiamo o ci organizziamo più o meno liberamente ma che senza il cuore e che senza la mente non avrebbe alcun senso, alcuno scopo, alcuna origine ed alcuna destinazione.
La mente è la lucidità del nostro agire, è la comprensione del nostro fare e del nostro ricevere, ma che senza il cuore che la rende personale e nostra, e che senza il tempo che la rende contestualizzata e mobile, in continua trasformazione, sarebbe un sapere senza costrutto, senza utilità, senza armonia con il creato.
Che tutti noi si possa dire: “Io sono ciò che sono e vivo la mia vita che mi è stata data da vivere. Non posso fare altro. Non voglio fare altro. Non devo fare altro.”
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