di Giorgio Faletti
Voto: 7 e 1/2/10
Un attimo o mille anni dopo, l’esplosione è un tuono senza temporale, la terra che accoglie il cielo, un momento di liberazione.
(Pagina 13)
Poi le urla e la polvere e il rumore delle macchine che si scontrano, e le sirene mi avvertono che per molta gente dietro di me gli otto minuti sono finiti.
Questo è il mio potere.
Questo è il mio dovere.
Questo è il mio volere.
Io sono Dio.
A quasi dieci anni da quel famoso 11 settembre la città di New York si trova di nuovo a tremare. Stavolta però non si tratta di un attacco terroristico, ma della follia di un singolo uomo. Un uomo che si crede Dio.
Tutte le forze di polizia, e non solo, sono mobilitate per tentare di fermare gli attentati esplosivi, ma è alla detective Vivien Light che il caso fornisce un indizio in più, grazie al coinvolgimento di Russell Wade, un sedicente giornalista figlio di papà la cui principale occupazione era solitamente tentare di distruggere la propria vita.
A me Faletti piace. Tanto. Però stavolta ha davvero messo a dura prova il mio affetto. L’inizio di questo romanzo è permeato di frasi ridondanti, come fosse stato alla ricerca del modo più lungo e articolato per dire ogni cosa.
Per fortuna nonostante la pesantezza dello stile la trama comincia fin da subito a incuriosire, e dopo un po’ il libro mi ha catturata, tanto che la pesantezza è sparita, e sinceramente non saprei dire se perché ha iniziato lui a scrivere normalmente, o ho smesso io di farci caso.
La trama è sempre molto interessante, un bel thriller in cui il mistero nasce molti anni prima, e viene pian piano rivelato scavando nel passato, un passato pieno di rabbia, dolore, ingiustizia.
Lo scioglimento finale, seppure comunque emozionante, mi ha un po’ deluso: ho trovato un po’ ridicola l’idea dell’assassino ventriloquo e schizofrenico che parlava con se stesso senza rendersene conto, però capisco che era necessario per far sì che il colpevole fosse la persona più insospettabile.
Bella la parte finale con alcuni epiloghi narrati in prima persona da alcuni personaggi, anche secondari.
Lo stile, come ho detto, è una delle note negative di questo romanzo. Oltre al già citato frasario barocco dei primi capitoli, devo dire che Faletti ha inserito un po’ troppi flashback nella storia. In alcuni punti vanno bene, specie se riguardano un passato lontano, ma ne fa, a mio parere, un abuso, inserendoli anche per descrivere una scena avvenuta pochi minuti prima. Insomma, li ho trovati fastidiosi!
Altra cosa che all’inizio mi ha un po’ spiazzato sono state le lunghe scene che palesemente non avevano nulla a che vedere con la storia in sé, ma che evidentemente servivano ad introdurre qualcosa di inerente. Alla fine però devo dire che non mi è dispiaciuto questo espediente, perché contribuiva a creare un senso di aspettativa per la scoperta finale. E inoltre era utile per delineare in maniera chiara e particolareggiata anche i personaggi minori.
Infatti appunto sui personaggi non ho veramente nulla da ridire! Mi piace molto il modo che ha Faletti di caratterizzarli così bene anche se magari appaiono solo per poche pagine. Da questo punto di vista non mi ha deluso affatto!
La copertina è semplice, nera, con una fiammata che la attraversa, a separare autore e titolo. Non è bellissima, ma mi è comunque piaciuta, in particolare perché molto in tema col libro.
Infine, il titolo. Ovviamente non poteva che attrarmi dalla prima volta che l’ho sentito, intrigandomi moltissimo per la sua megalomania. A questo proposito mi ha fatto sorridere la precisazione che Faletti fa nei ringraziamenti alla fine del libro:
Chi ha letto questo romanzo ha capito che non c’è nulla di autobiografico nel titolo. A chi non ha letto e pensa che ci sia, lascio intatta questa presunzione che mi onora. (Pagina 523)
Insomma, un gradimento un po’ misto per questo libro! L’inizio non m’è piaciuto troppo, la fine invece sì, il mezzo un po’ sì e un po’ no! Il giudizio è comunque positivo, non meno di 4 stelline. Gli avrei dato anche un bell’8 e 1/2 se non fosse stato per un particolare, che poi è quello che mi ha lasciato più interdetta, più anche dello stile e dei flashback di cui ho parlato prima: questo romanzo è tanto, ma tanto simile a Io uccido, il primo romanzo di Faletti. Per carità, a me Io uccido è piaciuto tantissimo (è tuttora il mio preferito, e prima o poi lo rileggerò così da recensirlo pure, visto che l’ho letto prima di iniziare a tenere il blog – caspita quanto tempo è passato!!!), infatti già il titolo che un po’ lo richiamava mi aveva fatto pregustare proprio una bella lettura, ma a lungo andare le similitudini della storia sono diventate davvero troppe! Le riporto qui sotto coperte dallo spoiler, ma ATTENZIONE, sono ovviamente spoileranti anche per Io uccido, e sono tanto tanto spoileranti!!!!
- L’investigatore è un/una americano/a di origini italiane.
- Il titolo, che poi è la “presentazione” dell’assassino, è molto simile.
- Questa “presentazione” (Io uccido/Io sono Dio) viene fatta parlando con sé stesso.
- Le motivazioni dell’assassino coinvolgono fantasmi dal suo passato.
- L’assassino fa quello che fa per un parente (ormai morto) sfigurato.
Ok, non saranno moltissimi punti, ma mi paiono (a parte il primo) davvero fondamentali, no? Insomma, questa sorta di auto emulazione (per non dire auto plagio) mi ha un po’ smorzato l’entusiasmo.
Cioè non mi impedisce comunque di continuare ad amare Faletti come scrittore, e di desiderare più che mai di leggere anche la sua ultima fatica, Appunti di un venditore di donne, che mi attira considerevolmente!! :D
Dammi 5 parole
Troppo uguale a Io uccidoScheda del libro
Titolo: Io sono Dio
Autore: Giorgio Faletti
Paese: Italia
Anno prima pubblicazione: 2009
Casa Editrice: Baldini Castoldi Dalai
Pagine: 523
sito ufficiale dell’autore: LINK
aNobii: LINK
inizio lettura: 16 agosto 2011
fine lettura: 26 agosto 2011
Un po’ di frasi
Inizio a camminare.
Cammino lento perché non ho bisogno di correre. Cammino lento perché non voglio correre. Tutto è previsto, anche il tempo legato al mio passo. Ho calcolato che mi bastano otto minuti. Al polso ho un orologio da pochi dollari e un peso nella tasca della giacca. È una giacca in tela verde e sul davanti, sopra il taschino, sopra il cuore, una volta c’era una striscia cucita con un grado e un nome. Apparteneva a una persona il cui ricordo è sbiadito come se la sua custodia fosse stata affidata alla memoria autunnale di un vecchio. È rimasta solo una leggera traccia più chiara, un piccolo livido sul tessuto, sopravvissuto all’affronto di mille lavaggi quando qualcuno
chi?
perché?
ha strappato via quella striscia sottile e ha trasferito il nome prima su una tomba e poi nel nulla.
Adesso è una giacca e basta.
La mia giacca.
[incipit]
Accanto alla strada correvano i fili della luce e del telefono. Portavano energia e parole sopra la sua testa. C’erano case e persone come marionette nel loro teatrino che quei fili aiutavano a muoversi e illudersi di vivere.
(Pagina 33)
Ci sono due lupi in ognuno di noi. Uno è cattivo e vive di odio, gelosia, invidia, risentimento, falso orgoglio, bugie, egoismo.E l’altro?L’altro è il lupo buono. Vive di pace, amore, speranza, generosità, compassione, umiltà e fede.E quale lupo vince?Quello che nutri di più.
Il vecchio e il bambino in una favola Cherokee
(Pagine 98-99)
Le guerre finiscono. L’odio dura per sempre.
Russell Wade
(Pagina 265)
L’unico modo per non correre rischi, in certi casi, è rischiare.
Russell Wade
(Pagina 516)
Fuori, senza curarsi delle luci e degli uomini, un vento leggero risale il fiume.
Forse insegue qualcosa o forse da qualcosa è inseguito. Ma è piacevole stare qui per qualche istante a sentirlo passare e frusciare tra gli alberi. È una brezza fresca e sottile, di quelle che asciugano le lacrime degli uomini e impediscono agli angeli di piangere.
E io finalmente posso dormire.
[explicit]