Ma c’è un altro razzismo, quello più subdolo, quello che non si vede e non si sente, quello dal quale nessuno è immune. E’ il razzismo che ti fa guardare con sospetto lo straniero, specie se fisicamente diverso, quello che ti fa dire al ragazzo di colore che ti vuole vendere i calzini davanti al supermercato “ma vai a lavorare!”. E’ il razzismo che non ti fa inorridire davanti a manifestazioni più evidenti, quelle del razzismo “più grosso” di cui sopra e te le fa in qualche modo tollerare. E’ quello che ti fa dire che a Napoli il problema “'monnezza” non si risolve perché sono sporchi i Napoletani. E’ il razzismo di quelli che dicono che nel centro storico di Montegranaro hanno paura di andarci perché “è pieno di Marocchini”.
Io sono razzista. In passato lo ero molto di più. Vivo nel centro storico pieno di Marocchini e c’ho messo del tempo a capire che non c’è nulla da temere da loro, almeno nulla di più di quello che io debba temere da altri Italiani come me. Anzi. Ma sono ugualmente razzista. Perché lo vedo che sono diversi e confesso di non riuscire a liberarmi della diffidenza latente che comunque provo nei confronti di chi ha una cultura diversa dalla mia. Ma ci sto provando.
L’ideale sarebbe vivere in un mondo in cui l’uomo non debba temere l’altro uomo. Per ora mi accontenterei di non temere l’altro uomo solo perché è diverso da me.
Luca Craia