“In tutto c’è una morale, se si sa trovarla”. Lewis Carroll
«Cosa hai provato quando hai saputo di non poter avere figli?». Questa domanda mi è stata rivolta più volte nel corso dell’ultimo anno, dal momento che ho scritto un libro sul lato oscuro della maternità, il cui fil rouge è l’infertilità di ovaie, utero e, talvolta, di anima.
Domanda lecita: ho raccontato di essere affetta da endometriosi e che l’intero ricavato dei diritti d’autore del mio romanzo sarà devoluto all’A.P.E. onlus (Associazione progetto endometriosi).
Ma veniamo alla mia risposta.
«Non lo so cosa si prova, posso spiegare quanto è successo ad altre, poiché a me non è mai stata rivolta questa frase ».
In varie lingue, oltre all’italiano, ginecologi consultati mi hanno detto, infatti, che posso concepire naturalmente, poiché la mia endometriosi non interessa in modo cospicuo l’apparato riproduttivo.
Se questo responso dopo mesi di tentativi era un sollievo, dopo due anni suonava come una condanna.
Condannata a non essere compresa.
Condannata a non essere aiutata.
Condannata ad avere la stessa malattia della propria mamma.
Condannata a non diventare, però, mamma a propria volta. Inspiegabilmente.
È meglio fronteggiare un nemico non vigliacco, che si firma e si palesa, piuttosto che un bandito incappucciato che ti punta un’arma alle spalle, nella notte.
“Prima l’esecuzione, poi il verdetto”. Lewis Carroll
Sono trascorsi circa nove anni dal giorno in cui decisi di voler concepire un figlio.
Non l’ho mai stretto fra le braccia, questo figlio immaginato fin dalla mia infanzia.
Questa figlia, per l’esattezza.
Tuttavia, non ho trascorso questo lungo lasso di tempo inchiodata nell’anticamera di un’attesa e bendata dal buio di un’assenza.
Ho cambiato prospettiva, stile di vita. Perfino marito.
Ho imparato a non odiare la mia pancia.
Ho imparato a convivere con il dolore cronico, con il sorriso.
Ho perdonato le mie debolezze e mi sono assolta.
Assolta per non aver voluto sottopormi a forti terapie ormonali.
Assolta per assumere spesso anticoncezionali che rendono la mia qualità di vita decisamente migliore.
Assolta per non aver saputo proteggere con le mie viscere.
Assolta perchè, se pur per la medicina non è spiegabile, un figlio non lo ho e non ho fatto di tutto per averlo.
Assolta e, quindi, libera.
La malattia molto mi ha sottratto, ma mi ha reso ciò che sono: una Donna di nome Emma, una Donna con l’endometriosi. E molto di più.
“Le erano successe tante cose straordinarie che Alice cominciava sul serio a credere che per lei non ci fossero cose impossibili”. Lewis Carroll
Emma Fenu
Illustrazioni di Rebecca Dautremer