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Io ti leggo, Vincenzo Consolo

Da Bruno Corino @CorinoBruno

Io ti leggo, Vincenzo Consolo
Io ti leggo Vincenzo Consolo, e quanto più ti leggo tanto più scopro le mie radici di scrittore sradicato, e se tu sei fuggito dalla tua Etna io fuggo ogni giorno dal mio Dolcedorme, ma poi insieme torniamo come due esuli nelle isole che abbiamo abbondate, e ci immergiamo in quelle terre belle e desolate. Io ti leggo Vincenzo Consolo e ammiro la tua scrittura, sapiente e ricercata, precisa e nitida, e ammiro il tuo stile, quanto tu dici che la letteratura è tale perché non è soltanto scrittura, ma è stile. E io ammiro il tuo impegno civile, discreto e mai conclamato, sottile e vivace, e ammiro l’amore che hai verso le cose e gli oggetti che gli uomini, forse perché troppo affascinati dal ritmo del progresso, hanno finito col dimenticare, e abbandonare, a volte quasi vergognandosi e talvolta quasi con orgoglio. Ed io resto sempre affascinato come talvolta le strade s’incrociano al bivio del destino, magari in un buio scantinato senza luce, tra una favilla e una scintilla, tra un Comisso e un Conte, tra uno scorrere dell’indice che si ferma sul dorso giallo di un libro, un Nerò metallicò poco conosciuto, e un Nottetempo, casa per casa. E così mi lascio prendere per mano, e ascolto come un ragazzo ascolta le storie del nonno, il tuo raccontare, ed è bello sentire un vecchio cantare queste meravigliose parole: «La mia ideologia o se volete la mia utopia consiste nell’oppormi al potere, qualsiasi potere, nel combattere con l’arma della scrittura, che è come la fionda di David, o meglio, come la lancia di Don Chisciotte, le ingiustizie, le sopraffazioni, le violenze, i mali e gli orrori del nostro tempo» (Fuga dall’Etna). Comprendi perché, Vincenzo, mi sento tuo fratello?


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